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lente. Egli nel dir volgare in canzoni è pari a Dante; in sonetti il vantaggia. Morì ad Arquata castello del Padovano nel, 1374, dove in sua vecchiezza, ritraendosi per sua quiete a vita oziosa e separata da ogni impedimento, avea eletto sua dimora.

Fin qui Lionardo Aretino, il quale nel suo giudizio intorno al merito delle canzoni sembrami a Dante soverchiamente favorevole,; poichè non meno in quelle che nei sonetti il Petrarca gli è superiore d' assai ora per la delicatezza, ora per la sublimità dei concetti, ora per l'eloquenza, sempre per l'eleganza dello stile e la purità della lingua.

Resta ora a dirsi alcuna cosa di quel fervido amore, che ispirò al Petrarca tante e così eccellenti poesie italiane, del quale Lionardo Aretino uomo di severi costumi non ha forse voluto parlare, come di cosa troppo leggiera. Nella chiesa di Santa Chiara d' Avignone a' 6 d'aprile del 1327 il Petrarca vide Laura figlia di Audeberto di Noves, cavaliere e sindaco d'Avignone, nata nel sobborgo di quella città verso il 1308, e nel 1325 data in moglie ad Ugo di Sade. Queste notizie son tratte dalle rime del Petrarca e dagli archivj della nobil famiglia di Sade, e si leggono nelle memorie della vita del Petrarca

pubblicate dal sig. Abate di Sade in tre volumi in 4. Or da quella vista nacque subitamente nel poeta un amor veementissimo, del quale parlando egli disse:

Tennemi amor anni ventuno ardendo

Lieto nel foco, e nel duol pien di speme: Poi che Madonna e 'l mio cor seco insieme Saliro al ciel dieci altri anni piangendo. Da questi versi raccogliesi, che le rime del Petrarca in vita di Madonna Laura furono scritte dal 1527 fino al 1348, e le rime in morte dal 1348 al 1358, poichè il sonetto che comincia da questi versi è uno degli ultimi del nostro poeta.

Il sig. Conte Corniani nel Comentario sui primi quattro secoli della Letteratura italiana alla pag. 225 e seguenti ha scritta una breve storia degli amori del Petrarca per Laura, tratta dalle opere di lui e specialmente dalle rime, la quale potrà satisfar pienamente la curiosità dei lettori su quest' argo

mento.

L'eccellenza delle rime amorose del Petrarca dee senza dubbio in gran parte attribuirsi alla purità della lingua, alla dolcezza, all'eleganza, alla nobiltà dello stile ed all' elocuzione veramente poetica, con cui sono scritte, ma più ancora che a tutti questi gran

pregi, alla vera e non immaginaria passione, da cui gli furono ispirate: il che non so se con egual verità possa dirsi di quelle de' suoi innumerabili imitatori. Il numero dei sonetti e delle canzoni, ch' io potrei dare per saggio delle sue amorose poesie, è così grande

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che assai dubbia e difficil cosa è il farne la scelta. Io nondimeno presenterò ai leggitori quattro sonetti e due canzoni, che dagl' intelligenti si pongon nel numero delle più eccellenti composizioni della lirica italiana. Ma il Petrarca uomo di grande autorità presso i gran Signori e Principi dell' età sua volse talora l'ingegno e lo stile a meta più degna, e pel comun bene or d'Italia or di Roma scrisse alcune canzoni piene d'una nobile e maestosa eloquenza, due delle quali avran luogo in questi saggi.

SONETTI IN VITA DI M. LAURA.

I.

Solo e pensoso i più deserti campi
Vo misurando a passi tardi e lenti,
E gli occhi porto per fuggire intenti
Dove vestigio uman la rena stampi.
Altro schermo non trovo, che mi scampi.
Dal manifesto accorger delle genti;

Perchè negli atti d'allegrezza spenti

Di fuor si legge com' io dentro avvampi, Sì ch'io mi credo omai, che monti e piagge E fiumi e selve sappian di che tempre

Sia la mia vita, ch'è celata altrui.

"

Ma pur si aspre vie, nè sì selvagge

Cercar non so, ch' Amor non venga sempre Ragionando con meco, ed io con lui.

II.

In qual parte del cielo, in quale' idea
Era l'esempio, onde Natura tolse

Quel bel viso leggiadro, in ch' ella volse
Mostrar quaggiù quanto lassù potea?
Qual Ninfa in fonte, in selva mai qual Dea
Chiome d'oro sì fino all'aura sciolse?
Quand' un cor tante in sè virtuti accolse?
Benchè la somma è di mia morte rea.
Per divina bellezza indarno mira

Chi gli occhi di costei giammai non vide,
Come soavemente ella gli gira.

Non sa com' Amor sana e come ancide

Chi non sa come dolce ella sospira,
E come dolce parla e dolce ride.

SONETTI IN MORTE DI M. Laura,

1.

Levommi il mio pensiero in parte ov' era
Quella ch' io cerco e non ritrovo in terra;
Ivi fra lor, che 'l terzo cerchio serra,
La rividi più bella e meno altera.
Per man mi prese e disse: In questa spera
Sarai ancor meco, se'l desir non erra;
I' son colei, che ti diè tanta guerra,
E compie' mia giornata innanzi sera;
Mio ben non cape in intelletto umano';
Te solo aspetto, e quel, che tanto amasti,
E laggiuso è rimaso, il mio bel velo.
Deh perchè tacque ed allargò la mano?
Ch' al suon 'de' detti sì pietosi e casti
Poco mancò ch'io non rimasi in cielo.

II.

Gli Angeli eletti e l'anime beate
Cittadine del cielo il primo giorno,
Che Madonna passò, le furo intorno
Piene di maraviglia e di pietate.
Che luce è questa e qual nova beltate?
Dicean tra lor, perch'abito sì adorno
Dal mondo errante a quest' alto soggiorno
Non sali mai in tutta questa etate.

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