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II.

Che non essendo ricco pensa solamente a provvedersi di vino.

Questo tronco di noce

?

Stato al sol quando ei coce
Tre anni rovesciato,
Ond'è ben stagionato,
O Marangon, consegno
Al tuo sottile ingegno.
Alma ricca d'argento
Faria comandamento,
Ne fosser fabbricate
Arche bene inchiodate,
Da ripor suo tesoro.

Io, che oncia non ho d'oro,
Non ho cotal vaghezza:

Che ricchezza, e ricchezza?
Perano quante flotte

Ci furo mai condotte.
Dunque ogni affar tralascia,
Piglia la sega e l'ascia,
E rompi ogni dimora :
Strettojo mi lavora,
Strettojo onde si schiaccia.
Ben forte la vinaccia.

Sciocco l'uom della villa,

Che disprezza una stilla
Di quel degno licore,
Latte del nostro core.

CIAMPOLI.

GIOVANNI Ciampoli segretario dei brevi di Urbano VIII fu amico del Chiabrera, e coltivò anch' egli la poesia lirica nella lingua nostra, e fu o volle essere imitatore di Pindaro. Il Menzini per verità nel libro IV dell'Arte poetica lo mette di paro al Chiabrera dicendo: E tal costume osserverai sovente

Nel Ligure Poeta, e in quegli ancora
Cui Febo al crin promise ostro lucente.

Ma il sig. del Teglia in una nota a questi versi afferma, che il Partivalla, sentendo leggere qualche bel principio e sublime delle canzoni del Ciampoli, soleva dire: Aspetto ch'e' batta lo stramazzone, alludendo all'infievolirsi e cader giù dello stile del Ciampoli. '

Nè il Partivalla a me pare che nella sua aspettazion s'ingannasse; perchè lo stile del Ciampoli è in fatti sovente prosaico, sebben egli si sforzi di nobilitarlo ora con troppo ardite metafore, or con iperboli eccessive, quasi sempre con un verseggiar rimbombante, per lo quale par fatto il celebre verso d'Orazio ; Projicit ampullas et sesquipedalia verba.

Fu questo poeta di patria Fiorentino, nacque nel 1586, gran parte di sua vita passò in Roma e morì essendo al Governo di Jesi nel 1643.

V

TESTI

ISSE ai tempi del Ciampoli, ma a lui fu molto superiore di merito un altro celebre coltivatore della lirica italiana, voglio dire il Conte Fulvio Testi, nato in Ferrara nel 1593 e morto in Modena nel 1646. Suo padre Giulio, speziale di professione, seguì colla sua famiglia il Duca Cesare quando questi passò da Ferrara a Modena, e n'ebbe l'impiego di Massaro de' conti. Fulvio negli anni suoi giovanili si lasciò trasportare dalla corrente del cattivo gusto allor dominante, e scrisse e pubblicò molte rime piene di concetti puerili, d'arguzie, d'antitesi e di metafore troppo ardite più che di saggi pensieri e di sentimenti giudiziosi. Ma, pervenuto ad età più matura, e conosciuto il suo errore, abbandonò il cattivo sentiero e prese a seguir quello, che già fu corso gloriosamente da Orazio e da Pindaro. Le odi, ch'ei compose in questa nuova maniera son piene d'estro e di voli arditi; sono sparse di massime, filosofiche e di Venini, vol. II.

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nobili sentimenti; ma per disgrazia lo splendor loro è in parte oscurato dai vizj d' elocuzione, che qui sopra ho accennati, e dai quali non potè forse correggersi, perchè gli eran divenuti abituali. Il suo stile per verità di rado è prosaico; ma è anche, s' io non m'inganno, in alcuni luoghi più affettato che poetico, e l'armonia de' suoi versi troppo unifor

me e sonora.

Questi difetti parmi che facciansi più vivamente sentire in due odi, nel principio delle quali egli ha imitati, o a dir meglio parafrasati alcuni versi d'Orazio, sostituendo l'esagerazione e la turgidezza alla semplicità ed all'eleganza di quel nobile ma sempre giu-, dizioso poeta.

È opinion comune che il Testi per la sua famosa ode allegorica, che incomincia dal verso Ruscelletto orgoglioso, sia stato decapi tato. Ma il Tiraboschi nella sua eruditissima vita di questo poeta, stampata in Modena nel 1780, dimostra ad evidenza la falsità di sì fatta opinione.

Molti e grandi onori consegui il Testi da varj Sovrani de' tempi suoi. Da Carlo Emanuele Duca di Savoja fu ascritto all'ordine cavalleresco de' Santi Maurizio e Lazzaro, e dal Re di Spagna ebbe il titolo di Conte

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la croce di San Jacopo, colla commenda dell'Innojosa. Ma più che a tutt' altri ei fu caro al suo Principe Francesco I, il quale, avendolo conosciuto non meno abile al maneggio degli affari di stato che all'esercizio degli studj poetici, di lui si valse in molte importanti ambasciate a diversi Sovrani e lo confermò nella carica di Segretario di Stato, alla quale già l'aveva innalzato il Duca Alfonso terzo suo padre. Avvenne poi, che questo Principe, mal contento della corte di Spagna, si volse a quella di Francia ed intavolò con essa un trattato, pel quale il Cardinal Rinaldo d'Este suo fratello doveva esser dichiarato Protettor della Francia in corte di Roma. Il Testi senza farne alcun motto al suo Sovrano ottenne dal ministero Francese d'esser nomato segretario del Cardinal Protettore; e questa occulta pratica venuta a notizia del Duca si fattamente lo in aspri ed irritò, che l'infelice Segretario di Stato fu chiuso per ordine sovrano nella fortezza di Modena, ove mori nel mese d'agosto dell' anno 1646 dopo sette mesi di prigionia.

Per saggio delle odi del Testi ne darò una, la qual se non è delle più spiritose, è almeno delle più castigate per l' elocuzione :

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