Non perchè eterno inchiostro a te lavori Fama eterna, e per te sudi ogn' ingegno; Ma perchè Iddio s'onori, E al suo gran Nome adorator non manchi? Quando sapran, che d'ogni esempio fuori Con profondo consiglio, Per salvar l' altrui regno, il tuo lasciasti? Per la fè, per l'onore al gran periglio, De la gloria e del rischio a te consorte Che al ver fo ingiuria, e men del vero è quello, Ch'io ne scrivo, e favello. Chi crederà l'eroico dispregio. Di prudenza e di te, che assai più bello Chi crederà, che a te medesmo infesto, Titol di mano in mano Sia tu in battaglia a' maggior rischi accinto, Che nel vigor del senno e de la mano ; Ne l'eseguir compagno, e del possente Forte esercito tuo gran braccio e mente? Ma in quel ch'io scrivo d'altri allôr la fronte Tu cingi, e nuove sotto ferreo arnese Or dà fede al mio, dir. Non io l'Ascreo, Mia Clio la Croce e mio Parnasso è 'l Monte, Va, pugna e vinci. Su l'Odrisia terra E gli empi a un tempo e l'empietade abbatti. Vedrai, vedrai (pe' tuoi gran fatti il giuro ) Qual mai di starti a fronte avrà balia Dal proprio peso a ruinar costretta? Greca tel greco inconsolabil suolo, Te sospira il Giordano: a te sol chiede A te Betlemme, a te Sion si prostra, E piange e prega e'l servo piè ti mostra. Vanne dunque, Signor: se la gran Tomba Scritto è lassù, che in poter nostro torni; Che al suo Pastor ritorni La Greggia, e tutti al buon popol di Cristo Corran de l'uno e l'altro polo i giorni ; Del memorando acquisto A te l'onor si serba. Odi la tromba Che in suon d'orrore e di letizia misto Mira, come or dal cielo in ferrea veste Scenda, e l'empie falangi urti e reprima, Oh qual trionfo a te mostr'io dipinto ! Vanne, Signor, se in Dio confidi, hai vinto. A GUIDI. LESSANDRO Guidi nacque nel 1650 di onesti genitori in Pavia, ed ancor giovane andò a Parma, ove dal Duca Ranuccio II fu bene accolto e nella sua corte onorevolmente impiegato. Quivi, dice il Crescimbeni, aver lui avuto agio d'applicarsi agli studj principalmente della poesia italiana. Come il Testi o' fu sedotto dal pessimo gusto che a' suoi gior ni regnava universalmente in Italia, e come lui scrisse, poi pubblicò nel 1681 un volu metto di rime cattive, a dir vero, ma qua e là sparse di bei lumi poetici. Col consenso del Duca suo signore andò a Roma nel 1683, ove fu introdotto nella corte di Cristina Regina di Svezia, che già per fama lo conosce va, e che, invogliatasi d'averlo presso di sè, ue fece richiesta al Duca di Parma, il quale non senza rincrescimento v'acconsenti Non era di que' tempi affatto estinto in Roma il buon gusto, ma un picciol numero di saggi letterati, deplorandone la perdita, am-. mirava i buoni scrittori Greci e Latini, e fra gl' Italiani Dante, il Petrarca ed il Chiabrera. Con questi il Guidi fortunatamente strinse amicizia, ed essi, conosciuta la docilità e l'ingegno suo, lo indussero ad abbandonare il cattivo sentiero e volgersi all' imitazione di Pindaro e del Chiabrera, alla sublimità de'quali il vedevano ottimamente disposto dalla natura. Il Guidi fu docile, e spógliatosi de' pregiudizj passati si riformò totalmente così ne' pensieri, come nell' elocuzione. Cominciò dall'imitazione del Chiabrera, passò poi a quella di Pindaro, ma in un modo tutto suo, per cui potè forse dir con ragione parlando di sè medesimo: Non è caro agli Dei Pindaro solo. Il primo saggio, ch'ei diede della sua nuova maniera di scrivere, fu una bella canzone da lui composta per ordine della Reina di Svezia in morte del Baron d'Aste ucciso nell'assedio di Buda, nella quale assai felicemente imitò la maniera e lo stil Chiabreresco. Il metro di questa canzone è regolare, e regolare è pur quello di altre quattro, che il Guidi scrisse in lode della sua protettrice la Reina di Svezia." Ma poi (dice il Crescimbeni » nella Vita di questo poeta) abbandonò affatto il metro regolato, e diedesi totalmente "a comporre con armonia varia ed irregolare. Ma a dire il vero se egli per la gran » finezza d'armonia, che aveva nell'orecchio, " non avesse procurato di collocare i versi interi e i rotti siccome anche le rime con opportuno riguardo, e non avesse maneg"giata la punteggiatura con particolar giudi"zio, sì fatte sue canzoni sarebbero parute un accidentale accozzamento di versi. « Oltre alle canzoni abbiamo del Guidi un'accademia per musica, la Dafne cantata, l'Endimione dramma, ed una parafrasi o imitazione poetica delle Omelie del Sommo Pontefice allor regnante Clemente XI; della qual opera ei fece fare una magnifica edizione. Ma partito da Roma per andar a presentarne un esemplare all'anzidetto Clemente XI, che allora |