Anzi gli ho spesso volti A ferir gli uomin dall' acuto brando ; Ormus vedesse, ei dall'orror sarebbe E la sua destra forte Morte al gigante renderia per morte. EIVINDO. EIVINDO Scaldaspiller cugino di Haquino, figlio di Haraldo dalla bella chioma, Re di Norvegia compose per la morte di Haquino (seguita nell' anno 960 in una battaglia, nella quale otto suoi fratelli periron con lui) l'epicedio o carme funebre, di cui porrò qui appresso la versione italiana. Ma per facilitarne al lettore l'intelligenza premetterò alcune notizie tratte dall' Edda di Snorrone e dalla Voluspa o profezia dell' indovina Vola contenuta nell'antica Edda di Semondo. Odino, dice la mitologia trentunesima dell'Edda, manda ad ogni battaglia le Valkirie, le quali scelgon i guerrieri destinati alla morte e decidon della vittoria. Gulda e Rota e la menoma delle Parche nomata Skulda cavalcan sempre a scegliere quei ch' hanno a morire, ed in poter loro sono le uccisioni. Una più copiosa enumerazione delle Valkirie si legge nella Voluspa, la qual così dice: Vide le Valkirie veguenti di lontano e destinate a cavalcare al popol di Dio (cioè al popolo dal Dio Odino destinato alla morte) Skulda tenente lo scudo, e Skogùla seconda, Gunna, Uda, Gondùla, e Geirskogula (cioè Skogula che porta l'asta). Questa è l'enumerazione delle vergini d' Odino, delle Valkirie destinate a cavalcar sulla terra. L'originale del carme d'Eivindo si è fortunatamente conservato nella cronaca di Snorrone Sturleson. Il Bartolino lo ha posto anch'egli nelle Antichità Daniche alla pag. 520 e seguenti, aggiungendovi una version latina e letterale, che io ho volgarizzata a questo modo: Le Valchirie Gondula Odin mandò e Skogula A sceglier quel della progenie chiara D'Ingone, a cui ricetto Presso di sè onorato egli prepara Degli uccisi nel tetto. Di Biorno il fratello esse trovaro, Che il nobil petto allor vestia d'acciaro. Disse Gondula al manico appoggiata Dell'asta Ora maggiore - Fassi de Numi l'immortal brigata, Or che Haquino e il suo esercito infinito Sono da' lor nimici all'ultim' ore Condotti, e n'han l'invito D'entrare in questo giorno D'Odino nello splendido soggiorno. Ei le vide sedute; e parea ch' elle E l'ampio scudo lor copriva il petto. Vittoria a noi ne'bellici contrasti? Concessa abbiam la gloria, E posti in fuga gl'inimici tuoi. Ella poi disse or via : Pei verdi mondi degli Dei spingiamo Ad avvertire Odin, che a lui s'avvia Di vederlo bramoso Un regnator potente e bellicoso. Tu Hermode, disse Odino, E tu Brage ascoltate. Ad incontrare Haquino Io voglio ch'ambo andiate Qua viene per entrar nella mia corte. Il Re tutto di sangue ancor stillante, D'Odino ora mi par fiero e tremendo ; A lui dal timor suo vinto parea. Insiem co' Numi la cervogia lieto. Qui dentro stanno quelli Che la morte ti ha tolti otto fratelli. L'armi mie tutte, allora Disse il buon Re, vo', che serbate sieno. Presso me l'elmo ognora E la lorica mia voglio non meno. L'asta tremenda giova Aver pronta mai sempre ad ogni prova. Quanto fu Haquin religïoso ognora, Fu ognor da lui compito, Ben chiarò apparve allora ; Poichè de' Numi videsi adunato Ad incontrarlo andar tutto il senato. Quanto felice e quanto È splendido quel giorno In cui di virtù nasce un Re si adorno Ed onorato dagli Dei cotanto! De'posteri vivrà nella memoria. Sciolto del mondo negli estremi giorni, Farà uno strazio de' mortali orren do Vedovo desolato Un Re per sua bontà tanto pregiato. Togliendoci i parenti. Devastano la terra immensi mali. HARALDO IL VALOROSO. Io trascriverò qui una parte di ciò che di questo celebre Re guerriero, corsale e poeta dice il sig. Graberg di Hemso nel suo Saggio' sugli Scaldi alle pagine 92 e 93 " Haraldo o Eroldo il valoroso, Principe, poi Re di Norvegia, fratello di Sant' Olavo, che morì » nella hattaglia di Stiklastad nell'anno 1028, |