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Ed il nitido scoglio ognor radendo
Lentamente discendo

Dopo aver il torace avvinto e stretto
Colla pelle caprina e ben fasciati
I lombi delicati..

corpo mio discese

Come in molle terren sul duró scoglio.
La pietra non l'offese

E la Morte stupor n'ebbe e cordoglio.
E da quant'altri e quanti

Perigli somiglianti

Uscito non son io felicemente

Della morte a dispetto invan fremente? Il secondo saggio, ch' io darò, ha per autore Saad Ibn Nasyd Mazin. Egli avea per nemici i Bilaliti, ed avendogli essi distrutta la casa paterna, il poeta se ne dichiarò vendicatore; e questo è il soggetto dei versi seguenti:

Io certo col mio brando

Compiendo la vendetta di me degna
Da me ogni macchia tergerò pugnando,
E quel che può ne avvegna.

Se decisa è mia morte

Dal Fato, ad incontrarla andrò da forte.

Obblierò il soggiorno

De' padri miei. Ma della sua rovina

L'animo mio destina

Di far vendetta memoranda un giorno.
All' armi egli mi chiama,

E a dar novo splendore alla mia fama.
Delle ricchezze avite

Dai nemici rapite

lo picciol conto non farò allor quando Con vendetta tremenda

Le lor case a vicenda andrò spogliando. Perfidi, se atterrate

La mia casa, pensate

و

Ch'è eredità d'un coraggioso core

Delle umane vicende sprezzatore ;
D'un cor che già da un pezzo
È alle tempeste avvezzo

و

Che non bramò nè chiese

Compagno alcun giammai nell'ardue imprese. Niuno affar periglioso

E a compiersi scabroso

De' suoi pensier l'usato acume offende
O timido lo rende.

Ma apprestatevi in me voi, Rasamidi;

Un, che con petto forte

Fra le nimiche legïon vi guidi

Ad incontrar non timidi la morte, Uno che l'occhio allora

A ciò, che far convien, tien volto e ferme, Nè vil timor l'accora

Di morte, o a trattar l'armi il rende infermo.

Sprezzando ogni periglio

Ei corre ardito ove l'onor l'appella:
Non chiede altrui consiglio;

Ha la sua spada e s'acquïeta in quella.

PROVENZALI.

La lirica poesia degli Arabi passò probabilmente nelle Spagne coi Mori, che nel secolo ottavo le conquistarono; " e può essere, dice il Quadrio, che alcuno di essi nella Proancor penetrato, o in altra guisa la notizia pervenutavi del verseggiar che quelli usavano, movesse o destasse gli spiriti Provenzali ad essere imitatori o emulatori di

: venza

sì begli studj. « L'uso di verseggiare in lingua Provenzale non tardò guari a diffondersi per tutte le provincie meridionali della Francia, e grande fu il numero de' poeti che in quelle fiorirono come in Provenza, e che Trovatori furon chiamati; il che vuol dire inventori di nuovi e bei sentimenti specialmente amorosi. Il più antico trovatore i cui versi sono a noi pervenuti è Guglielmo IX conte di Poitou e duca d'Aquitania; nè mancaron altri sovrani che ne seguiron l'esempio e cantaron provenzalmente, quali furon Ricardore d'Inghilterra, Alfonso II

re d'Aragona e Federico I imperatore. Grandissimo è il numero delle poesie provenzali che sono a noi pervenute, e che l'eruditissimo e laboriosissimo sig. di Sainte-Palaye, non risparmiando nè viaggi nè fatiche nè spese, ha raccolte in quindici volumi in folio. Quattro mille componimenti all'incirca colle vite originali di molti trovatori son contenuti nell'immensa raccolta di questo scrittore infaticabile. Non potendosi dare alle stampe un'opera tanto voluminosa, si volse il pensiero pubblicarne un estratto; ed il sig di SaintePalaye ed alcuni amici suoi pregarono il sig. Abate Millot di dar mano a quest'opera; il che egli eseguì colla solita sua facilità ed eleganza, pubblicando nel 1774 in tre volumi in dodicesimo la Storia letteraria dei Trovatori.

Anche il Crescimbeni nel secondo volume della Storia della volgar poesia ha pubblicata una sua traduzione delle vite dei poeti Provenzali, scritte dal Nostradama, con una raccolta delle poesie originali di parecchi di loro accompagnata dalla versione italiana dell'Abate Salvini. Da tanti poeti io ne trarrò un picciol numero e darò alcuni saggi delle lor poesie alla nostra lingua da me trasportate.

Nè dal Crescimbeni nè dall'Abate Millot è stato pubblicato alcun componimento di Gu

glielmo IX conte di Poitou, ma affermano ambedue essere i suoi versi pieni di facilità, di grazia e d'armonia.

Poco

BERNARDO DI VENTADOUR.

oco dopo di lui fiorì nel Limosino un poeta, i cui natali furon tanto oscuri quanto illustre fu la condizione di Guglielmo. Io parlo di Bernardo detto di Ventadour castello del Limosino in cui nacque, e di cui era signore il Visconte Eble II marito di Agnese di Montluçon. Il vivace ingegno di Bernardo, figlio del fornajo di Eble, fu ben tosto osservato e con premura coltivato da quel signore, che molto delle cose poetiche si dilettava. Il giovinetto si volse alle Muse provenzali, e fece nell'arte loro progressi maravigliosi. Cantò da principio per riconoscenza le lodi di Agnese sua signora, ma, come avvenne spesso ai trovatori, la riconoscenza si cangiò presto in amore. Ecco com' egli stesso dichiara il motivo che lo induce a cantare:

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Le poesie canore.

Ma il cor chi scalda, e scuote?

Il solo amor ciò puote.

Figlia d'amor la gioja

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