Da me scaccia ogni noja. Mi fanno a tanta fama ? Ben canta chi ben ama. Questi versi mi sembran pieni dello spirito, e della grazia d'Anacreonte. Bernardo, che come gli altri trovatori non aveva cognizione de' poeti Greci, non ha potuto imitarle; ma la somiglianza del canto nasce da quella del sentimento, che ispirò egualmente il poeta Greco ed il Provenzale. Nella storia dell' Abate Millot si legge un altro leggiadro componimento di Bernardo, che io ho tradotto a questo modo: D' Agnese il vago aspetto Ei mi risveglia, e anch'io Penso dell' amor mio ; ARNALDO DI MARVEIL. ARNALDO detto di Marveil da un castello del Limosino di questo nome , dov'ei nacque di poveri ed ignobili parenti, abbracciò negli anni suoi giovanili la profession di notajo, ma presto cangiolla in quella di poeta che molto era onorata e largamente premiata dai Signori de'tempi suoi. Tali erano Ruggiero. II Visconte di Beziers ed Adelaide sua sposa, che tenevano in Beziers una splendida corte:' Arnaldo vi andò, fu ben accolto, celebrò co❜ suoi versi i pregi e la bellezza d'Adelaide, ed all' usanza de' trovatori fieramente se ue innamorò. Quest' amore divenne il soggetto de' suoi versi, de' quali io darò qui due saggi. Il Petrarca nel capo IV del trionfo d' Amore, parlando dei poeti provenzali chiama questo il men famoso Arnaldo per distinguerlo da Arnaldo Daniello, cui egli aveva in grandissima stima. Ma ben diversa è l'opinione del sig di Sainte-Palaye, il qual non teme di affermare, che il primo meritava maggior fama del se condo ed avrebbe dovuto essere pel Petrarca il gran maestro d'Amore. Grande a dir vero è l'autorità del critico francese, ma quella del gran poeta italiano, che poco dopo i trovatori visse per molti anni in Provenza, cui famigliarissimi erano i versi loro in molti luoghi delle sue rime imitati, non è certamente minore; ed io nè ardisco nè posso farmi giudice di tanta lite. Ma vegniamo ai due componimenti del nostro Arnaldo, il qual fiori nel duodecimo secolo e mori prima del decimoterzo; poichè come osserva il sig. di Sainte-Palaye egli non parla mai ne' suoi versi della morte della contessa Adelaide seguita verso l'anno 1201. I seguenti versi furon da lui composti nel tempo della sua dimora in Beziers. Creduto i' non arei Quando qui giunsi, che la gran dolcezza Di mirar da vicin tanta bellezza Si caro pagherei. Ma veggo bene adesso E lo provo in me stesso Che dirsi a ragion sucle: Si scotta spesso chi scaldar si vuole. Amo e non posso dire Dell'ardente amor mio qual è l'oggetto E la beltà che adoro, anzi a fuggire lo son, lasso! costretto Per timor che dal mio sguardo imprudente L'arcano del mio cor non sia svelato. Ned ella certamente Perdonerebbe a me sì g ran peccato. Ma sue bellezze rare, Come in un terso specchio i' Nel mio cor contemplare. posso almene Tutto di lei mi parla. D'un sereno Ora questo ora quel degli ammirati Senza il vel de' lor versi menzogneri Io non potrei cantarla. Il dir la sua beltà fora nomarla, I versi del poeta amoroso furono per qualche tempo ben accolti da Adelaide ed anche il suo amore non disprezzato. Ma finalmente venuto a Beziers Alfonso IV Re di Castiglia ed innamoratosi della Contessa, il povero poeta ne fu crudelmente scacciato; ed egli in quel penosissimo esiglio cantò ancora i suoi disgraziati amori con questi versi : Lungi è dal ver chi crede Ch' abbia la mente e il core L'uom commossi allor sol che guarda e vede. Io di mia donna il volto Non veggo, ma a tutt'ore L'amoroso pensiero ho a lei rivolto ; L'immagin trista del perduto bene. Una barbara forza A star da lei lontano Con mio crudel tormento ohimè! mi sforza: Ma di sciogliere il nodo, Che a lei mi stringe, invano Altri spera trovar nè via nè modo. È diviso il cor mio: Una parte è di lei, l'altra d'Iddio. O terren fortunato, Dov'è la donna bella, Quando di rivederti a me fia dato? O almen perchè non viene |