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Chi mi parla di quella,

Che da sè lungi, ahi misero! mi tiene!
Un n pastor, che da lei

Venisse, fora un prence agli occhi miei.

In un nero deserto

Perchè non posso un giorno

Esser dannato a errar con piede incerto, E in quello ad ora ad ora

Volgendo il guardo intorno

و

Trovare alfin colei che m'innamora ?
A me quel caro viso

Cangerebbe il deserto in paradiso.

PIETRO ROGIERS.

SIMILI a quelle d'Arnaldo di Marvel furon le vicende amorose di Pietro Rogiers, uno dei due Pietri nominati dal Petrarca nell' enumerazione dei poeti provenzali. Sua patria fu l'Avernia, dov'egli nacque da nobili parenti. Destinato da questi allo stato ecclesiastico fu canonico di Clermont; ma ben presto fattosi di canonico Trovatore andò a Narbona antica e nobil città, di cui era Signora Ermengarda, donna, dice l' Abate Millot, che ai talenti d'un politico univa il valore d'un cavaliere, ed alla bellezza l'amabilità, la grazia e lo spiri

to. Ella accolse assai bene il Trovatore, ne gradi gli onaggi poetici ed anche i teneri sentimenti d'amore, dal quale s'accorse, ch' erano ispirati. Gli occhi sempre vigili de' cor tigiani non tardarono a scoprire il segreto amoroso, e si cominciò quindi a parlarne così liberamente, che Ermengarda si trovò obbli gata ad allontanar da Narbona il poeta. Egli si rifugiò ad Oranges, e vi fu ben accolto da Rambaldo, Signore di quella città ed anch'egli Trovatore, Lungi colà da Ermengarda, come già Arnaldo da Adelaide, cantò i suoi disgraziati amori con una canzone pubblicata dal Millot in prosa francese, dalla quale io l'ho tradotta col seguente

SONETTO.

Che per cure d' Amor, pianto, tormento
Uomo non more io provo ora in me stesso;
E poi ch'io vivo, Andrea di Francia anch'esso
Dagli amorosi affanni non fu spento.
Non martire giammai, dal pentimento
Non vinto peccator quel fiero eccesso
Di duol sentì, ch'io dalla grave oppresso
Soma de' mali miei, misero! or sento.
Presso la bella donna, che in sè i pregi
Più rari accoglie, come i fiumi il mare,
Deh! traess' io vil servo i giorni miei!

Allor lo stato mio con quel de' Regi
Più chiari al mondo non vorrei cangiare,
Ma sempre un degli schiavi esser di lei.

Fu

FOLCHETTO DA MARSIGLIA.

u già un ricco mercatante Genovese chia mato Alfonso, il quale da Genova passato a Marsiglia vi fissò sua dimora e molto accrebbe col commercio le sue ricchezze. Di lui nacque in quella città Folchetto, che fu per ciò de nominato Folehetto da Marsiglia. Morto il padre, egli avrebbe potuto o accrescerne ancora le ricchezze col commercio o goderne lietamente la pingue eredità nel dolce ozio d'una vita privata. Ma nè per l'uno nè per l'altro modo egli sårebbe giunto a quella fama, alla quale il suo fervido ingegno lo faceva ardentemente aspirare. Per ottenerla egli deliberò d'entrar nelle corti de' gran Signori, e vedendo che in quelle eran molto onorati i poeti, volse l'animo agli studj loro, ed abbracciò la professione di Trovatore. E non fu egli nella sua aspettazione ingannato; poichè, come dice il Nostradama, fu assai grato a Ricardo Re d'Inghilterra, a Raimondo Conte di Tolosa e a Beralo di Marsiglia suo signore e padrone, della cui moglie Adelasia egli da

buon trovatore s'innamorò; se pur reali furon queste passioni di tanti poeti provenzali per le mogli de' Signori; di che parmi che si possa con ragion dubitare.

و

Checchè ne sia, Folchetto con molte rime sempre però con nomi finti, cantò i suoi amori per Adelasia, ed io darò qui sotto due saggi de' suoi canti da me trasportati dalla prosa francese dell' Abate Millot alla poesia italiana.

Ma la morte, che qua si nello stesso tempo seguì di Beralo e Adelasia, dei Re d'Inghilterra e Castiglia e del conte di Tolosa, lo afflisser così fieramente, che disgustato degli studj e di tutte le cose terrene, abbandonò il mondo e si fe' monaco Cisterciense. Dopo breve tempo fu pe' suoi meriti eletto Abate del Monastero di Toronetto, ed in appresso Vescovo di Tolosa. Con uno zelo forse

poco

prudente molto perseguitò gli Albigesi ed, unitosi ai Legati Pontilicj, anche Raimondo VI conte di Tolosa e suo Signore. Finalmente nell'anno 1231 egli cessò di vivere tenuto da alcuni per uomo santo e pieno di zelo, da altri per un fanatico intollerante.

Ma venghiamo ai due saggi delle poesie di Folchetto, che ho promesso d' offrire ai lettori.

SAGGIO I.

Men vezzoso d'Eurilla ah! fosse il vise,
Men soave il parlar! Forse n' udrei
Gli accenti io senz' amarla, o ne vedrei
Il sembiante gentile e il dolce riso .
L'amor audace che m'ha il cor conquiso
E i desir vani di mie fiamme rei

Io celo, perchè troppo e ognor da lei
Tiemmi l'umil mia sorte ohimè! diviso.
Maella alfine a me volgerà il guardo
Potrà negli occhi miei veder com❜io
Tacitamente la vagheggio e n'ardo.
Sperar mi giova ed implorar pietate;
Che non può questa aver disgiunta Iddio
Da tant' altre virtù ch' ha in lei locate.

SAGGIO II.

Certo s'ebbe il torto Amore
Quando venne nel mio core
E vi pose la sua sede
Senz' aver seco Mercede,
Che poteva temperare
O finir sue pene amare.
È un tormento Amor ben grave
Se Mercè seco non have.

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