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Ogni cura volgendo ogni pensiero
Vinca la gente barbara e disarmi.
Ascolti ora i miei carmi

Chiunque sia quei che a salir s' appresta

Di Riccardo sul trono.

Pensi che di lui sono

E de' fratelli suoi chiare le gesta,

E successor poi degno

Lor sia nelle virtù come nel regno.

VE

ARNALDO DANIELLO.

ENGO ora a quel poeta, che così per giudizio di Dante e del Petrarca, come pel consenso universale deve considerarsi come il Principe de' Trovatori; il che vuol dire ad Arnaldo Daniello. L'autor delle vite de' poeti Provenzali contenute ne' manoscritti del sig. di Sainte-Palaye dice, ch'ei nacque di nobili ma poveri genitori in Ribeirac, castello della provincia di Perigord, che fu poco inclinato allo studio e presto si diede unicamente a quello di verseggiare. Il Nostradama afferma per lo contrario " che il padre lo fece atten"dere agli studj nelle migliori università del

paese, nelle quali si professava l'esercizio » delle buone lettere, di maniera che in bre

ve tempo arrivò alla cognizione della poesia,

e si mise a rimare in lingua Provenzale. Tutto il danaro che guadagnava colla poe"sia l'impiegava per la continuazione de' suoi "studj, e componeva assai bene e dottamente tanto in latino quanto nella sua lingua ma

terna.

Ma il sig. di Sainte-Palaye, il quale, come già abbiam veduto nell'articolo d'Arnaldo di Marveil, non fu grande ammiratore di Arnaldo Daniello, venendo a parlarne più distintamente nel luogo a lui destinato, si dichiara apertamente contrario al Petrarca, che lo pone alla testa de' poeti Provenzali, ed a Dante il quale nel canto XXVI del Purgatorio gli attribuisce il primato sopra tutti i Trovatori e fa dire a Guido Guinizzelli in lole di lui i seguenti versi, ne' quali lo fa maggiore di Giraldo di Borneil Limosino ch'era appellato il maestro de' Trovatori:

Questi, ch'io ti scerno

Col dito (ed additò uno spirto innanzi) Fu miglior fabbro di parlar materno. Versi d'Amore e prose di romanzi.

و

Soverchiò tutti; e lascia dir gli stolti, Che quel di Limosì credon ch'avanzi, "Esaminando, dice il critico Francese, i "componimenti d'Arnaldo Daniello, non $1 2 vede quali sian le cose maravigliose, che

potevan trovarci Dante ed il Petrarca, ed » è almeno evidente che molti Trovatori e » per la fecondità dell'immaginazione e per "le grazie dello stile meritavano per ogni " titolo la preferenza. Arnaldo di Marvel in "particolare, dichiarato dal Petrarca inferiore " a lui, gli è a nostro giudizio e ad ogni riguardo ben superiore. Lo stile d'Arnaldo » Daniello è stentato, pieno d'uno sforzo laborioso ed oscuro. Abbiamo di lui diciassette componimenti diretti probabilmente alla "moglie di Guglielmo di Bouville.«Ascoltiamolo: La primavera torna

Ed a cantar m'invita:
Di color varj è adorna
Ogni spiaggia fiorita.
M' invitano i bei fiori

Pur anco e voglion ch'io
Di tutti i lor colori

Orni ora il canto mio.

Corrò que' fior; ma avranno
Per frutto essi l'amore,
Come per semente hanno
La gioja del mio core.
Lor fragranza è sì grande,
Che supera di molto

Quella, che il maggio spande
In un campo ben colto.

Una donna sì bella

Io amo e sì gentile,

Che in corte alcuna a quella
Non vidi altra simile.
A me non piaccion tanto
I balcon de' tornei
Pieni di dame, quanto
Mi piace il veder lei.
Lei contemplar dappresso
È il mio diletto solo,
Sebben talor anch'esso
M'è poi cagion di duolo.
Ma dolci a me si fanno
Le amorose mie pene,

Quando per premio esse hanno
Si prezioso bene.

Deh l'amor mio vedesse

Ella almen con piacere!

Per questo io fo dir messe
Ed arder olio e cerę.

L'amor di lei più vale
Che le terre bagnate
Dall'Ebro orientale,

Dal Tigri e dall' Eufrate.
Vederla è un ben più rado
Che Alessandro in onore
Vincer, o aver il grado
Di Papa o Imperatore.

Per Elena nel seno

Non ebbe fiamma tanta

Paride, ed amò meno
Meleagro Atalanta.

Ma l'amor mio celato

Dentro il mio cor dee starsi;
E a colei che destato

L'ha in me sempre occultarsi.
Come svelarlo? Invano

Io parlar ne vorrei.

Mille cose lontano

Ho ognor da dire a lei;
Ma quando poi la veggio,
Ed a parlar son presto,
Non so più quel che deggio
Dir prima, e muto io resto.
D'un cieco amore insano

lei

Ardendo ognor per
Io dunque tutti invano
Consumo i giorni miei.
Qual lepre io corro spesso
E raggiugnerla tento ;
Ma a lei più non m'appresso
Che se fossi un bue lento.

Se di tutti i componimenti d' Arnaldo Daniello contenuti nei manoscritti del sig. di Sainte-Palaye questo è il migliore, non può dirsi che questo critico abbia avuto torto di

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