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Spero il meglio che potrai.
Presto vola. Oh! disgraziato!
Non se' ancora a me tornato?

L'autore della Storia de' Trovatori, dice, che questi versi son del genere anacreontico; ma egli avrebbe forse dovuto aggiungere, che infiniil verboso Trovatore di Chiaramonte tamente inferiore all'incomparabil poeta di Teo, cantor giocondissimo delle grazie, degli amori e del vino.

GIRALDO DI BORNEIL,
O BORNELLO.

DANTE, come ho già detto,

naldo Daniello, chiamò stolti preferivano il Limosino, cioè

parlando ď Ar

coloro, che gli Giraldo di Bor

neil nato presso a Limoges. Checchè ne sia, egli è certo che Giraldo fu generalmente riputato uno de'primi poeti de' tempi suoi, e chiamato anche il maestro de' Trovatori. Il Varchi disse già nell' Ercolano, ch' egli aveva in un libro provenzalmente scritto molte vite di poeti Provenzali, e che la prima era quella di Giraldo chiamato di Bornello. Soggiunge poi d'averla tradotta in volgar Fiorentino ed esser quella del tenor seguente:

Giraldo di Bornello fu di Lemosì della

contrada e paese di Caposduello (il Cre-: » scimbeni osserva che il testo provenzale dice: Siduoill) d'un ricco castello del Conte di "Lemosì, e fu uomo di basso affare, ma "letterato e di gran senno naturale e fu il "miglior poeta che nessuno altro di quelli " che erano stati innanzi a lui e che venis"sero di poi; onde fu chiamato il maestro "de' Trovatori, cioè de' poeti, e così è anco"ra oggi tenuto da tutti quelli che intendono " bene le cose e i componimenti d'amore. Fu "forte onorato dagli uomini grandi e valenti e "dalle gentildonne che intendevano gli am"maestramenti delle sue canzoni. La guisa » é maniera sua di vivere era così fatta: Egli "stava tutto il verno per le scuole e atten» deva ad apparare lettere, e la state poi se n'andava per le corti de' gran maestri e menava con seco duoi cantori, i quali can"tavano le canzoni ch' egli aveva compostė.

Non volle pigliar mogliera mai, e tutto quel " che guadaguava, dava a' suoi parenti pove" ri e alla chiesa di quella villa ov' egli era " nato; la qual villa e chiesa si chiamava e " ancor si chiama san Gervagio.

11 Nostradama lo fa nascere anch'egli da poveri genitori, ma lo chiama gentiluomio Limosino, e dice che non fu mai innamorato Venini, vol. II. 6.

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nè scrisse mai versi d'amore. Ma il sig. di Sainte-Palaye assicura che i suoi manoscritti contengono ben cinquanta canzoni amorose nelle quali il poeta esprime la sua passione con tutta la tenerezza d'un vero amante e ne dà una per saggio che io qui soggiungo tradotta in versi italiani. Questo famoso Trovatore morì secondo il Nostradama nel 1278. Ecco la sua canzone amorosa: Grande è la gioja mia

.

Quando ad Amore io penso, che mi tiene
Mai sempre in sua balia

Avvinto dalle dolci sue catene.

: In un verzier fiorito

Guari non ha ch' io venni. Ivi gli augelli
D'un canoro garrito

Empiendo l'aere svolazzavan snelli
Di ramo in ramo colle lievi penne;
E Fiordiligi io vidi che là venne.
All'apparir di lei

Per lo vivo splendor di sua bellezza
Fur pieni gli occhi miei.

D' improvvisa ineffabile dolcezza;
E un così forte ardore

Ohimè! destossi in quel fatale istante
Nel misero mio core,

Che mai non fu l'eguale in altro amante:
Or tanto io col pensiero erro e vaneggio,
Ch'altro che lei non cerco, altro non veggio,

per

lei piango e canto,

E ardenti corron sempre i miei desiri

Al bel verzier che tanto

Mi piacque e fu cagion de' miei martiri.
Fior delle donne è quella,

Ch'ivi signora del mio cor s'è fatta,
Gentil, modesta e bella,

Nata di generosa antica schiatta,

Negli atti si gentil, piena di tanta

Grazia, che i cor rapisce e l'alme incanta.

Quanto sarei beato

S'io celebrarla osassi co' miei carmi!
E come d'ogni lato

Correrebbero tutti ad ascoltarmi !

Ma temo i maldicenti,

Gente crudele e ingiusta. I'ho ben molti Nimici d'ira ardenti

Contro me sempre ed a' miei danni volti. Non vo' che possa mai da alcun mio detto Dell'occulto amor mio nascer sospetto. Deh! potess' io trovare

Alcuno almeno de'congiunti suoi !

Tanto il vorrei baciare

Che i labbri ne sarian logori poi.

Ma diranno i beffardi

Favellando di me: Vedete quanto
Deliranti ha gli sguardi,

Com'è sprezzante, altero e pien di vanta.

Ma in un mercato fra mill' altre belle
Lei sola guarderei sprezzando quelle.
Volti al paese ognora

Ho gli occhi ov'è colei che m'innamora,
E col mio core di lei sempre parlo :

Ahi! chi d'amor può struggersi e celarlo? Tutti i precedenti saggi delle poesie Pro✦enzali sono per verità più o men graziosi ed eleganti: onde potrebbe nascere il dubbio, che l'autore della Storia Letteraria de' Trovatori, dalla quale son tratti, gli abbia abbelliti non poco. Nè io son lontano dal crederlo, parendomi anzi assai verisimile, ch'egli nella sua versione abbia avuto maggior riguardo ai pensieri, che al modo con cui sono espressi negli originali, e, dove questo gli sia sembrato troppo semplice o rozzo, siasi studiato d'ingentilirlo e nobilitarlo. Io poi, sostituendo alla prosa francese i versi italiani, ho dovuto farle con uno stile alquanto più poetica,

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