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Onde ne nasce fuoco,

Lo qual s'estingue un poco
Per lagrime o per doglie.
Aggiungo per ultimo saggio le due prime
stanze d'un'altra canzone:

Al cor gentil ripara sempre Amore,
Siccome augello in selva a la verdurà.
Non fe Amore anzi che gentil core,
Nè gentil core anzi che Amor, Natura.
Chè adesso com'fu 'l Sole

Si tosto lo splendore fu lucente,
Nè fu davanti al Sole;

E prende Amore in gentilezza loco
Così propriamente

Come splendore in clarità di foco.
Foco d'amore in gentil cor s'apprende,
Come vertute in pietra prezïosa ;

.

Chè da la stella valor non discende
Anzi che 'l Sol la faccia gentil cosa..
Poichè n'ha tratto fuore

Per la sua forza il Sol ciò, che gli è vile,

La stella i dà valore.'

Così lo cor, che fatto è da Natura

Alsetto, pur', gentile,

Donna a guisa di stella lo innamora.

GUITTONE D'AREZZO.

Non guari dopo il Gainizzelli coltivò la lirica

Italiana Guittone del Viva, comunemente appellato Fra Guittone d'Arezzo; d'Arezzo perchè fu di patria Aretino, Frate perchè fu dell' ordine militare de' cavalieri Gaudenti, istituito al principio del tredicesimo secolo per combattere contro gli Albigesi di Linguadocca. Oltre le rime, delle quali un intero libro si legge nella Raccolta del Giunta, ci resta di lui un volume di lettere pubblicate in Roma, da Monsignor Bottari nel 1745, per le quali egli debbe essere considerato come il più antico scrittore di prosa epistolare, che abbia la lingua nostra.

Fu Guitton d'Arezzo uom pio e religioso, e negli ultimi anni della sua vita amatore d'una solitudine divota. E per darsi a questa interamente egli fondò in Fiorenza il monastero degli Angioli dell'ordine Camaldolese nel qual disegnava di ritirarsi e terminar santamente i suoi giorni. Ma prima che l' opera fosse eseguita egli cessò di vivere nell'anno 1294.

È opinion comune, che da lui, come afferma il Crescimbeni, sia stato ridotto a perfe-

zione il sonetto, fermata in quello la qualità, il numero de' versi, la collocazione e la variazione delle rime, che ora pratichiamo. Ma oltre a qualche sonetto de' più antichi poeti Perugini pubblicato dal Vincioli, tutti i sonetti del Guinizzelli son tessuti nella guisa medesima, e son certamente anteriori a quelli di Fra Guittone. Molto pregiate furono le sue rime fino ai tempi di Dante Alighieri. Ma ben diversamente ne giudicò questo sommo poeta, il quale nel Purgatorio verso la fine del canto XXV1 fa dire al Guinizzelli, che come parecchi erano tenuti in grande stima per una favorevole, ma erronea prevenzione, Così fer molti antichi di Guittone,

Di grido in grido per lui dando pregio, Finchè l' ha vinto 'l ver con più persone. Ecco due sonetti di Guitton d' Arezzo, il secondo de' quali per verità molto bello, benchè già pubblicato tra le rime di lui nella Raccolta del Giunta nell'anno 1527, si trova impresso anche in quelle del Trissino pubbli cate per la prima volta in Vicenza nel 1529.

SONETTO I.

Donna del Cielo, glorïosa Madre

Del buon Gesù, la cui sacrata morte
Per liberarci da le infernal porte
Tolse l'error del primo nostro padre;
Risguarda Amor con saette aspre e quadre
A qual strazio n'adduce ed a qual sorte.
Madre pietosa, a noi cara consorte,
Ritranne dal seguir sue turbe e squadre.
Infondi in me di quel divino amore
Che tira l'alma nostra al primo loco,
Sì ch'io disciolga l'amoroso nodo.
Cotal rimedio ha quest' aspro furore,

Tal acqua suole estinguer questo foco,
Come d'asse si trae chiodo con chiodo.

SONETTO 11.

Quanto più mi distrugge il mio pensiero,
Che la durezza altrui produsse al mondo,
Tanto ognor, lasso! in lui più mi profondo
E col fuggir de la speranza spero.
lo parlo meco e riconosco invero,
Che mancherò sotto sì grave pondo;
Ma 'l mio fermo desir tant'è giocondo,
Ch'io bramo e seguo la cagion ch'io pero.

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Ben forse alcun verrà dopo qualch' anno, Il qual, leggendo i miei sospiri in rima, Si dolerà de la mia dura sorte.

E chi sa, che colei, ch'or non mi stima, Visto con il mio mal giunto il suo danno, Non deggia lagrimar de la mia morte?

Sebbene per l'autorità dell' editore della Raccolta del Giunta io abbia seguito la comune opinione ed attribuito a Guitton d'Arezzo questo sonetto, non vorrei però giurare ch'e' sia veramente opera di lui: anzi la purità e l'eleganza dello stile ed il fraseggiamento petrarchesco, con cui è scritto, me lo farebbe creder piuttosto del Trissino, nelle rime del quale, come ho già detto, fu inserito e stampato; il che, sendo lui allora ancor vivente, non è da credere che siasi fatto senza il suo consentimento.

GUIDO CAVALCANTI.

CONTEMPORANEO di Fra Guittone, al qual sopravvisse di pochi anni, fu Guido Cavalcanti famoso poeta e filosofo, ma più della filosofia amante che della poesia, e molto celebrato da Dante e dal Boccaccio. Finissima è la maniera con cui Dante ne fa l'elogio nel Canto X dell' Inferno. Quivi egli dice, che Cavalcante

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