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Cavalcanti padre di Guido stava in uno di quei sepolcri, ov'eran posti i seguaci d' Epicuro,

Che l'anima col corpo morta fanno.

Accostatosi Dante al sepolcro, l'ombra di Cavalcante s'alzò e gli disse piangendo : Se per questo cieco

Carcere vai per altezza d'ingegno Mio figlio ov'è? e perchè non è teco ? Il Boccaccio nella novella IX della VI giormata del Decamerone narra: che Messer Betto Brunelleschi e' compagni s'eran molto ingegnati di trar Guido di Messer Cavalcante de' Cavalcanti nella lor brigata, e » non senza ragione. Perciocchè oltr'a quel » lo, ch' ei fu de' migliori loici che avesse il "mondo ed ottimo filosofo naturale (delle

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quali cose poco la brigata curava) si fu " egli leggiadrissimo e costumato e parlante " uomo molto ec. Ma a Messer Betto, non " era mai venuto fatto d' averlo e credeva egli co' suoi campagni, che ciò avvenisse, "perciocchè Guido alcuna volta speculando "molto astratto dagli uomini diveniva: e perciocchè egli alquanto teneva della opinione degli Epicurei, si diceva tra la gente vol"gare, che quelle sue speculazioni erano solo " in cercare se trovare si potesse che Iddio non fosse,

Checchè sia di quest'accusa d'ateismo, del quale per verità niuna traccia rimane nei versi di Guido, cioè nella sola delle sue opere a noi pervenuta, certa cosa è aver lui molto coltivati gli studj filosofici e quelli preferiti ai poetici, cosicchè Dante parlando di Virgilio al padre di lui ebbe a dire:

Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno. Forte agitata ed in due contrarie fazioni divisa era di quei dì la città di Firenze; al qual male per apportare alcun rimedio il Comun di quell'infelice città mandò in esiglio i principali capi dei due partiti, e fra questi Guido Cavalcanti, come afferma Giovan Villani, fu confinato a Sarzana, luogo d'aria insalubre, dal qual richiamato verso la fine del l'anno medesimo, che fu il 1300, egli tornò in patria gravemeute infermo e morì.

Ricordano Malespini dice nella sua Storía Fiorentina che nell'anno 1266 Messer Cavalcante Cavalcanti diede per moglie a suo figlio Guido una degli Uberti, cioè, come ag giugne il Villani, una figlia del celebre Farinata degli Uberti. Passando per Tolosa in un viaggio a S. Giacomo di Gallizia Guido s'innamorò d' una giovane, il cui nome fu Mandetta, e la cantò poi nelle sue rime, come` in quelle si può vedere che ci rimangon di lui,

Celebre fra queste è una canzone sull'amore, da molti ammirata come piena di filosofia. Ma convien confessare esser quella filosofia tanto Oscura che non pochi comentatori molto han dovuto affaticarsi per rischiararla alcun poco.

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Ecco alcuni saggi delle sue rime dati dal Muratori nel libro I Capo III della Perfetta Poesia :

Chi è questa, che vien, che ogn' uom la mira, Che fa tremar di caritate l'a're?

Che mena seco Amor sì che parlare Null'uom ne puote, ma ciascun sospira ? Ahi Dio! che sembra quando gli occhi gira? Dicalo Amor, ch' io nol saprei contare : Cotanto d'umiltà donna mi pare,

Che ciascun'altra in ver di lei chiam'ira. Non si potria contar la sua piacenza, Chè a lei s'inchina ogni gentil vertute, E la biltate per sua Dea la mostra. Non è sì alta già la mente nostra,

E non s'è posta in noi tanta salute,
Che propriamente n'abbiam conoscenza.
Ecco il principio d'una sua ballata :
In un boschetto trovai pastorella

Più che una stella bella al mio parere ;
Capegli avea biondetti e ricciatelli,
E gli occhi pien d'amor, ciera rosata.
Venini, vol. IL

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Con sua verghetta pasturava agnelli,
E scalza e di rugiada era bagnata.
Cantava, come fosse innamorata ;

Era adornata di tutto piacere.

Così, (segue a dire il Muratori) ne comincia egli un' altra :

Perch'io non spero di tornar giammai,

Ballatetta, in Toscana

Va tu leggiera e piana
Dritto alla Donna mia,
Che per sua cortesia

Ti farà molto onore.

Tu porterai novelle de' sospiri

Piene di doglia e di molta paura,

Se tu mi vuoi servire,

Mena l'anima teco

(Di ciò molto ti prego)

Quando uscirà del core.

Deh! Ballatetta, alla tua amistate

Quest' anima che trema raccomando.
Menala teco nella sua pietate

ecc.

A quella bella Donna a cui ti mando.
Deh! Ballatetta, dille sospirando
Quando le sei presente:

Questa nostra servente

Vien per istar con vui,

Partita da colui,

Che fu servo d'Amore.

Tu, voce sbigottita e deboletta,
Ch' esci piangendo dello cor dolente
Con l'anima, e con questa Ballatetta
Vai ragionando della strutta mente;
Voi troverete una Donna piacente
Di si dolce intelletto,

Che vi sarà diletto
Davanti starle ognora.
Anima, e tu l'adora
Sempre nel suo valore.

DANTE ALIGHIERI.

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OLTRE il gran poema di Dante, cui egli ha dato il nome di Commedia, poema veramente sublime, che ne ha reso il nome immortale molte altre opere ci restan di lui, nelle quali pure la vastità della dottrina e l'acutezza dell'ingegno suo appariscono ben chiaramente. Son queste un trattato latino De Monarchia ; un altro similmente latino De Vulgari Eloquentia; due opere in prosa italiana intitolate l'una La Vita Nuova, l'altra il Convito, e molte rime, pel merito delle quali egli occupa il primo luogo anche fra i poeti lirici, che han preceduto il Petrarca, toltone forse Messer Cino da Pistoja.

11 Boccaccio, Filippo Villani, Lionardo Bruni

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