Stende il lago colà l'acque dormenti Dove s'alza la stella matuttina. III. Sopra la vetta del selvoso monte Il crepuscolo i raggi ultimi aduna, Fa i lembi biancheggiar dell' orizzonte Salendo in ciel la vaporosa luna. IV. Dalla gotica torre, ecco, slanciato Devoto suon, sembra che l'aere inonde; Sacri accordi del giorno or tramontato Al movente fragor quel suon confonde! ས་ O dolci quadri! muta a voi dinante Riman quest' alma d'ogni incanto priva; Guardo la terra come un' ombra errante; Dei vivi il sol gli estinti, ahi! non ravviva. VI. Di collina in collina il guardo aggiro, Dove il sol nasce e dove in mar si getta, Tutto quant' è lo immenso spazio miro... Ma.... la felicità dove m'aspetta ?... VII. Città, palazzi, rustiche dimore, Vani oggetti, allettar me non potete; Fiumi, rupi, selvaggio, amico orrore, Egli vi manca... ohimè! deserti siete! VIII. Nasca o tramonti il viator del cielo È per me sempre indifferente oggetto; Splenda in aere sereno o in tetro velo [to! Che importa il sol!.. nulla dai giorni aspet IX. Se lo seguissi in sua carriera, io penso Che sol bujo, deserti incontrerei, Non ha quant' ei rischiara i desir miei, E nulla chieggo a l'universo immenso! X. Ma forse di sua sfera oltre il confine, Se alla terra il mio fral lasciar potessi, E dove splende il vero sol giungessi, Quel che sognai m'apparirebbe alfine! XI. È là quel fonte, se il desio non erra, Dove inebriarmi io da gran tempo aspiro; Vi sci tu, primo d'ogni cor sospiro, Bene ideal che non hai nome in terra. XII. Potessi a te sul carro dell' Aurora Slanciarmi, o vago di mie brame oggetto: Sulla terra d'esilio io resto ancora! Se nulla meco ha di comun,.. che aspetto? XIII. Quando cadon le foglie alla vallea Il vespertino venticel le toglie: Io lor somiglio; il vento, ecco sorgea, Seco mi porti com' aride foglie. IL GOLFO DI BAIA. Vedi come il flutto placido Sulla lieve navicella Qual freschezza, oh Dio! respirasi, Sopra il mar quai canti s'alzano! Mal fidandosi alle stelle Mentre lieta la vivace Si fa l'alma, il tuo genio là spira; Qui a gara ornavano genio e diletto Ecco l'asilo ove cantò Torquato, Vittima del suo genio e della sorte, Quando errante, mendico, disperato, Pictà lo accolse entro le amiche porte. Dalla gloria più tardi ei va chiamato Sulle rive del Tebro e incentra morte; Anzi che dell' alloro ornar si veggia Spira, e l'alloro il suo sepolcro ombreggia! Colle di Baia! a voluttà diletta Come alle Muse, florida vallea! A vicenda ebbe in te dimora eletta Quanto la terra di più grande avea! Or taci, e lamentoso a me risponde L'eco delle rovine e il suon dell' onde! INVOCAZIONE ALL'ARMONIA, CORO MESSO IN MUSICA DAL SIGNOR MAESTRO FABIO LAMPANA. CORO. Armonia! su queste sponde Non sdegnar modesto altare, Fra le genti a te più care, Sulla terra del tuo amor! Scendi a noi! del nostro cielo Se la tinta a te par bella, Se ti piace la favella Che ci sta su i labbri e in cor! A SOLO. Versa un dolce irresistibile Nella tazza dei contenti, Versa in quella dei tormenti Un' arcana voluttà. A SOLO. Ogni affetto ti domanda Una voce che lo sveli, Dall' abbisso infino ai cicli Il creato a te la då. CORO. Scendi a noi! del nostro cielo Che ci sta su i labbri e in cor! A SOLO. Sei lo scoppio della folgore, Sei del turbine il muggito, Se di guerra a fero invito T'ode un popolo echeggiar! A SOLO. Sei di zeffiro il susurro, Del ruscello il mormorio, Se d'un tenero desio, Vuoi l'arcano disvelar! CORO. Scendi a noi! del nostro cielo Se la tinta a te par bella, Se ti piace la favella Che ci sta su i labbri e in cor! Tra le genti a te più care, Sulla terra del tuo amor! A SOLO. Sei l'immagine ridente D'una limpida giornata, Se a una coppia innamorata Verso l'ara indrizzi il piė. A SOLO. Fra le preci della sera Sei la voce indefinita Che ci vien da un' altra vita, E il desio nè porta in sè. CORO. Scendi a noi! del nostro cielo Che ci sta su i labbri e in cor! A NOME DELL'EDITORE D'UNA STRENNA ITALIANA AD UN ILLUSTRE POETA FRANCESE (1). (1) Lamartine. Perchè sacra alla donna del dolor! E avrà l'alloro e il roseo serto ancor,- VERSI IN MORTE DI GIOVINETTO PITTORE. Povero giovine! morir così! Morir del vivere nei più bei di! Tra i molli zeffiri di Primavera Il giorno chiudere innanzi sera! Sentirsi struggere, languir, perire, Guardar tra i spasimi nell'avvenire, E in quel deserto non incontrar Sola un'immagine che a riposar Conforti l'animo stanco, avvilito! Poi d'una funebre voce l'invito Fioco, indistinto, vicino udir, Ai piè vedendosi la fossa aprir... Povero giovine, soffrir così! Cosi, del vivere ne' più bei dì! Quando il tuo spirito nell' ansie notti Tornava ai fervidi studj interrotti, Ai sogni rosei d'acquistar fama, D'averla, e compiere l'aerea brama Che fino ai posteri chiede un pensier... Povero giovine! chi può saper, Se allor pentendoti di tue fatiche Tu maledisti le cure amiche Ma fin sul margine della tua fossa A ogni altro calice sdegnando beve, |