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fatti vedeva; come dimostrerassi più a lungo nel decorso della presente sua vita, che noi qui a scrivere imprendiamo.

Nacque Luca Giordano da onesti progenitori nell'anno di nostra salute MDCXXXII. Il Padre chiamossi Antonio, che decentemente delle proprie sostanze in Napoli si viveva, delle quali porzione ne possedeva in Venezia, onde trasse la sua discendenza. La madre fu Isabella Imparati, che ebbe la sua origine da onesti parenti in Pozzuoli: donna, che alla bontà de'costumi accoppiò senno e prudenza virile. Ebbero costoro tre figliuoli: il primo chiamossi Lorenzo, uomo di singolar talento e di grande aspettazione, se l'importuna morte, nel più bel fiore degli anni, tolto non l'avesse al padre ed ai suoi; perchè costui, lasciato il foro si rese Ecclesiatico, e fu molto caro a Monsignor Altieri, allora Nunzio in Napoli, che poi lo destinò per suo Uditore; ma asceso il medesimo al Pontificato, Lorenzo terminò colla vita il corso delle sue fortune. Per grata rimembranza di costui volle il nostro Luca al primo suo figlio imporre il nome di Lorenzo, che oggi degnamente col titolo di Reggente siede Decano nel Regio Tribunale della Camera. L'altro figlio di Antonio Giordano fu Niccola, il quale per qualche tempo fu impiegato nei più decorosi Regj Governi di quesso Regno; ove con tal destrezza e prudenza esercitò la sua carica, che il Vicerè Cardinal d'Aragona si mosse a far consulta alla Corte (siccome vedesi registrato nell' Archivio del Regal Palazzo) che consideratisi i di lui meriti, e de' suoi antenati in varj servigj militari per la Corona, si dovesse promuovere ad impieghi maggiori. Il terzo fu Luca, che appena nato destò nel cuore del padre il desiderio di applicarlo, quanto più presto potesse, alle lettere, per avanzarsi nelle dignità ed onori, ma tal desiderio andò a vuoto; poichè abitando sopra

la casa di Antonio il rinomato Pittore Giuseppe di Ribera, che comunemente chiamasi lo Spagnoletto, ebbe occasione il fanciullo di vedere più volte colui, che dipingea, onde s'invaghì sì forte di tale esercizio, che l'ore, in cui i fanciulli si sogliono in leggieri scherzi esercitare, egli le spendeva in guardare attentamente l'artefice di Ribera. Questa occasione fu, che svegliò nell'animo di Luca quelle scintille, onde la Natura fornito l'avea, per formare un maraviglioso pittore. Sicchè accadde in lui ciò, che raccontasi di molti egregj poeti, e più del nostro Torquato Tasso, che il padre, con i maggiori stimoli, che adoprare avesse saputo, non potè distoglierlo dall'applicazione, ove il natural talento il chiamava. Questo ardente desiderio di Luca di darsi alla Pittura, ed il contrario non meno ardente del padre fu tale, che divulgatasene la voce, giunse all'orecchio del Vicerè, allora il Conte di Castiglia, che spinto dalla curiosità volle vedere questo fanciullo, e conosciuto il suo spirito gli disse, se fidato si fusse di dipingere la testa di un suo schiavo nero, che ivi era presente. S'offerse Luca al lavoro con animo intrepido e coraggioso: e finito il ritratto il mostrò al Vicerè, che rimase colmo di maraviglia e stupore, vedendo tali frutti da pianta così tenera, perlochè impose ad Anto. nio, che libero e sciolto lasciasse il fanciullo, ove il naturale ardente desio il chiamava. Finalmente, benchè di malavoglia, questi racchetossi, e permise al figlio esercitarsi alla Pittura.

Fu stimata sempre cosa strana e maravigliosa, se taluno da per sè stesso appreso avesse qualche scienza o facoltà, onde da Greci dicesi auто didaσxxλos. Questo appunto si vide in Luca, che, benchè per qualche tempo apparati avesse i primi elementi dell'arte dallo Spagnoletto, pure da sè stesso s'ingegnò penetrare nelle più delicate maniere di dipingere ; del che il Ribera

l'additò per così dire da lontano piuttosto qual fusse la Pittura, che fu veramente suo maestro, ed in fatti in età assai tenera dipinse due Angioletti nella Chiesa di Santa Maria la Nuova, che al presente con istupore si veggono nella Cappella di S. Onofrio, sotto l'organo dal canto dell' Evangelio.

Sotto la direzione di un così eccellente maestro incontrando con animo allegro una tal sorte, attese Luca per lo spazio di nove anni a fortificarsi ne'precetti dell'arte, senza perder mai tempo, di notte e di giorno disegnan do, dipingendo e copiando le cose del suo maestro. E di fatti a'nostri giorni si veggono alcune sue tele tenute in pregio per la memoria delle sue prime fatiche; come si può da chicchesia osservare da ciò che di lui serbasi nella Congregazione de' Studenti eretta nel Collegio de' PP. Gesuiti, e tra l'altre sue prime opere, due tele di tre palmi in circa nella Cappella del mentovato Collegio, che fu prima stanza del P. Mastrillo, delle quali una è posta per alto, l'altra per traverso; ravvisandovisi dipinti con sommo spirito un uomo ed una donna, che essendo morti, mercè le preghiere di S. Francesco Xaverio, a vita furon tornati.

Ma quel nobile spirito, che non poteva rattenersi entro i termini di una semplice imitazione, cercava sempre il modo per bene intendere l'arte, e sentivasi stimolato dal desiderio di più alti profondi, e bene intesi studj. E tanto maggiormente in questo pensiero erasi fermato, quanto aveva inteso celebrare gli ammirabili pregi delle famose pitture di Roma : onde alla fine chiese licenza dal padre per andarvi, ma non volendo questi accordargliela, sì per l' amore, che gli portava, come ancora per l'utile, che da lui ne ritraeva; egli però non si arrendette, tanto che provvedutosi di qualchè danaro, che le sue fatiche avean partorito, senza far motto a niuno, improvvisamente partì alla volta di

Roma. Ivi giunto avendo veduto le opere del divin Raffaello, di Michelangelo, di Polidoro, de' Caracci e di altri gran maestri, tutto applicossi a disegnarle, non perdonando nè a fatica nè a patimento; talchè egli stesso diceva aver disegnato dodici volte le logge e le stanze di Rafaello, e quasi venti la battaglia di Costantino dipinta da Giulio Romano sul disegno del suo

maestro.

Il padre intanto sconsolatissimo per la perdita del figliuolo andavalo cercando per la città, ma alla fine informato, che il giovanetto di nascosto in Roma erasi portato a cagione di perfezionare i suoi studj, tardi pentito di sua durezza, racconsolossi e immantinente si partì per trovarlo. Giunto in quell' alma e famosa città andavalo rintracciando, e appunto nel famoso Tempio di S. Pietro lo ritrovò, nel mentre Luca tutto applicato al disegno andava imitando l'esemplare di quelle celebri opere, onde alle voci del padre, perchè tntt' inteso al lavoro, appena diè orecchio: tanta era la sua virtuosa applicazione.

In tal modo seguitando Luca i suoi studj, altro non era il suo diletto, che la fatica, ed altro desiderio non cadeva nel suo pensiero, che l'acquisto della virtù. Guardavalo il padre con amorosa sollecitudine, ed insieme sollevava le sue speranze a maggiori fortune: quindi alle volte solea cibarlo con le sue mani, senza far che lasciasse il matitatojo, e credendo forse con acuto sprone stimolar colui, che speditamente pel sentier della virtù a gran passi correa, soleva dirli, Luca fa presto, qual cosa intesa da più giovani disegnatori, per ischerzo: Luca fa presto solean chiamarlo; e da qui ebbe origine quel nome, che poi sempre ritenne: ma l'esperienza dimostrò loro, che lo scherzo, con cui motteggiavanlo, fu un vero pronostico della sua

gran maestria, ed un preludio della sua stupenda prestezza e velocità.

Ma l'utile unito all' amore lo rese spesse volte importuno, e la cura con cui sollecitavalo il padre a terminare i disegni, nasceva più tosto dal guadagno, che ne traeva, che da rigidezza di zelo indiscreto; poichè col far mercatanzia de' medesimi, e di qualche altra cosetta dipinta sopra buoni esemplari, ed anche di suo capriccio, non poco gli profittava, mentre questi suoi primi studj, specialmente de'disegni, erano da' forestieri comperati. Laonde per farli presto inventò egli la maniera di tinger la carta con la polvere, che radeva dalla matita o sia lapis rosso, lasciando il color della carta per mezza tinta, e lumeggiandolo col lapis bianco con pochi, facili e maestrevoli scuri, e così in poche ore con ammirabile franchezza davali belli e finiti. E questo suo modo di tingere osservato, e giudicato per giudizioso ed intelligente, fu da molti seguitato: perciocchè si scosta dalla bianchezza della carta, che molte volte a chi non è del tutto superiore nell'arte di maneggiare il lapis, sembra, che crudi faccia apparire i disegni: per la qualcosa molti, anche eccellenti maestri, hanno su brune carte disegnato

Viveva in quel tempo in Roma con fama di nobile e gran pittore Pietro Berrettini da Cortona, uomo invero singolarissimo per la bella, e nuova maniera da lui ritrovata; e perchè il grido di sua virtù ancora in Napoli era pervenuto a cagione del nobil quadro di S. Alessio fatto far dalla Principessa di Bracciano per i Padri Girolamini, detti dell' Oratorio, e volgarmente della Chiesa Nuova. Erasi Luca oltremodo invaghito di questo stile, ed in tal maniera volle profittarsi della congiuntura, onde per guida quel chiaro lume della moderna pittura eleggendosi, suo discepolo divenne ed applicò tutto lo studio in apprendere e contraffa

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