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loro natura: il che non può fare altro frutto che prostrarli d'animo; spogliarli della stima di sè medesimi, primo fondamento della vita onesta, della utile, della gloriosa; e distorli dal procurare il proprio bene.

Eleandro. Io vorrei che mi dichiaraste precisamente, se vi pare che quello che io credo e dico intorno all' infelicità degli uomini, sia vero o falso.

Timandro. Voi riponete mano alla vostra solita arme; e quando io vi confessi che quello che dite è vero, pensate vincere la questione. Ora io vi rispondo, che non ogni verità è da predicare a tutti, nè in ogni tempo.

Eleandro. Di grazia, soddisfatemi anche di un'altra domanda. Queste verità che io dico e non predico, sono nella filosofia, verità principali, o pure accessorie?

Timandro. Io, quanto a me, credo che sieno la sostanza di tutta la filosofia.

Eleandro. Dunque s'ingannano grandemente quelli che dicono e predicano che la perfezione dell' uomo consiste nella conoscenza del vero, e tutti i suoi mali provengono dalle opinioni false e dalla ignoranza, e che il genere umano allora finalmente sarà felice, quando ciascuno o i più degli uomini conosceranno il vero, e a norma di quello solo comporranno e governeranno la loro vita. E queste cose le dicono poco meno che tutti i filosofi antichi e moderni. Ecco che a giudizio vostro, quelle verità che sono la sostanza di tutta la filosofia, si debbono occultare alla maggior parte degli uomini; e credo che facilmente consentireste che debbano essere ignorate o dimenticate da tutti: perchè sapute, e ritenute nell' animo, non possono altro che nuocere. Il che è quanto dire che la filosofia si debba estirpare dal mondo. Io non ignoro che l'ultima conclusione che si ricava dalla filosofia vera e perfetta, si è, che non bisogna filosofare. Dal che s' inferisce che la filosofia, primieramente è inutile, perchè a questo effetto di non filosofare, non fa bisogno esser filosofo; secondariamente è dannosissima, perchè quella ultima conclusione non vi s'impara se non alle proprie spese, e imparata che sia, non si può mettere in opera; non essendo in arbitrio degli uomini dimenticare le verità conosciute. e deponendosi più facilmente qualunque altro abito che quello di filosofare. In somma la filosofia. sperando e promettendo a principio di medicare i nostri mali, in ultimo si riduce a desiderare invano di rimediare a sè stessa. Posto tutto ciò, domando perchè si abbia da credere che l' età presente sia più prossima e disposta alla perfezione che le passate. Forse per la maggior notizia del vero; la quale si vede essere contrarissima alla felicità dell' uomo? O forse perchè al presente alcuni pochi conoscono che non bisogna filosofare, senza che però

abbiano facoltà di astenersene? Ma i primi uomini in fatti non filosofarono, e i selvaggi se ne astengono senza fatica. Quali altri mezzi o nuovi, o maggiori che non ebbero gli antenati, abbiamo noi, di approssimarci alla perfezione?

Timandro. Molti, e di grande utilità: ma l' esporgli vorrebbe un ragionamento infinito.

Eleandro. Lasciamoli da parte per ora: e tornando al fatto mio, dico, che se ne' miei scritti io ricordo alcune verità dure e triste, o per isfogo dell' animo o per consolarmene col riso, e non per altro; io non lascio tuttavia negli stessi libri di deplorare, sconsigliare e riprendere lo studio di quel misero e freddo vero, la cognizione del quale è fonte o di noncuranza e infingardaggine, o di bassezza d'animo, iniquità e disonestà di azioni, e perversità di costumi: laddove, per lo contrario, lodo ed esalto quelle opinioni, benchè false, che generano atti e pensieri nobili, forti, magnanimi, virtuosi, ed utili al ben comune o privato; quelle immaginazioni belle e felici, ancorchè vane, che danno pregio alla vita; le illusioni naturali dell' animo; e in fine gli errori antichi, diversi assai dagli errori barbari; i quali solamente, e non quelli, sarebbero dovuti cadere per opera della civiltà moderna e della filosofia. Ma queste, secondo me, trapassando i termini (come è proprio e inevitabile alle cose umane), non molto dopo sollevati da una barbarie, ci hanno precipitati in un' altra, non minore della prima; quantunque nata dalla ragione e dal sapere, non dall' ignoranza; e però meno efficace e manifesta nel corpo che nello spirito, men gagliarda nelle opere, e per dir così, più riposta ed intrinseca. In ogni modo, io dubito, o inclino piuttosto a credere, che gli errori antichi, quanto sono necessari al buono stato delle nazioni civili, tanto sieno, e ogni dì più debbano essere, impossibili a rinnovarveli. Circa la perfezione dell' uomo, io vi giuro, che se fosse già conseguita, avrei scritto almeno un tomo in lode del genere umano. Ma poichè non è toccato a me di vederla, e non aspetto che mi tocchi in mia vita, sono disposto di assegnare per testamento una buona parte della mia roba ad uso che quando il genere umano sarà perfetto, se gli faccia e pronuncisi pubblicamente un panegirico tutti gli anni; e anche gli sia rizzato un tempietto all' antica, o una statua, o quello che sarà creduto a proposito.

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Ora prima. La di

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Sole. Bene: venga o vada a suv jag....

Ora prima. Che intende di dire vostra Eccellenza :
Sole. Intendo che tu mi lasci stare.

Ora prima. Ma, Eccellenza, la notte già è durata tanto, che non può durare più; e se noi c' indugiassimo, vegga, Eccellenza, che poi non nascesse qualche disordine.

Sole. Nasca quello che vuole, che io non mi muovo. Ora prima. Oh, Eccellenza, che è cotesto? si sentirebbe ella male?

Sole. No no, io non mi sento nulla; se non che io non mi voglio muovere e però tu te ne andrai per le tue faccende.

Ora prima. Come debbo io andare se non viene ella, chè io sono la prima ora del giorno? e il giorno come può essere, se vostra Eccellenza non si degna, come è solita, di uscir fuori?

Sole. Se non sarai del giorno, sarai della notte; ovvero le ore della notte faranno l'uffizio doppio, e tu e le tue compagne starete in ozio. Perchè, sai che è? io sono stanco di questo continuo andare attorno per far lume a quattro animaluzzi, che vivono in su un pugno di fango, tanto piccino, che io, che ho buona vista, non le arrivo a vedere; e questa notte ho fermato di non volere altra fatica per questo; e che se gli uomini vogliono veder lume, che tengano i loro fuochi acceši, o provveggano in altro modo.

Ora prima. E che modo, Eccellenza, vuole ella che ci trovino i poverini? E a dover poi mantenere le loro lucerne, o provvedere tante candele che ardano tutto lo spazio del giorno, sarà una spesa eccessiva. Che se fosse già ritrovato di fare quella certa aria da servire per ardere, e per illuminare le strade, le camere, le botteghe, le cantine, e ogni cosa,

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fosse abbiano facoltà dispendio; allora direi che il caso fatto è che ci avranno a passare ancora non filosofarono, o più o meno, prima che gli uomini ritrovino Quali altri mezz intanto verrà loro manco l'olio e la cera e tenati, abbiam Timandro; e non avranno più che ardere.

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dranno a caccia delle lucciole, e di quei vermicrebbe un splendono. Elerima. E al freddo come provvederanno? chè senza Kiuto che avevano da vostra Eccellenza, non basterà il dure di tutte le selve a riscaldarli. Oltre che si morranno che dalla fame: perchè la terra non porterà più i suoi rutti. E così, in capo a pochi anni, si perderà il seme di quei poveri animali: che quando saranno andati un pezzo qua e là per la terra, a tastone, cercando di che vivere e di che riscaldarsi; finalmente, consumata ogni cosa che si possa ingoiare, e spenta l'ultima scintilla di fuoco, se ne morranno tutti al buio, ghiacciati come pezzi di cristallo di roccia.

Sole. Che importa cotesto a me? che, sono io la balia del genere umano; o forse il cuoco, che gli abbia da stagionare e da apprestare i cibi? e che mi debbo io curare se certa poca quantità di creaturine invisibili, lontane da me i milioni delle miglia, non veggono, e non possono reggere al freddo, senza la luce mia? E poi, se io debbo anco servir, come dire, di stufa o di focolare a questa famiglia umana, è ragionevole che, volendo la famiglia scaldarsi, venga essa intorno del focolare, e non che il focolare vada dintorno alla casa. Per questo, se alla Terra fa di bisogno della presenza mia, cammini ella e adoprisi per averla; chè io per me non ho bisogno di cosa alcuna dalla Terra, perchè io cerchi di lei.

Ora prima. Vostra Eccellenza vuol dire, se io intendo bene, che quello che per lo passato ha fatto ella, ora faccia la Terra.

Sole. Si: ora, e per l' innanzi sempre.

Ora prima. Certo che vostra Eccellenza ha buona ragione in questo: oltre che ella può fare di sè a suo modo. Ma pure contuttociò, si degni, Eccellenza, di considerare quante cose belle è necessario che sieno mandate a male, volendo stabilire questo nuovo ordine. Il giorno non avrà più il suo bel carro dorato, co' suoi bei cavalli, che si lavavano alla marina: e per lasciare le altre particolarità, noi altre povere ore non avremo più luogo in cielo, e di fanciulle celesti diventeremo terrene; se però, come io aspetto, non ci risolveremo piuttosto in fumo. Ma sia di questa parte come si voglia; il punto sarà persuadere alla Terra di andare attorno; che ha da esser difficile pure assai: perch' ella non ci è usata; e le dee parere strano di aver poi sempre a correre e affaticarsi tanto, non avendo.

mai dato un crollo da quel suo luogo insino a ora. E se vostra Eccellenza adesso, per quel che pare, comincia a porgere un poco di orecchio alla pigrizia; io odo che la Terra non sia mica più inclinata alla fatica oggi che in altri tempi.

Sole. Il bisogno, in questa cosa, la pungerà, e le farà balzare e correre quanto convenga. Ma in ogni modo, qui la via più spedita e la più sicura è di trovare un poeta ovvero un filosofo che persuada alla Terra di muoversi, o che quando altrimenti non la possa indurre, la faccia andar via per forza. Perchè finalmente il più di questa faccenda è in mano dei filosofi e dei poeti; anzi essi ci possono quasi il tutto I poeti sono stati quelli che per l'addietro (perch' io era più giovane e dava loro orecchio), con quelle belle canzoni, mi hanno fatto fare di buona voglia, come per un diporto, o per un esercizio onorevole, quella sciocchissima fatica di correre alla disperata, così grande e grosso come io sono, intorno a un granellino di sabbia. Ma ora che io sono maturo di tempo, e che mi sono voltato alla filosofia, cerco in ogni cosa l'utilità, e non il bello; e i sentimenti dei poeti, se non mi muovono lo stomaco, mi fanno ridere. Voglio, per fare una cosa, averne buone ragioni, e che sieno di sostanza; e perchè io non trovo nessuna ragione di anteporre alla vita oziosa e agiata la vita attiva; la quale non ti potria dar frutto che pagasse il travaglio, anzi solamente il pensiero (non essendoci al mondo un frutto che vaglia due soldi); perciò sono deliberato di lasciare le fatiche e i disagi agli altri, e io per la parte mia vivere in casa quieto e senza faccende. Questa mutazione in me, come ti ho detto; oltre a quel che ci ha cooperato l' età, l' hanno fatta i filosofi; gente che in questi tempi è cominciata a montare in potenza, e monta ogni giorno più. Sicchè, volendo fare adesso che la terra si muova, e che diasi a correre attorno in vece mia; per una parte veramente sarebbe a proposito un poeta più che un filosofo perchè i poeti, ora con una fola, ora con un' altra, dando ad intendere che le cose del mondo sieno di valuta e di peso, e che sieno piacevoli e belle molto, e creando mille speranze allegre, spesso invogliano gli altri di faticare; e i filosofi gli svogliano. Ma dall' altra parte, perchè i filosofi sono cominciati a stare al di sopra, io dubito che un poeta non sarebbe ascoltato oggi dalla Terra, più di quello che fossi per ascoltarlo io; o che, quando fosse ascoltato, non farebbe effetto. E però sarà il meglio che noi ricorriamo a un filosofo: che se bene i filosofi ordinariamente sono poco atti, e meno inclinati, a muovere altri ad operare; tuttavia può essere che in questo caso così estremo, venga loro fatta cosa contraria al loro usato. Eccetto se la terra non giudicherà che le sia più espediente di andarsene a perdizione, che avere a travagliarsi tanto: che

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