O Torquato, o Torquato, a noi l'eccelsa A te, non altro, preparava il cielo. Non valse a consolarti o a sciorre il gelo Livor privato e de' tiranni. Amore, Inabitata piaggia. Al tardo onore 1 Non sorser gli occhi tuoi; mercè, non danno, Se d'angoscia sei vago, o miserando Se, fuor che di se stesso, altri non cura? Affanno anche oggidì, se il grande e il raro Nè livor più, ma ben di lui più dura Pari all' italo nome, altro ch' un solo, Venne nel petto; onde privato, inerme, E questo vano campo all' ire inferme Del mondo. Ei primo e sol dentro all' arena T. V. Vist. Alfieri 1 Di qui alla fine della stanza si ha riguardo alla congiuntura della morte del Tasso, accaduta in tempo che erano per incoronarlo poeta in Campidoglio. Scese, e nullo il seguì, chè l' ozio e il brutto Trasse la vita intera, E morte lo scampò dal veder peggio. Da mediocrità: sceso il sapiente E salita è la turba a un sol confine, Poi che dormono i vivi; arma le spente E sorga ad atti illustri, o si vergogni. IV. NELLE NOZZE DELLA SORELLA PAOLINA. Poi che del patrio nido I silenzi lasciando, e le beate ... Che il duro cielo a noi prescrisse impara, E luttuosi tempi L' infelice famiglia all' infelice Italia accrescerai. Di forti esempi Al tuo sangue provvedi. Aure soavi All' umana virtude, Nè pura in gracil petto alma si chiude. Figliuoli avrai. Miseri eleggi. Immenso Il corrotto costume. Ahi troppo tardi, Acquista oggi chi nasce il moto e il senso. Al ciel ne caglia: a te nel petto sieda Che di fortuna amici Non crescano i tuoi figli, e non di vile Poichè (nefando stile Di schiatta ignava e finta) Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta. La patria aspetta; e non in danno e scorno Io chieggo a voi. La santa Fiamma di gioventù dunque si spegne E di nervi e di polpe Scemo il valor natio, son vostre colpe? Amor, chi ben l' estima, e d'alto affetto O verginette, a voi Chi de' perigli è schivo, e quei che indegno Odio mova e disdegno; Se nel femmineo core D' uomini ardea, non di fanciulle, amore. Madri d' imbelle prole V' incresca esser nomate. I danni e il pianto Della virtude a tollerar s' avvezzi La stirpe vostra, e quel che pregia e cole LEOPARDI. 3 V. A UN VINCITORE NEL PALLONE. Di gloria il viso e la gioconda voce, E quanto al femminile ozio sovrasti Te rigoglioso dell' età novella Gli antichi esempi a rinnovar prepara. Non colorò la destra Quei che gli atleti ignudi e il campo eleo, D'emula brama il punse. E nell' Alfeo Delle cavalle vincitrici asterse Tal che le greche insegne e il greco acciaro Guidò de' Medi fuggitivi e stanchi Nelle pallide torme; onde sonaro Di sconsolato grido L'alto sen dell' Eufrate e il servo lido. Della virtù nativa Le riposte faville? e che del fioco Da poi che Febo instiga, altro che giuoco Inganni e di felici ombre soccorse Natura stessa: e là dove l' insano Costume ai forti errori ésca non porse, Negli ozi oscuri e nudi Mutò la gente i gloriosi studi. Tempo forse verrà ch' alle ruine Delle italiche moli |