E non sereno, e non intero e schietto, Dimmi, tenero core, or che spavento, Quel pensier che nel dì, che lusinghiero Tu inquieto, e felice e miserando, E dove io tristo ed affannato e stanco Oh come viva in mezzo alle tenebre Moti per l'ossa mi serpeano! oh come Pensieri si volgean! qual tra le chiome Un lungo, incerto mormorar ne prome. E mentre io tacio, e mentr' io non contendo, Che dicevi, o mio cor, che si partia Quella per che penando ivi e battendo? Il cuocer non più tosto io mi sentia Senza senno io giacea sul dì novello, Il dubitoso orecchio, e un gel mi prese, Orbo rimaso allor, mi rannicchiai XI. IL PASSERO SOLITARIO. D' in su la vetta della torre antica, Brilla nell' aria, e per li campi esulta, Pur festeggiando il lor tempo migliore: LEOPARDI. Non ti cal d' allegria, schivi gli spassi; Dell' anno e di tua vita il più bel fiore. Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, E te german di giovinezza, amore, Non curo, io non so come; anzi da loro Quasi romito, e strano Al mio loco natio, Passo del viver mio la primavera. La gioventù del loco Lascia le case, e per le vie si spande; Rimota parte alla campagna uscendo, Ogni diletto e gioco Indugio in altro tempo: e intanto il guardo Steso nell' aria aprica Mi fere il Sol che tra lontani monti, |