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pre in quella città per molte liti che ha, con divider la casa crescevano anco gl'interessi, onde non era possibile che si potessero sostentare tutti con quella dignità che si conveniva. Ci furono delle consulte assai per gelosia di stato in lasciarlo vicinar tanto, che possono benissimo considerarsi dall'EE. VV.; tuttavia, sì come a condurlo a Parigi non vi volle assentire il re, così si contentò che venisse, come ha fatto il mese di ottobre passato, a San Moro (Saint-Maur), e vi sta con la madre al presente, non essendo più che quattro o cinque miglia italiane discosti dalla città, dove essa, e per acqua e per terra, potrà sempre andare con molta facilità.

Nacquero eretici il principe e la sorella, e così anco si educarono, finchè furono mandati a prendere per il signor marchese. La madre fu nel principio cattolica, mạ mutò religione dopo aver avuto quest' onore di sposar il principe, e si rifece cattolica l'hanno passato a Roano, come scrissi all'EE. VV. Ella è stata, dopo la morte del marito, come prigioniera in S. Giovanni d' Angeli, donde saria stata cosa difficile levarla con il figliuolo, se il re non avesse incontrato di avervi per governatore il signor di Saint Mesme, che è un gentiluomo, sebbene ugonotto, non però dei più ostinati nè dei più perfidi, anzi totalmente volto al servizio pubblico e a quello del re. Questo, per esser vecchio, ogni giorno scriveva a S. M. e la sollecitava che si risolvesse di prenderlo di là, mentr'egli era vivo, che se altri vi fosse stato in luogo

al sicuro non l'avria poi avuto; in modo che a S. M. fu facile poi di mettere ad effetto la sua buona volontà. E sebbene nel levarlo e condurlo in corte sospettasse il signor marchese di essere, da qualcuno non troppo bene affetto della religione, insidiato per riaverlo, tuttavia avendo, per commissione del re, in andando, dati buonissimi ordini per tutte le provincie per le quali doveva passare, lo ridusse a salvamento a San Germano in Laja, dove si fece cattolico, come anco alcuni mesi dopo la sorella.

Il principe di Condè suo padre mori senza dubbio di veneno nel 1588 a' 5 di marzo, il quale avendolo con grandissimo impeto tenuto tormentato da tre giorni, lo levò di vita. Le

sospizioni furono grandi, e formatone processo, come complice del delitto, fu squartato da quattro cavalli un nominato Brillaut, e un paggio fu disfatto in effigie, che era anch'esso, per quanto dicono, convinto, il quale prima se ne fuggì. Questo a mio tempo si ritrovava tornato in Francia, ed era al servizio del signor marchese di Villars, figliastro del signor duca d' Umena. Fu anco allora ritenuta la principessa sua moglie, come principale del misfatto; e formatole addosso, in quel comune dolore degli ugonotti per la perdita del principe, un confuso e impetuoso processo, e correva al sicuro gran pericolo anch'essa della vita se non si fosse abbattuta a esser gravida, e tanto più si assicurò facendo un figliuolo maschio; perchè prevedendo molto bene da lontano, sebbene poi sono restati ingannati, gli ugonotti, che in fine sariano stati necessitati di averlo per capo, il far morir la madre non voleva dir altro. che metter in dubbio la legittimazione del principe, e in cambio di fortificare il loro partito per questo verso maggiormente debilitarlo.

Quando fu mandato a levar il principe, si fece anco venir la madre; e perchè le cose dovessero passar legalmente, il processo e il caso tutto fu dal re delegato al parlamento di Parigi. Fece ella istanza perchè ne fosse formato di nuovo un altro, opponendo al vecchio molte cose intorno alla sua legalità. Furono citati, secondo il costume, i principi di Conty e Soissons, come fratelli del morto e interessati a proseguire la querela. Questi fecero un protesto, che vige ancora, ed è, che essendo stato il fratello pari di Francia, protestavano ogni atto esser invalido e indebito se non fosse fatto e giudicato dai medesimi pari, secondo la legge del regno. Non ostante questo, comandò il re, secondo l'assoluta potestà che ha, come suol fare in molti casi dove dispensa dalla ragione ordinaria, che si procedesse oltre alla formazione del processo, e sopra di esso è anco venuto il parlamento all' assoluzione di quella signora. Questi principi, dopo ch'ella è venuta in corte, non l'hanno mai voluta vedere, come anco hanno fatto le principesse, così la madre del conte di Soissons, come la moglie del principe di Conty; e se qualche volta si sono tro

vate in corte insieme, non si sono però manco parlato. Hanno bene visitato il principe personalmente quasi tutti, e chi non l'ha veduto di presenza, come il signor conte di Soissons, l'ha fatto per lettere. Tutte queste cose sarebbero molto più da considerarsi se in loro fosse cattiva volontà, ma la più grande ventura che abbia questo negozio è l'essere il signor principe di Conty, che vien primo dopo Condè, buonissimo signore, il quale non sarebbe atto a far rivolte da sè, quando altri non lo spingesse, come avrebbe fatto al sicuro il cardinale suo fratello se fosse vissuto, perchè, per quanto intendo, prorompeva spesso in parole molto grandi contro di lei, chiamandola per donna poco onesta, e lui per figliuolo del paggio sopradetto; il che però saria difficile da provare, perchè essendo nato in tempo che la principessa poteva esser gravida del marito, la causa al certo si terminerebbe a favor suo; oltre che infiniti dicono che nell' effigie e nella statura assomigli tutto al principe di Condè suo padre, del quale altri dicono che non sia figliuolo. La principessa è di età di 28 anni, non molto grande anch'essa di corpo, di faccia assai delicata e bella, e sebbene è un poco bruna, e negli occhi tenga un poco della casa di Montmorency, non però in alcuna parte la disconcia, anzi più presto pare che le accresca grazia e vaghezza. Da lei sono stato onorato e favorito assai, e tiene certo in grande rispetto la S. V., il quale ho anch' io sempre nutrito con quelle vie che ho stimate necessarie, come ministro dell' EE. VV., e quanto più abbia potuto con loro dignità, sebbene si può dubitare ch' ella lo faccia per i suoi fini particolari, sapendo lei molto bene quanto importi lo intendersi bene con la S. V.; tuttavia, essendo essa d' una singolar bontà, si può credere che vi concorra anco l'affetto, il quale tanto più si deve tenere per ben fondato, quanto è anco nutrito e sostenuto dall' interesse particolare.

Questa materia della successione del principe è cosa di sommo momento, perchè da molte cose le quali sono andato scoprendo e attentamente osservando mentr' io sono stato in quella corte, forte temo che un giorno non nascano di molti travagli, e se a questo non si rimedierà con la lunga vita di

S. M. le cose certo saranno in pericolo di maggior rottura che mai; perchè separandosi e dismembrandosi in questo caso la casa reale, al sicuro quella di Guisa sarebbe unita con Conty e Soissons, non tanto per interesse di successione, nella quale non avriano, per ragione, che poter pretendere (sebbene altre volte siano state disseminate delle cose assai, e senza nessun fondamento), quanto per tentar di radrizzare per qualche verso la loro fortuna, la quale nei travagli passati hannoquasi che rovinata; il che non si potria fare che con abbassare la grandezza del contestabile, la quale appoggiata a questo principe prossimo e presuntivo successore della corona, dubitano con ragione che non potria essere se non di loro grandissimo pregiudizio. E questi si tireriano dietro una gran parte di provincie, principi e signori, non già per amore che potessero avere più all' uno che all'altro partito, ma bene per il desiderio portato da ognuno all' avanzamento della propria condizione, e per sovvenir a quella povertà e necessità, nella quale durante i presenti torhidi sono incorsi. Il che, essendo io un giorno col sig. duca d' Umena, mi fu come accennato da Sua Eccellenza, perchè caduto il proposito di questo, mi disse: Non crediate però le cose esser così bene accomodate che non potessero alterarsi, perchè ancora questo regno è in pericolo di arder di maggior foco che mai abbia fatto fin qui. E in effetto, una divisione tra i principi della casa reale potria esser che mettesse quel regno in una gran burrasca, e nel pericolo di costituirsi in fine due re, come tanti ce n'erano in altri tempi. E questa è la principal causa, per la quale il re tien bassi i principi del suo sangue, e particolarmente il conte di Soissons. E se in Sua Eccellenza, come è buonissimo cattolico e valorosissimo soldato, cosi fosse qualche altra parte che lo rendesse più amabile alla nobiltà e ai soldati, saria da temerlo più assai che non fu il duca di Guisa. Questo accidente è senza dubbio molto ben previsto e pur troppo dai Francesi temuto; e però cercando ognuno in tanto pericolo quanto più può d'assicurarsi, attendono ogni giorno ad occulte pratiche, unioni, ed intelligenze, e abbandonano il servizio del re. E sebbene S. M. lo veda e lo conosca

molto bene, può però molto poco la sua autorità contro l'interesse di questi, dal che poi nascono tutte quelle perniciose conseguenze delle quali ho discorso di sopra; perchè se hanno governi, non vogliono rimetterli nè lasciarli, se piazze, non sentono di privarsene, se presidj, non hanno per sicuro il denudarsi da loro e disarmarsi, e se amicizie é confederazioni, non è possibile di farle romper e dissolvere. Così vive îl regno povero ed infelice sotto mille divisioni e parzialità, i popoli restano incredibilmente afflitti e sconsolati, e il re è malissimo obbedito e servito. Dice spesso Sua Maestà: Tutti mirano alla mia morte, ma fo saper loro che ho da passare gli 80 anni (se bene in effetto da Ugo Capeto fino al presente non sia mai stato re che abbia passato i 70), e prima vedrò loro sepolti (1). E questo disordine è, per dire il vero, anco nutrito in parte dalle operazioni medesime del re; perche essendo indicibili le fatiche e disordini che fa, e i pericoli ai quali si sottopone ogni ora e ogni momento, e nella guerra e fuori, ognuno teme che all' improviso non manchi; e però ciascuno attende a provvedersi e a star più lesto, pronto ed apparecchiato che può. Ad evitar questo grande inconveniente è da pregar Dio che S. M. sopravvivá tanto che il principe sia in età di maneggiar l'armi, e sostentar il regno e la corona; altrimenti, credano le EE. VV. esser le cose in pericolo manifestissimo.

e

Viene per secondo del sangue il principe di Conty, che è di età di forse 38 anni, di statura non molto grande, come anco sono stati tutti i fratelli. La natura gli è stata scarsa in fare che facilmente si possa servire delle orecchie, chi forte non gli parla non è inteso da lui. Da questo procede anco che non ragioni molto bene, come accade di questi naturali difetti che l'uno seguita l'altro per necessità; ma da quello che dice s'intende benissimo quello che non può esprimere, talchè è facilissimamente inteso da tutti coloro che

(1) Enrico IV, nato il 13 dec. 1553 e ucciso da Ravaillac il 14 maggio 1610, non visse dunque nè 80 nè 70 anni, ma ciò non ostante compose le cose in modo, che neppure la violenta sua fine potè travolgere il regno nelle calamità qui presentite dal Duodo.

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