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Venuta nella città S. M. ci fece mostrare l'arsenale, il quale non è che di tre vôlti grandi, sotto i quali vi erano ben sei fuste, e dodici brigantini, ed alcuna sorta di navilj, che loro addimandano berghe, le quali sono fatte così aguzze nei capi come sono i burchielli che in questa città portano il fango, ma sono assai più lunghe, ed anco più strette; ed a queste mettono per traverso dei legni, che le fanno di 12 banchi, e vogano con uomini 24, un padrone e un timoniero, con quattro falconetti, due a poppa e due a proda con un bombardiero, talchè in tutto vi vanno sopra uomini 27. Di questa sorta di legni ne hanno circa 60, e li tengono in terra nell' arsenale, uno dentro l'altro, fino sotto il colmo dei detti volti. In questa armata ha S. M. molta speranza e fede, e dice non temere di forze aliene per quella strada, e di poter mettere sopra detta armata 10,000 uomini. Ma ora che il Turco è padrone di Buda, può anch'egli far armata volendo, e grossa, sebbene S. M. dice che non teme, essendo avvantaggiata per la superiorità del fiume, e che altre volte i Turchi vollero tentare, ma non poteron riuscire rispetto che convenivano venire con la corrente contraria a ritrovarlo. Ne fu anco mostrata molta artiglieria di bronzo, grossa e minuta, e bella, che era per bisogno della città e della predetta sua armata, e ne dissero che S. M. ne teneva dell' altra in Comorn ed altri luoghi di quella frontiera, e che bisognando la faria facilmente condurre. Vedemmo alcune munizioni di polvere e palle, ma erano si poche, che maravigliandoci noi di così poca provvisione, ne risposero che di queste non mancheriano a S. M. quante facessero bisogno. Ci furono mostrate alcune poche munizioni di farine e grani in un monasterio, e ne dissero che tutte quelle erano preparate per Comorn ed altre fortezze di frontiera, bisognando sovvenirle in quel modo, non lasciando i Turchi entrarvi per via di terra un sacco di

grano.

La città di Vienna è popolatissima quanto si può dire, e per natura è abbondantissima di viveri, ed ora il frumento vale, a ragione di staro veneziano, lire tre; il vino è caro per farsene poco in quella parte, e vale la botte trenta fio

rini; carne ne hanno abbondantissimamente; e per concludere questa parte, per nostra opinione, quella città è mal sicura, e mal fornita di baluardi, i quali per la poca distanza loro l'uno dall' altro in fazione si batteriano l'uno l'altro, sebbene S. M. e gli altri suoi la tengono inespugnabile, allegando che altre volte i Turchi vi furono sotto in tempo ch'ella era in peggiori termini che ora, nè la poteron conquistare. Ma allora i Turchi non erano padroni di Buda come sono ora, nè ebbero tempo di condurvi artiglieria grossa per batterla; ma ora che sono signori di Buda, ed hanno dato ordine che ivi siano fusi cinquanta cannoni, se torneranno sotto Vienna, non facendo in essa più gagliarde provvisioni di quelle che hanno fatto, si accorgeranno dell' errore. E quando noi comunicassimo a S. M. i sommarj di Costantinopoli in nome di V. S., e udi quella parte del fondere i 50 cannoni in Buda, disse: questo è qualche cosa. Alla difesa di questa città non vi è altro che la persona di S. M. e la corte sua e del re Massimiliano suo figliuolo, alcuni pochi cavalli ungheri e fanti tedeschi, sebbene S. M. dica che a guardare quella città non bisognano manco di fanti 12,000 in tempo di guerra, e dica anco che tutti i principi della Cristianità dovriano a proprie spese farvi un baluardo per uno essendo quella l'antemurale e difesa di tutta la Cristianità.

La speranza di S. M. per la difesa erano le diete che faceva il re Massimiliano, sperando aiuti da quelle, sebbene intendeva che pochi si risolvevano a voler dare di presente cosa alcuna, dicendo che dando ora, S. M. pagheria i suoi debiti, e bisogneria poi di nuovo sovvenirla, e che loro non potrebbero portare tanto peso. Un'altra speranza teneva S. M. per sua difesa, ed è che rapacificandosi i re, di Francia e di Spagna (1), l'Alemagna, che ora è disunita favorendo l'uno e l'altro di questi re, si verria a riunire e a favorire le cose di S. M.; sebbene anco questa, che è la sua maggior speranza, sia, per opinion nostra, anch'essa poco sicura.

(1) Come accadde indi a poco per la pace di Castel Cambrese, segnata il 25 aprile 1559, ma la cui negoziazione era già incominciata all'epoca di questa relazione.

Ha Sua Maestà d'entrata 800,000 fiorini, i quali non bastano appena per la spesa ordinaria della sua casa; perchè di essi ne da 100,000 all' anno a Massimiliano re di Boemia suo figliuolo, 60,000 a Ferdinando altro suo figliuolo, che è arciduca d'Austria, e lo tiene al governo del regno di Boemia, perchè se S. M. vi tenesse Massimiliano, vedria male il conto dell'entrate di quel regno, essendo quel re liberalissimo; però tiene al governo quest'altro figlio, il quale dà conto di tutto quel maneggio, sebbene anco lui talvolta intacca dall' ordinario, ma però va si destramente che il padre non si lamenta. Al terzo figliuolo suo, Carlo, dà 30,000 fiorini all'anno, e 30,000 ne dà alla nuora, moglie e germana del re Massimiliano suo figliuolo, figlia di Carlo V e sorella di Filippo re di Spagna; il resto consuma nella corte sua, e non basta.

Sua Maestà è non molto grande di vita, e di non molto bella presenza, e chi non sapesse che fusse imperatore, mai lo giudicheria tale. È magro, ed ha nella faccia assai buon colore, sebben si teneva che fosse fatto etico. È umano, ed assai religioso, e quella poca di religione, che è restata in Germania, è sostentata dalla persona di S. M., talchè mancando lei il tutto anderia in precipizio. Digiuna tutte le vigilie; ed ogni festa e le vigilie d'esse non lascieria la messa e vespero per ogni sorte di negozio. Ascolta ogni mattina due messe stando inginocchiata, e con molta religione, una delle quali per l'anima della quondam sua consorte, sì come dice che faceva sempre l'imperator Carlo suo fratello; ed abbiamo avvertito a questo, che sempre che S. M. nominava l'imperator Carlo, lo nominava suo signore. Non è S. M. molto cerimoniosa, ma molto umile e libera, talchè per la sua umiltà è poco temuta ed ubbidita. Non veste pomposamente, ma levandosi la mattina dal letto introduce ognuno nella camera, e vi compare allacciandosi le calze con uno scuffiotto di tela in testa; ode ognuno, risponde e parla con ognuno, e quando noi eravamo nella camera di S. M. parlando con lei, e stando S. M. e noi in piedi, due o tre fiate si parti da noi lasciandoci e ritornando, solo per parlare con quello e con quell' altro, con

poca dignità e riputazione sua. Vostra Serenità saprà ancora che va spesso alla caccia, nè risparmia fatica, e si pone ad imprese pericolose nè convenienti ad imperatore, volendo seguire lui solo il cervo ed ammazzarlo di sua mano. Mangia S. M. una volta al giorno, má mangia bene, talche gli basta per due pasti; e sebbene viene esortata di dividere il suo mangiare in due fiate, non vuole, e dice che si sente meglio così; e quest' uso lo ha preso dopo la sua prima infermità.

La corte e consiglio di Sua Maestà non abbiamo potuto vedere, nè conoscere, per diligenza che abbiamo usata, persona che ne sia parsa di condizione, e solo due o tre vescovi, che a nostro giudizio sanno poco delle cose di stato, e alcuni tedeschi incivili, e più tosto cera da villani, onde stupivamo che un imperatore non avesse appresso la persona sua uomini da governo e da consiglio. E addimandando noi S. M. come faceva nelle sue risoluzioni di materie importanti, ne fu risposto, che quando bisognava, oltre quelli che teneva presso di sè, sempre chiamava nei consigli de' principali di quei luoghi di che si trattava in loro interesse, e con quel consiglio deliberava quanto era necessario. A questo conoscemmo che S. M. mancava di consiglio nelle cose di stato; e quel che è peggio non ha capitano alcuno da guerra, iņ mano del quale potesse mettere il governo dell' imperio e stato suo. È ben vero che aveva ultimamente mandato a chiamare il marchese Giovanni di Brandemburgo, il quale, per quanto intendemmo, è uomo da guerra e buon soldato, essendo stato sempre alla guerra, ed esercitatosi in tutte le guerre de' protestanti contro Carlo V, e che di questo marchese disegnava S. M. valersi, e dargli il carico della guerra, e lo accarezzava assai.

Da Sua Maestà siamo stati tanto accarezzati, e ci ha veduti tanto volentieri che non si può dir di più; e mentre andavamo a lei incontrassimo per istrada alcuni personaggi che venivano dalla corte, i quali tutti dicevano che eravamo aspettati con grandissimo desiderio. Per lo che, essendo noi arrivati in Vienna senza essere incontrati da persona alcuna per nome di S. M., ci maravigliassimo, e addimandassimo al

l'ambasciatore nostro Mocenigo, residente appresso S. M., perchè non fussimo stati incontrati da alcuno di quella corte. Rispose che, due giorni prima che giungessimo, S. M. aveva messo in consulta quello che si doveva fare circa tal incontro, e che trovarono in certi loro cerimoniali che mai erano stati incontrati gli ambasciatori di re e di principi, eccetto se non vi fossero andati i re o principi proprj; e per tal causa disse che nè anco noi fussimo incontrati.

Nel ritorno nostro, in Clagenfurt andassimo a rallegrarci col re Massimiliano, dal quale fussimo incontrati sino alla scala, e con la beretta in mano ci accettò, e fece sì gran segno d'allegrezza e d'umanità insieme, che quasi ne confuse, non volendosi Sua Maestà mai mettere la beretta in testa, nè camminare innanzi a noi, ma tenendoci uno per lato ne accarezzava tanto che era uno stupore. Esponessimo per nome di Vostra Serenità la nostra legazione, e ci allegrassimo con S. M. dell'esaltazione all' imperio dell' imperator suo padre. Sua Maestà corrispose a quest' offizio, e mostrò averlo avuto oltra modo caro, e ringraziando la Serenità Vostra, disse che sempre la terria fra' suoi particolarissimi amici, nè mai si scorderia di quest' uffizio.

Questo re è giovine d'anni 32, assai bene disposto della vita sua. È liberalissimo, e se dal padre gli fusse permesso, doneria tutto quello che avesse. È uomo di natura sua dedito all'armi, sempre ragiona di fortezze, di eserciti, di combattere. d'espugnar città, nè mai si trattiene in altri ragionamenti che questi. È benissimo voluto da ognuno ed amato, si per la sua liberalità e cortesia, si anco per essere del tutto della fazione eretica. Questo signore si reputa perciò tanto, che non cede nè cederia punto al re Filippo suo germano e cognato, e non meno di lui aspira all' imperio, e massime ora che ha il padre imperatore; ma potria essere che lui s'ingannasse d'opinione, perchè questo è il settimo imperatore di casa d'Austria, e questi elettori eretici, con tutto che lui segua la loro fede, non però hanno caro che l'imperio perpetui nella loro casa, essendovi massime di quelli fra essi elettori che non si reputano meno di lui, le famiglie de'quali hanno per il passato

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