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primi prezzi, ma bene alla voce. Ha fatto presentare agli eletti della città polizze di cambio per 60,000 scudi da pagare a genovesi per grani comprati per Napoli in Sicilia senza saputa dei detti eletti, i quali non le han volute accettare, e hanno convenuto restar ritirati in casa (sic). Per ciò nobiltà e popolo han strepitato, ma S. E. ha fatto il suo profitto. Fece una pragmatica, che le cause più vecchie fossero prima espedite, diede a' cardinali la destra, a' quali faceva molte accoglienze. Con la repubblica di Venezia, per la ritenzione dei marinari alle rive dell'Adriatico, ha avuto malissima intelligenza, e s'è servito in questo della mala disposizione del marchese di Grotola, inimico naturale della Serenissima Signoria. Fece anco una pragmatica, che alcun titolato non potesse condur seco per la città più di due staffieri e quattro paggi.

Tutte l'espedizioni fatte per ordine del vicerè passano per cancelleria o per scrittoio o per palazzo, cioè per mano di uno dei tre secretarj. Il primo è secretario del regno, nella casa del quale si tiene la cancelleria ove si espediscono tutte le cose di giustizia trattate nel consiglio collaterale. Fu comperato questo ufficio da Barconovo per 35,000 ducati, e ne cava all'anno ducati 6800. Il secondo secretario ha cura delle cose di grazia, di tutta la milizia e d'ogni pagamento, che passa per suo biglietto; espedisce tutto in casa sua, che vien chiamata lo scrittoio. Ha guadagnato il Majorca, che ha questo carico, 12,000 ducati l'anno. Valesio, terzo secretario, sta in palazzo, e ha carico delle provvisioni degli officj nella città e fuori, scrive tutte le lettere secrete, e tiene la cifra. Il vicerè è capo dei due consigli, collaterale e di stato; nel collaterale, istituito da Ferdinando il Cattolico, entrano tre consiglieri chiamati reggenti di cancelleria, due spagnuoli e uno italiano, ove si leggono ed espediscono i memoriali dati a S. E., destinandosi i negozj a quel consiglio al quale aspettano. Il vicerò ha deputati i giorni della settimana in questa maniera il lunedì e martedi attende alle cose di stato, il mercoledì alla vicaria, il giovedì al sacro consiglio, il venerdì alla camera della sommaria; il sabato non si riduce e nè meno le feste. Quelli che sono reggenti di cancelleria bisogna

che siano stati prima reggenti in corte di Spagna nel consiglio d'Italia, nel quale ne sogliono esser due per Napoli, uno spagnuolo l'altro napolitano, e ivi dimorano uno o due anni solamente. I vicerè per il più consigliano le importanti materie con questi, i quali, per privilegio del loro officio, entrano nel consiglio di stato. Sua Eccellenza e i suoi predecessori non hanno accostumato portar le materie di maggior importanza nel consiglio di stato, e questo per il numero ovvero imperizia de' consiglieri, che non sono nei più gravi negozj esercitati. Questi sono quindici, eletti da S. M. in vita, dodici con provvisione di 600 ducati per uno all'anno, e tre senza stipendio, e sono tutti soggetti principalissimi per sangue, carichi e meriti.

Nel regno sono sette officj stimatissimi, e hanno luogo, quelli che li esercitano, immediate appresso il vicerè. Solevano questi darsi a'meritevoli, ora si vendono. Il primo è il gran contestabile, che ha carico di generale e luogotenente del re nelle guerre del regno; fu questo tenuto da Marc'Antonio Colonna e poi dal figliuolo fin l'anno 1594, che mori; ora non è conferito ad alcuno, e si stima che sarà dato al figliuolo dell'ultimo Colonna, gran giustiziere sopra le cause civili e criminali. Il grande ammiraglio ha giurisdizione civile e criminale sopra le cose marittime; tiene quest'officio don Antonio Caraffa marchese di Quarate. Il gran camarlingo ha particolar cura della camera della sommaria; quest' ufficio era del marchese del. Vasto, e non è stato conferito dopo la sua morte. Il gran protonotario ha carico di elegger notari e giudici ai contratti, e di legittimar bastardi; è tenuto questo dal principe Doria. Il gran cancelliere conserva il regio sigillo ́e commette ai dottori l'esame di quelli che si vogliono dottorare, a' quali dà il grado a nome del re dopo che sono stati approvati; don Cesare d'Avalos ha questo carico. Il gran siniscalco ha obbligo di provvedere le cose necessarie al vitto del re e della corte; questo è tenuto da don Enrico di Guevara duca di Bovino. Oltre questi sette officj, vi è l'officio di giustiziere di Napoli, il quale fu venduto 55,000 ducati; questo ha carico della grascia nella città, acciò non sia fatto fraude nelle

cose commestibili; ha 60 officiali, carcere e autorità di man

dar in galera.

Il governo civile viene amministrato da un tribunale detto il sacro consiglio regio, ovvero di Santa Chiara e di Capuana, ordinato dal re Alfonso I d'Aragona, al quale consiglio cadono in appellazione le giudicature civili e criminali della corte della Vicaria e d'altri magistrati. Al presidente di questo consiglio, mentre siede in tribunale, si dà titolo di Sacra Regia Maestà, e costui ha carico di provvedere e decretare le suppliche, che sono presentate per l'amministrazione della giustizia e per l'espedizione delle sentenze, e i decreti appellativi. A questo è anco annesso il protonotariato, per il quale ha autorità sopra tutti i notari. Ora esercita quest'officio Vincenzo de' Franchi regnicolo. Entrano in questo consiglio 17 consiglieri; al presente sono quattro spagnuoli e tredici italiani ; quindici sono divisi in tre rote, e due vanno ad tempus in Vicaria per le cause criminali in appellazione. Di più v'è un secretario e tredici mastridati che formano e custodiscono i processi.

La regia camera della Sommaria, instituita da Alfonso I, è quella dove si tien conto delle rendite regie, e si giudicano le cause fiscali, o che vertono fra feudatarj, delle quali non v'è appellazione. Il capo si dimanda luogotenente del gran camarlingo, che ora è Ferrante Fornaro pugliese; gli altri che entrano nella Sommaria, sono sei presidenti dottori, tre spagnuoli e tre italiani, e tre presidenti di roba corta, chiamati gli Idioti, i quali sono cavati dal numero dei 18 ragioneri di detta camera. Vi sono, oltre di questi, un avvocato fiscale, un procurator fiscale, un secretario, un cancelliero, tre mastridati, sette scrivani ordinarj, un conservator dei regj registri, un precettore delle significatorie, un portiere a cavallo, dieci altri per la città, e in fine 22 attuarj o aiutanti delle cause. V'è anco il tribunale della regia zecca, ove si giudica dei pesi e misure, e delle fraudi di quelli che vendono cose false. Vi è poi la gran corte della Vicaria, dove si esercita giustizia civile e criminale in prima istanza, così detta dal re Roberto, che dichiarò il figliuolo vicario del

regno. Capo di essa, per il più, è uno spagnuolo; ora esercita questo carico Lodovico Acerbi milanese. Appresso lui sono otto dottori, chiamati giudici, dei quali tre conoscono le cause civili e cinque le criminali, che vanno in appellazione al sacro consiglio. Vi sono anco un avvocato fiscale, un avvocato de'poveri, un procurator fiscale, nove mastridati criminali, quattordici civili, venti attuarj, con infiniti altri officiali. Tutti i reggenti, il presidente del consiglio, il luogotenente della Sommaria, gli altri presidenti e consiglieri, sono tutti dottori, e per il più soggetti di bassa lega, i quali quando riescono eccellenti avvocati facilmente acquistano questi onori, con l'aiuto però dei presenti (se bene vi è pena grande di procurar officj con denari), e col favore ancora del vicerè che li raccomanda a S. M. La loro provvisione è di ducati cinquanta il mese, e continuano il carico in vita. È opinione che vivano di liti in Napoli 10,000 persone; nelle prigioni della Vicaria vi sono per ordinario 1500 carcerati

Il regno di Napoli è stato dominato da molte nazioni che dopo l' Imperio Romano innondarono l'Italia. Papa Giovanni X scacciò i Saraceni; vennero poi i Normandi con Guglielmo detto Ferrabraccio, il quale fu chiamato, del 1009, da Sergio IV pontefice per resistere a' Saraceni, che avevano innondata la Sicilia, e si dubitava che facessero l'istesso anco in Italia. Guglielmo, fatto l'effetto desiderato, e assicurata la Sicilia da' Saraceni, passò in Puglia, ove vinse Miniace, che militava sotto l'impero greco, e s'intitolò primo conte di quella provincia. Tre fratelli gli successero l'un dopo l'altro, Drogone, Unfredo e Gottifredo, e dopo questi Roberto Guiscardo, , pur suo fratello e primo duca di Puglia, il quale si si fece vassallo della Chiesa. A costui successe Ruggiero II suo figliuolo, e a questo il figliuolo Guglielmo, che ebbe investitura di duca di Puglia e di primo duca di Calabria da Gelasio II papa, e mori senza figliuoli, onde gli successe Ruggiero III conte di Sicilia, nipote di Roberto Guiscardo, il quale si fece chiamar re d'Italia. Innocenzo pontefice, acciò deponesse tal titolo, gli donò la città di Napoli, stata fin allora dell'impero greco, e da Anacleto antipapa, l'anno 1131,

APPENDICE.

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fu coronato re delle due Sicilie, di che ottenne la confirmazione da Lucio II con promessa di pagare mille marchi d'oro alla Chiesa. Gli successe, l'anno 1149, il figliuolo Guglielmo il Malo, e a questo Guglielmo il Buono suo figliuolo, l'anno 1167, che mori senza figliuoli. Tancredi, figliuol naturale di un duca Ruggiero figliuolo del re Ruggiero III, fu creato allora re dai baroni, l'anno 1188; ma Clemente III pontefice, che pretendeva il regno esser ricaduto alla Chiesa, procurò di scacciarlo, senza che però gli riuscisse. Gli successe Guglielmo III suo figliuolo, il quale fu molestato da Enrico VI imperatore, che da Celestino III, successor di Clemente, era stato dichiarato re di Napoli per scacciar il Normando. Guglielmo, desideroso della pace, si accordò di ceder ad Enrico la Sicilia; ma mentre stimava dover pacificamente possedere il regno di Napoli, fu, nel 1196, fatto prigione con la madre e tre sorelle, una delle quali, detta Costanza, fu maritata in Pietro Ziani doge di Venezia. E questo fu il fine della linea de' Normandi.

Subentrarono gli Svevi per 70 anni; il primo fu Enrico Vl imperatore sopradetto, figliuolo di Federico Barbarossa, che fu coronato da Celestino III; il secondo fu Federico II imperatore suo figliuolo, e re di Gerusalemme per Iole sua moglie figliuola di Giovanni conte di Brienne francese; e da questo tempo i re di Napoli cominciarono a chiamarsi re di Gerusalemme. Costui, l'anno 1226, fu privo dell'impero e del regno, come persecutore della Chiesa, da Onorio III, il che fu approvato da Innocenzo IV, il quale dichiarò che per l'avvenire nessun imperatore potesse essere re di Napoli; ma del 1205 Corrado IV imperatore, figliuolo di Federico, se ne impadroni scacciando Edmondo figliuolo di Enrico III re d'Inghilterra il quale era stato eletto re dal pontefice. Fu poi occupato il regno, l'anno 1255, da Manfredi principe di Taranto, figliuolo naturale di Federico II imperatore, nel quale finì la linea degli Svevi nel regno. Perchè scomunicato da Alessandro IV e Urbano IV, questi, l'anno 1263, chiamò contra di lui Carlo conte d'Angiù e di Provenza, fratello di S. Lodovico re di Francia. Il quale avendo debellato e morto Manfredi, fu coronato re da Clemente IV, del 1266, e investito come feuda

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