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tario della Chiesa con censo di 40,000 ducati l'anno, e dichiarato vicario dell' imperio in Italia, con rinnovazione però del patto di Innocenzo IV, che nè esso nè i suoi successori potessero accettar la corona dell' imperio. Preso che costui ebbe il possesso del regno, l'anno 1266, Corradino, figliuolo di Corrado IV imperatore, gli mosse guerra, ma fu fatto prigione l'anno 1268, e decapitato l'anno seguente con Federico duca d'Austria. Successe nel regno, l'anno 1285, Carlo II figliuolo di Carlo I (1), essendo re di Ungheria per Maria sua moglie figliuola di Stefano V. Dopo lui seguitò Roberto suo terzogenito, l'anno 1309, il quale regnò trentaquattro anni, e lasciò erede Giovanna I sua nepote l'anno 1343. Costei, per la sua disonesta vita, fu poi privata del regno da Urbano VI pontefice; e questi quattro re furono chiamati Angioini.

Fu investito del regno da Urbano VI sopradetto, l'anno 1381, Carlo III di casa d'Angiù, chiamata di Durazzo perchè esso Carlo fu figliuolo di Lodovico duca di Durazzo, figliuolo del sopradetto re Carlo II. Costui prese Giovanna I sopradetta e la fece strangolare; ma poi essendo stato chiamato e coronato re d'Ungheria, fu ucciso in Albaregale (2). Successe Ladislao, l'anno 1386, che similmente fu anco re d'Ungheria; e a lui successe, l'anno 1414, la sorella Giovanna II, la quale fu priva del regno da Martino V. Essa adottò per figliuolo, l'anno 1416, Alfonso I re d'Aragona e di Sicilia, per opponerlo a Lodovico III d'Angiù, duca di Lorena e di Bar, nominato re dal pontefice Martino; ma poi sdegnata con Alfonso, adottò in suo figliuolo, l'anno 1423, il sopradetto Lodovico III, e dopo lui Renato duca d'Angiù e conte di Provenza, fratello di Lodovico. In lei si estinse, nel 1435, la casa di Durazzo di sangue francese.

Fu governato il regno per tre anni da sindaci, avendo Eugenio IV pontefice dichiarato il regno decaduto nella Chiesa. Ma si suscitarono allora le fazioni Angioina e Aragonese; vinse prima Renato, l'anno 1438, e fu investito da

(1) S'intenda bene che successe nel solo regno di qua dal Faro, perchè i Francesi perdettero la Sicilia per i famosi vespri del 30 marzo 1282, nella quale occasione fu ivi acclamato re Pietro d' Aragona genero del defunto Manfredi. (2) Stuhlweissemburg, antica capitale dell' Ungheria.

Eugenio, e si chiamava re di Sicilia di qua dal Faro. Dopo quattr'anni fu scacciato da Alfonso I d'Aragona, il quale dal sopradetto Eugenio fu investito re delle due Sicilie, e questo fu l'anno 1442, nel quale gli Spagnuoli entrarono nel regno. Gli successe Ferdinando I, suo figliuolo naturale, l'anno 1458, e fu investito da Pio II. A costui, l'anno 1494, successe Alfonso II suo figliuolo, il quale fu investito da Alessandro VI; ma temendo lui la venuta di Carlo VIII re di Francia, erede di Lodovico XI, lasciato erede da Carlo d'Angiù, che fu erede di Renato sopradetto, rinunciò il regno a Ferdinando II suo figliuolo, sperando che, munito e difeso dall'amor de'sudditi, potesse far resistenza a' nemici. Ma alla potenza francese fu forza che il tutto cedesse, onde Carlo s' impadroni del regno, e n'ebbe l'investitura da Alessandro VI. Si spaventarono i principi d'Italia di tanta e così facile vittoria; onde conspirarono tutti contro Francesi, e Carlo prese partito di ritornar in Francia, lasciando il regno con conveniente presidio. Dopo la partita del re, venne a Ferdinando ardire e speranza di ricuperar il regno; il che non difficilmente gli riuscì essendo aiutato e favorito dall' armata dei Veneziani, a' quali diede per pegno delle spese le città di Mola, Brindisi e Otranto. Ma lo godė per poco perchè presto morì; e gli successe Federico, fratello di Alfonso suo padre, il quale fu investito da papa Alessandro VI. I quattro ultimi Aragonesi s'intitolarono re di Sicilia di qua dal Faro.

Lodovico XII, dopo la morte di Carlo VIII, successe nel regno di Francia e nelle ragioni di Napoli, del quale avuta l'investitura dal pontefice, convenne con Ferdinando il Cattolico, figliuolo di Giovanni fratello carnale di Alfonso I d'Aragona, di scacciare Federico dal regno, con patto che a Lodovico restassero Napoli, Gaeta, Terra di lavoro e l'Abruzzo, e a Ferdinando la Calabria e la Puglia. E così fecero, l'anno 1501; ma poi, nell' anno 1503, Ferdinando, col mezzo del gran capitano, scacciò i Francesi da tutto il regno, restando totalmente disfatti alla Cerignola, e Ferdinando fu investito del regno da papa Giulio II, che ridusse il censo in una sola chinea bianca; e allora Ferdinando e suoi successori si chia

marono re di Sicilia citra et ultra farum. Successe a Ferdinando Giovanna III sua figliuola, l'anno 1516, che era vedova di Filippo arciduca d'Austria, la quale volle rinunciar i regni a Carlo V suo figliuolo; ma i popoli non acconsentirono, intendendo che si governassero a nome di ambidue, il che segui per 39 anni (1); e tornò il censo, per decreto di Leone X, a 7000 scudi d'oro e la chinea, per avere esso Carlo accettato l'Impero, vietato ai re di Napoli, come abbiamo detto di sopra. Carlo rinunciò poi il regno a Filippo II suo figliuolo l'anno 1554, perchè dovendo questi sposare Maria regina d'Inghilterra non fusse inferiore a lei; onde lo nominò re di Napoli e duca di Milano; e fu investito di Napoli da Giulio III, l'anno 1554, con il censo di 7000 scudi d'oro di camera, che sono ducati 8000, e una chinca bianca; la quale con gualdrappa di velluto con fondo d'oro, essendo legata all'arcione della sella una borsa con polizze di banco per la detta somma, viene presentata al pontefice dall'ambasciator cattolico il giorno di S. Pietro con solenne cerimonia e con alcune poche parole, alle quali il papa risponde con voce bassa, e riceve il censo senza pregiudicio delle ragioni della Chiesa, la quale si tien padrona del diretto dominio per aver prima chiamati i Normandi nel regno contro i Saraceni, ed investitone poi in progresso i re che in quello si sono succeduti. Il re di Napoli non riconosce superiore perchè è feudatario della Chiesa, e precede l'eletto re de' Romani. È oltre, di ciò, il solo re, da quello di Francia in fuori, che oggi si coroni ed unga, d'ordine del pontefice, da un cardinale legato che abbia ordine sacro. Gli altri re sono coronati, ma non s' ungono da' vescovi loro.

Gli Spagnuoli non temono la potenza de' papi nel regno, per l'esempio de' successi passati e per il mal governo dello stato ecclesiastico, causato dalla spessa mutazione e dalla molta età de' pontefici, e per l'oggetto ch'essi pontefici hanno di far grandi e ricchi i loro parenti, il che non possono fare

(1) Giovanna la Folle, per la quale i regni di Spagna passarono a casa d' Austria, viveva, nello stato che il suo nome indica, a Tordesillas in Spagna, dove mori nel 1555. Ed è verissimo che durante la sua vita, Carlo V accoppiò il di lei nome negli atti solenni di quei regni.

più facilmente che col favore del re di Spagna, il quale con commende, provvisioni e carichi può dar loro compita soddisfazione, il che saria negato quando dassero molestia al re, anzi, dopo la morte del papa, li manderebbe facilmente in rovina, come ha fatto dei Caraffa ed altri. Nè temono anco l'armi francesi nel regno, per la loro lontananza, che cagiona difficoltà in condurre eserciti, artiglierie e vettovaglie, non avendo armata marittima, e per l'opposizione di Savoja e di Milano, e specialmente perchè conoscono la inconvenienza di natura, o antipatia, che hanno i napolitani con i francesi. Temeriano bene quando uno di questi due principi fosse unito con alcuno de' principi d'Italia, che lor potesse somministrar denari, monizioni e altre cose necessarie. Questo conobbe papa Paolo, che fece instanza grandissima al duca Cosimo perchè si unisse con lui, ma il duca volle tener le mani fuori del giuoco per restringerle nella restituzione delle terre appartenenti allo stato di Siena; onde s' affaticò di metter pace fra la Chiesa e il re per fare uscire i francesi d'Italia. In che s' adoperò anco la Serenissima Signoria, che spedì il secretario Franceschi a persuader il papa all' accordo col duca d'Alva, non avendo voluto la Repubblica accettar le grandi offerte fatte da don Antonio Caraffa, mandato dal pontefice a posta a Venezia. Sopra questo scrisse il re alla Repubblica che aveva fede nella sua bontà e nella sua prudenza, onde si contentava di rimetter le differenze che aveva col pontefice all'arbitrio di lei; e questo fece perchè conosceva di quanto momento fosse la deliberazione della Repubblica. Ma è ben vero che al presente lo stato delle cose è molto differente da allora, perchè il re di Francia ha l'amicizia del duca di Firenze per favori ricevuti e per la parentela della moglie, e il resto d'Italia aderente per ragion di stato; onde gli Spagnuoli vivono con gelosia del pontefice per la ribenedizione del re, diffidano del duca di Firenze, e non amano la neutralità della Repubblica, conoscendo che questi tre potentati hanno protetto il re di Francia per bilanciar la potenza di Spagna, la quale non è dubbio che quando fusse assalita per mare e per terra da questi collegati, correria rischio mani

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festo d'essere spogliata in poco tempo del regno di Napoli; e questo principalmente per la natura de' regnicoli, desiderosi sempre di novità, oltre che sono afflittissimi e malissimo soddisfatti per molti capi de' Spagnuoli. E più che l'altre provincie sarebbe pronto a novità l'Abruzzo per la disperazione dei popoli; i quali, oltre le gravezze ordinarie, hanno debito vecchio col re di 500,000 ducati; onde essendo andati esattori regj per riscuotere denaro, furono ammazzati. Ivi è anco mancamento di fortezze, poichè non v'è altro che Civitella del Tronto, il castello dell'Aquila e Pescara ; queste due di non molto conto, ma la prima considerabile per la comodità del mare. Saria anco facile il penetrare da questa parte per l'adito del confine che lo rende facilissimo a esser invaso, e all'incontro non saria facile a' Spagnuoli il difenderlo per esser il confine un corso di 150 miglia, dalla marina di Giulia Nová costeggiando il regno fino a Gaeta; e questo lungo tratto non potria esser difeso, perchè le genti sariano astrette entrar alla custodia delle fortezze. Il Capitaneato e il contado di Molise sopportano malissimo volentieri il governo spagnuolo, e pur oggidi alcune città tengono nel cuore quell' insegna, che si vede anco in alcuni castelli memori del santo governo de' Veneziani. La Calabria non ha fortezze, ma alcune piazze che non potriano lungamente resistere. Quel poco di Principato e di Basilicata che è a marina, saria difficile da mantenere per la lontananza, e perchè per mare bisogneria navigar con tre venti senza potersi ricoverare in porto, e per terra non vi saria comodità, e l'acquisto d' una faciliteria l'impresa dell'altra provincia. Terra di lavoro è facile a esser invasa per la vicinanza dello stato ecclesiastico, il quale ha dato quasi sempre adito a quelli che sono venuti ad assalir il regno, sendo per il più stati chiamati da' pontefici.

Hanno gran timore gli Spagnuoli delle rivolte dei titolati e baroni, alle quali quando si aggiungesse un tumulto popolare, saria impossibile resistere; perciò i vicerè invigilano in separare gli animi de' baroni fra loro, e del popolare dal nobile, perchè non possono essere sedizioni dove sono discordie e disunioni, le quali cercano di fomentare per ogni via. Cosi

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