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la giustizia è sempre più espedita e favorevole al popolare che al nobile, e quelli sono ammessi di preferenza al governo civile e criminale insieme con Spagnuoli poveri. Sono tagliate l'ali ai signori Napoletani con gli ordini di corte e con l'esecuzioni dei viceré, i quali, quando un feudatario che ha debiti (che pochissimi sono senza) non ha figliuoli in capo di due o tre anni dopo maritato, subito assegnano governatori alle sue entrate, gli danno danari proporzionati a quelle e a'debiti, acciò con l'avanzo si paghino i creditori e a S. M. resti l'eredità libera da gravezze, come han fatto a questi giorni al conte di Santa Severina. Non sono dati ai nobili carichi importanti, nè è loro amministrata giustizia nelle liti, le quali vengono protratte in lungo diecine d'anni.

I Genovesi, già trent'anni, solevano avere negozio ordinario nel regno e qualche giurisdizione; ma ora vi sono più di duecento signori di quella nazione che hanno entrata di feudi per scudi 150,000 all'anno, avendo comprato quei feudi che han vassalli a cinque per cento, e gli altri che non ne hanno a sei, ed entrata di beni burgénsatici, che sono possessioni di case e livelli, per la somma di 900,000 scudi, acquistati da sette fino a dieci per cento. Hanno anco entrate sopra la vita a sedici e diciotto per cento; sì che in tutto si stima che abbiano entrata di un milione e 200,000 ducati. Tre sono che hanno aperto banco pubblico, oltre altri che sono nella città con fidejussione di 150,000 scudi; nei quali banchi ognuno mette ogni suo benchè minimo denaro, e come vogliono comprar qualche cosa, sebbene di pochissimo valore, fanno una piccola polizza al banchiero, che soddisfa il venditore; e questo serve loro anco per cauzione del pagamento. Riescono eccellentemente i Genovesi in questo negozio, che rende loro grandissimo utile, con il quale comprano feudi e si fanno titolati, che poi senza dubbio son molto più cari al re che gli altri, perchè non gli sono sospetti per altezza di spiriti, e servono alla disunione de' baroni del regno, e a far che il re tenga sempre maggiormente la città di Genova nella sua dipendenza colla minaccia di sospendere le entrate che hanno i suoi cittadini nel regno. Il principe Doria fra loro è il più ricco di

feudi, perchè ha due stati, quello di Melfi e quello di Tursi, con entrata di 25,000 scudi all' anno. Galeazzo Pinelli ha ancor lui 25,000 scudi d'entrata di feudi, e di burgensatici 15,000, oltre molti contanti. Vi è ancora il duca di Evoli, e poi quattro marchesi, sei baroni, e quattro altri che godono signorie nel regno.

Don Giovanni d'Austria, fratello naturale di S. M. Cattolica, fu a Napoli l'anno 1571 e 72 dopo la vittoria (1); fu molto amato dalla città e desiderato per re, la quale gli volle fare un donativo di 20,000 scudi, ma fu impedita dal cardinale Granvela, allora vicerè. Gli Spagnuoli perciò s' insospettirono, onde lo richiamarono in Spagna, di dove fu mandato in Fiandra. Ebbe in Napoli dalla signora Diana Falanga una figliuola chiamata Giovanna, che ora è nel monastero di Santa Chiara di Napoli, ove è servita da principessa, a cura del marchese di Grotola. È di costumi esemplari e di spirito elevatissimo, instrutta di molte scienze, ma in particolare di matematica e astrologia; ha composto la vita di S. Diego, e un confessionario, le quali opere ha inviato al re, che le ha aggradite con un ricco dono di denari. Si tiene che il re l'avrebbe maritata, se viveva papa Sisto, in don Michele Peretti, e che se venisse un papa che avesse nepote gliela daria facilmente.

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Le forze che il re ha nel regno sono fortezze, cavalleria e fanteria. Le città e terre con presidio, à mariną, sono, incominciando nel mar Tirreno dalla parte di Roma, Gaeta, città di 1664 fuochi, fortissima di sito dalla parte del mare, e di gran recinto, perchè abbraccia e serra dentro il monte detto d' Orlando, che soprastà alla città e castello. Verso terra è in penisola e patisce batteria dalla parte dei Capuccini. Per opinione di uomini da guerra, è più facile da essere espugnata di quello che molti credono. Vi stanno in presidio due compagnie spagnuole, e sessantotto fanti guardano il castello. Il re manda il capitano della terra, il vicerè elegge d'anno in anno il castellano, e un giudice che amministra giustizia. Alla

(4) Di Lepanto, riportata il 7 ottobre 1571.

APPENDICE.

13

ha

bocca del fiume Garigliano vi è una torre di niuna considerazione. Procida è una piccola isola che circonda sette miglia, e non più di tre miglia lontana dall'isola d'Ischia, che ne circonda 18. Ha questa la città inespugnabile con il suo castello, buone ville che rendono copia di frutti e di preziosi vini, ma non ha porto. Pozzuolo è città piccola, maravigliosa per la salubrità dell'aere, per i bagni e per le miniere di zolfo; è forte da mare perchè è sopra rocca, ma da terra non è di considerazione. Il castello di Baja sopra il porto è forte da mare ma non da terra, e vi stanno 48 soldati per presidio ; il porto è capacissimo di gran numero di vascelli, e ha due canali, per le secche che vi sono, nei quali quando soffia ostro e scirocco difficilmente si può entrare, perchè bisogna che le galee vi passino ad una ad una. L'isoletta di Nisida circonda un miglio e mezzo; ha un castelletto, che più tosto si può chiamar palazzotto, e abbonda di selvaticine. Trenta miglia lontano da Napoli vi è il capo delle Campanelle, e all' incontro l'isola di Capri, destinata a' relegati, di circuito di dodici miglia, senza porto e senza fortezza; ha una città dell' istesso nome dell'isola. Vi si fa due volte all' anno la caccia delle quaglie, che sono l'entrata del vescovo di quella diocesi. Si scorre poi la costa d'Amalfi, abitatissima e piena di città e terre, fino a Vietri. Salerno ha un castello di poco conto, e non ha porto. Palinuro ha porto per pochissimi vascelli. L' Amantea è forte, e vi sta un governatore con pochi soldati. Appresso questa è Tropea, forte di sito dalla parte di mare.

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S'entra poi nel Faro di Messina, e si trova la Catona con cintura di muro. Dopo è Reggio, città grossa, senza porto, e debolissima perchè è in pessimo sito. Resta a mano destra, venti miglia lontano dalla Sicilia, l'isola di Lipari, che gira dodici miglia; la città è riputata forte per natura; vi stanno alcune guardie, ma alla voce dell' armata turchesca vi si manda una compagnia spagnuola. Fu abbruciata da Barbarossa l'anno 1544, e riedificata da Carlo V. La fossa di S. Giovanni è porto capacissimo d'armata, abbondantissimo d'acqua e legne, lontano da Messina dieci miglia

e tre da Reggio, ed è luogo disabitato, onde è ricetto di corsari. Sono biasimati i vicerè perchè nou lo fortificano, ma è difficile l'assicurarlo, perchè la bocca è larga cinque miglia. Seguendo il cammino, si scopre Capo dell' Arme e Capo Spartivento, poi si costeggia la Calabria nel mar Ionio, nuda di porti, ma tutta abitata e ornata di città, terre e ville. Gerace è città lontana dal mare tre miglia, molto forte per natura, e se fosse aiutata dall' arte riusciria maravigliosa. La Roccella è al mare ed è forte per natura. Si trova dopo questa Capo di Stilo. Si gira poi il golfo di Squillaci, e appresso vi è Capo delle Castella, patria d'Occhiali (1). Vi è poi Cotrone, che ha un castello guardato da trenta fanti ; ha mandracchio, ma non porto, il quale se si accomodasse capirebbe trenta galee. L'Isola, città, e il Capo delle Colonne sono lontani cinque miglia da Cotrone, e ivi ricapita l'armata turchesca ogni volta che viene nel mar lonio, per la comodità di un ridosso che assicura alquanti vascelli, e per l'acqua. Viene ricordato di farvi una torre per levar tal comodità a' nemici. Segue il Capo dell' Alice e Strongoli e Cirò, che non sono terre forti. Si va poi a Rossano, città forte per natura ma senza presidio. Appresso si costeggia il golfo di Taranto, e vi è la città, tenuta forte, con un castello ove stanno trenta fanti, e nella città vi sta una compagnia di Spagnuoli. Dalla parte di Sant' Antonio, dove è il castello, è la sua maggior fortezza, ma dalla parte della cittadella è debolissima ad assalto terrestre. Non ha porto, ma cinque miglia lontano sono l'isole, dove può star grosso numero di vascelli in ridosso; vi è acqua in abbondanza, due miglia lontano da Taranto, che non si può vietare. Porto Cesareo è capace di trenta vascelli. Gallipoli è città forte, che entra in mare; non ha porto, ma un castello guardato da ventidue fanti ; nella città sta una compagnia spagnuola. Il porto di S. Giovanni è capace di trenta vascelli, e non molto discosto è Capo S. Maria. Dopo vien Castro, che fu distrutta da Occhiali. Otranto non ha porto, ha un castello con ventitrè fanti, e nella terra sta

(1) Celebre corsaro, intorno al quale veggasi la nota a pag. 328 del Tomo V della Serie 1.

una compagnia di Spagnuoli; non è forte, ma per qualche tempo si difenderebbe.

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Entrando nella riviera dell' Adriatico, vicino a Otranto, sono alcuni casali abitati da Greci e Albanesi, e si ritrova poi la torre di S. Cataldo, ove è un ridosso per pochi vascelli. In questo luogo molti vanno per caricar ogli ed altro per Venezia. Ventiquattro miglia lontano vi è la città di Brindisi, che ha due porti e vanno uno nell' altro; il primo è capacissimo e sicurissimo, ma assai interrato; ha un castello con ventiquattro fanti, e vi sono due altri castelli. L'uno chiamato l'Isola, è situato alla bocca del porto sopra un'isola, fortissimo per il sito, e guardato da quaranta fanti; si potria batter da terra, ma l'assalto saria difficilissimo essendo esso in mezzo al mare. L'altro castello, ch'è accanto alla città, è detto il Forte; da esso si passa per un ponte nell'Isola, e questo patisce batteria; un castellano ha carico di ambidue, Non voglio qui restar di dire un decreto che si legge, di un arcivescovo di Brindisi, fatto in onore della nobiltà veneziana, ed è che il giorno della Purificazione della Vergine si dovesse dare una candela di due libbre ai nobili veneziani che si ritrovassero in Brindisi in quel tempo, e se non vi erano nobili, la davano al viceconsole; questo costume fu levato solo già quattro anni. Monopoli è la prima terra della provincia di Bari, ed è in buon sito che si può difendere onoratamente. Polignano è atto a resistere solo a scorreria. Mola ha un castello piccolo ma forte. Giovenazzo non è forte. Bari è città grossa e mercantile con un bel castello; ha un poco di ridosso in mare, e s'è principiato un porto che si va continuando. Molfetta è di don Ferrante Gonzaga, piccola di recinto, ma ricchissima, e pienissima di abitatori ; si principiava ad aggrandire e mettere in fortezza. Bisceglia è terra ricca e di presidio, ma non forte. Trani è città grande, ma vuota d'abitatori; vi sta presidio di fanti spagnuoli; ha un bel porto, e se si nettasse saria di grandissima considerazione. Barletta non ha vescovo perchè fu ucciso dai cittadini; ha un castello che da molti vien tenuto forte, ma non è tale; in esso stanno trentasei fanti. Il fiume Lofanto entra in mare quattro miglia

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