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lontano e divide terra di Bari dalla Puglia. Manfredonia è la prima terra in Capitaneato; è poco abitata, di mal aere, e punto forte. Più innanzi, girato che s' ha il monte dell' Angelo, si trova Viesti, che è terra piccola e fu già abbruciata da Dragut. Nel lido vi sono molte terre, come Rodi e Campomarino. Costeggiando il mare, s'entra in Abruzzo, e prima s'incontra Termoli, poi il Vasto, San Vito e Ortona a mare con un castello fatto da madama d' Austria (1). Appresso si ritrova Francavilla e alcuni altri luoghi della qualità dei sopra detti. Pescara è fortezza mezzo miglio lontana dal mare, con cinque piccoli baluardi mal intesi e mal fabbricati, e se vi andasse, com'era il disegno, il fiume della Pescara nelle fosse, in poco tempo caderiano. La piazza è degli eredi del marchese di Pescara, ma il re vi manda un capitano e un sergente con cinquanta fanti. Poco lontano vi ê Giulianova, luogo di niuna considerazione. Il fiume Tronto è termine del regno con la Chiesa. In tutta la marina del regno vi sono 296 torri, ove ordinariamente stanno guardie per rispetto dei corsari.

Fra terra non è il regno così ben munito, come è alla marina, di terre forti. Nell' Abruzzo v'è Civitella del Tronto, dieci miglia dentro a' confini, posta sopra la schiena d'un colle, che a poco a poco s'innalza, ed ha all' incontro un picciol colle che le soprastà. La parte di lei più alta è difesa da una ripa molto erta, e dall'altra parte dove può esser battuta è fornita di fianchi e di baloardi. Nel castello stanno trentacinque Spagnuoli, e nella terra una compagnia. L' Aquila è città grossa, bella per i palazzi e le chiese, con castello non forte, ove stanno quaranta soldati; e nella terra una compagnia suol dimorarvi. In Terra d' Otranto vi è Lecce, popolata e grossa e bella città, ben murata con suoi baloardi, però piccoli, con sue fosse e castello, che non è forte, come nè anco è la terra; nel castello stanno cinquanta fanti. In Calabria vi è Cosenza, terra aperta, grande e ricca, che ha castello non forte. In Terra di lavoro vi è Capua, città sedici miglia lontana da Napoli, ben murata, con sue fosse e fian

(1) Margherita d'Austria moglie di Ottavio Farnese, la quale venuta ad abitare ne' suoi possessi di Abbruzzo, vi morì nel febbrajo 4586.

chi, però non è molto forte. Ha castello guardato da quaranta fanti, il quale non è forte. Dalla altra parte di Napoli, lontano dodici miglia, s' è principiato a fortificar la città di Nola, ma riesce molto imperfetta. Capua e Nola furono fortificate per difesa della città di Napoli, con disegno di tenervi in tempo di guerra grossi presidj, che scorressero dall' una altra, e serrassero quel passo e tratto di paese che resta fra correndo ogni città alla sua marina, cioè Capua fino al fiume che entra in mare a Castel di Volturno, e Nola alla marina di Castellamare; di modo che si verria a chiudere in un paese di più di cinquanta miglia quell' esercito che fosse all' espugnazione di Napoli. E questo è quanto conveniva dire delle città e fortezze del regno.

esse,

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La cavalleria è di tre sorte, di uomini d'arme, cavalli leggieri, e continui. Di tutte è generale il vicerè, e mastro di campo don Martino di Leyva. Le compagnie d' uomini d'arme sono sedici, cinque di Spagnuoli e undici d' Italiani; le spagnuole sono, una del vicerè, che è di cento lancie; quella del duca di Sessa, quella del principe di Sulmona, quella del signor Paolo Sforza, e quella del principe d'Ascoli, le quali sono tutte di cinquanta lancie, e i capitani han soldo di seicento ducati all'anno, eccetto il principe d'Ascoli, che ne ha ottocento, Le undici compagnie italiane hanno questi capitani; il contestabile Colonna, la cui compagnia è di ottanta lancie, il principe di Bisignano, il principe della Scalea, il principe di Caserta, il principe di Venosa, il duca di Urbino, il duca di Bovino, il duca di Seminara, il marchese Giovan Battista Doria, il signor Pirro Malvezzi e il signor Ascanio Pignatelli. Le loro compagnie sono di cinquanta lancie l'una, ma i capitani non hanno l'istesso piatto, perchè alcuni hanno ottocento e altri seicento ducati. Tutte sedici le compagnie sono 880 lancie, che danno di spesa ogni anno 124,763 ducati, compresa la ricompensa degli alloggiamenti d'inverno. Tutti i capitani sono obbligati far mostra di arme e cavalli; i luogotenenti devono tener armi di tutto pezzo, due corsieri e due addobbature; gli alfieri sono obbligati aver armi come i luogotenenti, un corsiere e due addobbature. Il contadore e tutti gli

uomini d'arme sono tenuti aver armi di tutto pezzo, un corsiere e una addobbatura. I capitani non possono cassar gli uomini d'arme se non dichiarano la causa, la quale ha da esser conosciuta dallo scrivano di ragione, che è sopraintendente della cavalleria e fanteria. Non può l'uomo d'arme vender il cavallo senza licenza del capitano sotto pena d'esser casso e perder il soldo. Al principio d'aprile la scrivania di ragione suol espedir le patenti, e divider una compagnia in due e tre terre vicine, ove stanno i cavalli per due mesi all'erba, ed esse terre sono obbligate dar sessanta rotoli d'erba per cavallo fra il giorno e la notte. H mese di giugno si fa la mostra, e con polizza dello scrivano di ragione le compagnie sono mandate a diverse terre, che non siano lontane dal mare più di quattro o sei miglia; le quali terre sono obbligate dare stanze, letti, stalle, strami ed utensili gratis. Sono anco gli uomini d'arme esenti dai dazj.

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Le compagnie ordinarie dei cavalli leggieri sono quattro, cioè di don Cesare d'Avalos, del duca di Gravina, del signor Carlo di Loffredo e del prior d'Ungheria; ognuna è di novanta celate. Queste compagnie costano al re, compresi gli alloggiamenti d'inverno, 38,696 ducati. Sono ancora nel regno trentaquattro compagnie di cavalli leggieri dette della nuova milizia, ordinate dal cardinal Granvela (1); ventitre sono di cento celate l'una, e undici, che stanno in terra d'Otranto, sono di cinquanta; onde il numero di questi cavalli è 2850. I capitani delle compagnie sono eletti dal vicerè, ed hanno assegnate le terre dove hanno da fare i soldati. Non possono scriver alcuno contro sua voglia, e i descritti sono tenuti aver le armi che hanno gli altri cavalli leggieri ordinarj; non hanno soldo, e godono la metà delle franchigie degli altri cavalli leggieri. L'anno 1582, fu provvisto che non potessero esser descritti in questa milizia quelli che avessero più di 500 ducati d'entrata, e quelli che passassero sessant'anni. Vi sono poi cento gentiluomini, cinquanta Spagnuoli e cinquanta Italiani, chiamati i continui (2) perchè sono obbligati alla guar

(1) II Granvela governò il Regno dall'aprile 1572 al luglio del 75.
(2) Veggasi addietro la nota a pag. 322.

dia di Sua Eccellenza, e non possono partire senza licenza. Sono obbligati tener armi di tutto pezzo e un cavallo. Il loro stipendio è di ducati 186 all'anno; cento e cinquanta sono partiti in tre rate, cioè ogni quattro mesi una rata, e ducati trentasei nel primo mese. Fra questi vi è un guidone o alfiere, eletto per privilegio dal re, che ha ducati trentasei di più degli altri. I ducati centocinquanta che si danno ad ognuno si cavano dalla dogana di Foggia, e i trentasei dai fuochi. Sono nominati tutti essi continui dal vicerè, e danno di spesa all'anno ducati 18,600. Vi sono anco due compagnie di Stradioti (1), che sono obbligati servire a tempo di guerra.

Il re ha due razze, una in Puglia, l'altra in Calabria. Governator di quella di Puglia è il marchese di Sant' Ermo, luogotenente del cavallerizzo maggiore del re; di quella di Calabria è governator il marchese di Briatico. Quella di Puglia aveva, l'anno 1596, animali 1830, e quella di Calabria 2340. Nella cavallerizza di Napoli se ne tengono ottanta e fin cento, fra cavalli fatti e poledri, i quali come sono fatti, di ordine di S. M., sono mandati in dono in Germania e Italia a'principi. I cavalli del regno riescono oltra i sette anni, sono di poco spirito, e non di quella qualità che il mondo stima. Sonvi, oltra quelle del re, infinite altre razze di baroni, ma non vi si trovano cavalli di quell'altezza che si soleva, perchè le cavalle sono applicate alla procreazione dei muli, dai quali si cava grandissimo guadagno, perchè in capo dell'anno si vendono sessanta ducati l'uno, dove i poledri si trattengono tre anni sopra la stalla. Non si estraggono dal regno cavalli se non con licenza del re e di S. E., e questo rare volte.

La fanteria spagnuola si chiama bisogni, perchè sono inesperti (2); si dice anco il terzo, perchè è tripartita in Sicilia, Napoli e Milano (3). Il terzo di Napoli è di ventinove compagnie, otto d'archibugieri, sedici di picchieri, e cinque che stanno nella città, assegnate una per sera alla guardia del

(4) Soldati a cavallo, Albanesi o Greci, primitivamente condotti in Italia dai Veneziani, conservando loro il nome medesimo di Stratioli che avevano nella loro patria.

(2) I bisogni son meglio definiti a pag. 487 del T. II della Serie II.
3 Anche questo è meglio detto a pag. 358 del Tomo V della Serie II.

palazzo del vicerè. Le altre stanno nei presidj e alloggiamenti per il regno, e cinque in Toscana (1). È maestro di campo di tutte don Luigi Henriquez. Gli archibugieri precedono i picchieri, e devono aver nove officiali, venticinque alabarde con corsaletti, venti moschetti, e cento quarantasei arcobusi, che compiono il numero di duecento. I picchieri, nove officiali, venti moschetti, novantatrè archibugieri, e ottanta corsaletti con picche. La paga di queste milizie è di due sorte, ordinaria e d'avvantaggio, e importa per ogni compagnia d'archibugieri 12,553 ducati, e di picchieri 12,236; sì che la spesa annua di tutte viene ad essere ducati 305,052 (2). Veramente il re spende il danaro, ma non vi è il numero de' soldati, perchè i ministri rubano, onde si giudica che siano 4000 circa.

I discendenti de' Spagnuoli, che si sono accasati, e banno lasciato famiglia nel regno, sono chiamati Giannizzeri. Costoro, venuti poverissimi e presto arricchitisi, hanno pronta espedizione nelle cause civili e criminali, facilmente scampano dalla morte, e non fanno caso dei peccati di gola, lussuria e superbia, chiamando i primi due cose naturali e il terzo buona creanza. Ha questa nazione quartiere, chiesa, giudici, privilegi e carceri separate, acciò resti affatto divisa dalla napoletana, che non la può vedere.

Il battaglione fu instituito dal duca d'Alcala per difendersi dall' armata turchesca, il quale ordinò che d'ogni cento fuochi fossero descritti cinque soldati, dai venticinque fino ai quarant'anni, che avessero almeno cento ducati d'entrata; che ogni.compagnia fosse di 300 fanti, e che l'armi gli fossero date dal re; cioè duecento archibugieri con morioni, e cento picche con corsaletti per compagnia ; e che quello che i soldati non adoperassero un anno fossero tenuti adoperar l' altro. Ordinò anco che, quando uscissero di casa per servir il re, fosse dato loro il soldo che si dava agli altri soldati italiani, che e quattro ducati per uno il mese, e lor fu anco concesso che godessero ordinariamente questi privilegj, di portar in ogni

1) Nei presidj di Orbetello, Talamone e Port' Ercole.

(2) Perché questa cifra totale sia vera bisogna dire che le cinque compagnie di guardia del palazzo costassero molto meno delle altre.

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