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tempo armi offensive e difensive, eccetto pugnale e arcobugietto, e che le loro case fossero franche d'alloggiamenti di soldati e d'ogni altro aggravio, mentre però fossero e stessero descritti. I capitani di queste compagnie sono eletti dal vicerè, e gli officiali dai capitani. A tempo del cardinal Granvela, l'anno 1575, erano fuochi nel regno 475,726, dai quali furono descritti 23,796 soldati.

Oltre di questi il re potria servirsi di gente forestiera, cioè Greca, Albanese e Schiavona, delle quali nazioni allora erano in regno fuochi 5747. Le stanze di questi sono, de' Greci la Calabria, e de' Schiavoni le provincie vicine all'Adriatico, ove sono casali intieri di queste nazioni. I Greci hanno chiesa in Napoli, e per ordine del consiglio collaterale fanno la pasqua alla latina, e osservano il calendario gregoriano. Gli Spagnuoli trattengono molti capitani greci, i quali soffiano nell' orecchie del vicerè speranze di gran progressi nella Morea e Albania con intelligenza de' Cimerioti e del loro patriarca Atanasio; e sebbene i vicerè pubblichino di non voler motivi in quelle provincie, i loro ministri però somministrano da Lecce e Otranto ogni favore.

Le forze marittime di questo regno non sono state in ogni tempo eguali; si sono armate al tempo del marchese di Santa Croce cinquanta galee, che dopo sono andate scemando, sì che l'anno 1585 furono solo ventotto, due tenute dalla corte (cioè la capitana e la patrona) e ventisei date a' particolari per tre anni, a soldo di 7800 ducati per una ogni anno; e si stimavano tutte di ducati 235,633 perchè le restituissero a tal valuta; ma riuscendone grandi inconvenienti, il re si risolvè ripigliarle, e nella restituzione, dopo sei anni, restarono i particolari debitori di ducati 93,919. Dal 1591 in qua hanno navigato tutte ventotto a spese di S. M. con interesse di 10,000 ducati l'anno per ognuna, e la capitana di ducati 14,519, perchè il generale ha di provvisione ducati 5760 all'anno. L'arsenale è di circuito d'un miglio con diciasette vôlti; quindici di questi capiscono ognuno tre galee. Il capo dell' arsenale ha titolo di maggiordomo. Oltra di questo vi sono quattro capi mastri; uno è il Castellano, bandito dalla serenissima Signoria

e questo ha 300 ducati l'anno; gli altri da ducati 120 in giù. Ogni galea è di ventisei banchi, dei quali vogano solo ventiquattro; e ba ognuna cento sessantaquattro galeotti; vi sono quattordici officiali; dodici marinari, sedici compagni e due mozzi. In arsenale ora si ritrovano tredici galee, che si potriano varar di breve. Di legname e altre cose ne sono poche, ma sempre di queste si potria aver copia dalla Calabria per cinquanta e più galee ancora. Vi è difficoltà in ciurmarle ; gli schiavi e condannati sono per la metà, nel resto si supplisce con buone voglie, che servono dalla metà d'aprile fino alla metà di novembre per due scudi il mese con il vitto, come hanno i marinari.

Quando gli Spagnuoli vogliono galeotti, costumano tener al molo una bandiera reale e una tavola, ove si danno dieci ducati a chi li vuole, con obbligo che l'uno giuochi a'dadi con l'altro il denaro del re; quello che perde resta con i ferri ai piedi, e l'altro restituisce il danaro del re, e si parte col guadagnato (1). Per supplir al molto bisogno di ciurme, la Vicaria è facilissima a condannar in galea, e così per cosa minima, anco di due ducati, come per caso importante, e così un meccanico come altro di onesta condizione, perchè è cosa certa che altrimenti non si potriano ciurmar più di trenta galee. Il re paga soldo a sedici galee genovesi a 7800 ducati l'una, con dar però gratis alcune tratte di grani. Potria, con sforzo, metterne insieme cento, cioè venti di Spagna, trenta di Napoli, quindici di Sicilia, sedici di Genova, tutte pagate, e poi sei della repubblica di Genova, quelle del Papa del duca di Fiorenza, del duca di Savoia e della religione di Malta, le quali sariano ottimamente fornite. I Napoletani non hanno navi, ma si servono di quindici o venti di Ragusei. Nel divider la preda si tiene quest' ordine se il vascello è di tre gabbie, è tutto del re; se non è tale, si stima il vascello e tutto il carico; se è presente il generalissimo o suo luogotenente, si cava la decima per suo conto; se sono lontani, se gli fa un presente detto la gioia, secondo la qualità del bottino;

(1) La stessa cosa abbiamo dal Ragazzoni nella sua Relazione di Sicilia, Serie II, T. V, p. 478.

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il resto viene partito in cinque parti, tre al generale, una ai capitani di galea, la quinta ai soldati e galeotti. Gli schiavi che si prendono sono del re, il quale dà in ricompensa a quelli che li hanno presi trenta ducati per ogni schiavo, e per i rais (capitani) cento ducati l'uno.

Ho avuto cognizione dell' entrate del regno ordinarie ed estraordinarie, perchè ho veduto il bilancio dell' anno 1594, che la regia camera della Sommaria ha mandato al re l'anno seguente; per il qual si vede che l'entrata ascende alla somma di 3,097,888 ducati cavata da 475,726 fuochi ordinarj, come ho detto, e da 5017 (1) fuochi estraordinarj di Greci, Schiavoni ed Albanesi, dalla dogana delle pecore di Puglia e Abruzzo, dalla regia dogana di Napoli, dalla dogana di Puglia, dalle gabelle della seta e del vino che si vende in Napoli, dalla nuova imposta del vino che si estrae dal regno, dalla nuova imposta dell' oglio e del ferro, dalla piazza maggiore per le ova, capretti ed uccellami, dalle carte, dalle quattro sbarre d'estrazione di grani per il regno, dal riparto d'infedeli (2), da investiture di baroni, da composizioni che si fanno alla Vicaria e regie udienze, da commissarj che inquisiscono contrabbandi, dalle razze di Puglia e di Calabria, da officj vendibili, da diverse entrate devolute alla corte, dai presidj di Toscana, e dal donativo del regno fatto ordinario.

La spesa del sopradetto anno all'incontro fu ducati 3,308,009. Queste spese si fanno nei salarj del vicerè, dei sette grandi officj del regno, dei dodici del consiglio di stato, dei tre reggenti in Napoli, del sacro consiglio, della sommaria, della vicaria, della scrivania di ragione, della tesoreria, della cancelleria del regno, della cappella regia, dei sette vicerè delle provincie, nei presidj, nelle razze e stalle, nello stipendio dei sedici lettori pubblici di Napoli, in quello del protomedico, di officiali in Napoli e per il regno, nel salario degl' ingegneri e corrieri, nello spender in carta e libri, nel pagar il censo a Roma, nelle provvisioni degli ambasciatori che risie

(1) A pag. 346 ha detto 5747.

(2) Non sappiamo se debba intendersi riparto, o porzione spettante al governo, delle prede fatte sugli infedeli, o incasso per confisca o condanne în materia religiosa.

dono in Roma e in Genova, e anco in altre parti d'Italia, nel salario del presidente del consiglio d'Italia, di due reggenti e altri ministri in Spagna, in elemosine per testamenti regj, nello stipendio delle milizie, nelle pensioni che si danno e nelle grazie concesse a diversi in vita, nelle fabbriche di torri a marina, negli assegnamenti fatti all' imperatore, al re di Polonia, alla duchessa di Savoja e duca d'Urbino, negl' interessi e censi, che è partita grossissima. Queste sono le spese ordinarie, ma molte sono anco le estraordinarie, cioè inviar gente e armate contra Turchi per difesa del regno, levar gente armata per altri pacsi, presentar cardinali in occasione di sede vacante, e in spie. Dicono gli Spagnuoli in proverbio che il re ogni cinque anni perdona a chi l'ha rubato. Il re dona profusamente ad ogni sgraziato e malcontento dei principi stranieri che ricorre a lui; ba donato in una sola volta al duca d'Alva 100,000 ducati; in quarantadue anni che regna ha speso 600 milioni d'oro e n'ha di debito 40. E siccome rarissime volte manda denaro di Spagna, i ministri suoi contrattano e concludono esorbitantissimi partiti, e pongono in esecuzione il ricordo del marchese del Vasto dato a Carlo V, cioè che dovesse vender i beni fiscali a'baroni per cavar loro il danaro e interessarli nel dominio spagnuolo; il che è stato così bene eseguito, che non c'è più che alienare; onde ora si provvedono danari sopra l'accrescimento dei fuochi che sperano ritrovare nella nuova enumerazione. Trattano anco di far libere terre del dominio di S. M. per supplire al pagamento dell' interesse annuo che il regno ha di quattordici milioni d'oro.

Il negozio di tutto il danaro passa per mano di due principalissimi officiali, lo scrivano di ragione e il tesoriere, instituiti da Alfonso I. Lo scrivano di ragione dà al tesoriere ordine dei pagamenti, in scrittura, che vien detta libranza; ha obbligo d'intervenire ad ogni mercato e contratto che si fa per servizio regio; in ogni fortezza del regno tiene uno che ha cura delle munizioni, e manda pagatori ove si paga milizia o altro; ha due sorte di ministri, scrivani e pagatori, posti in ufficio da lui; ha cinquanta ducati il mese e il diritto delle

scritture che si presentano e registrano, che può importare ducati 3000; ha luogo, ma non voto, nel consiglio di stato. Fu comprato quest' ufficio dal duca di Sant' Agata, che ora lo tiene, per ducati 60,000. Il tesoriere poi eseguisce quello che gli viene ordinato dallo scrivano di ragione; tutto il danaro sta in casa sua con tre chiavi tenute una dallo scrivano di ragione, l' altra da lui, la terza dalla corte. Oltra di questo, ha carico di riscuoter dai debitori, e di provvisione ha ducati 2000 all'anno; ha titolo di consiglier di stato, ma non vi entra se non quando si tratta di materie di danaro, e non ha voto.

Il re Roberto, nepote di Carlo d'Angiù, che regnò l'anno 1309, concesse alla nazione veneta che i suoi sudditi negozianti in regno, non solo avessero vantaggio nei pagamenti della dogana, ma d'alcune cose fossero esenti, ed avessero certe prerogative che i proprj regnicoli non hanno, e che le cause civili fossero espedite dai consoli o viceconsoli. Ma come che essi privilegj fossero confirmati dalla regina Giovanna I sua nepote, da Carlo III di Durazzo, da Ladislao nel 1410, da Giovanna II nel 1419, da Alfonso I d'Aragona nel 1443, da Ferrante I nel 1463 e 66, da Ferdinando cattolico nel 1507, da Giovanna III e da Carlo V suo figliuolo nel 1519, da Carlo V istesso l'anno 1529 con occasione della capitolazione di Bologna, e replicatamente con lettere dei 30 gennaio 1552, con tutto ciò venne in risoluzione la camera della sommaria di metter un ducato per salma nella tratta dell' oglio, detta la nuova imposta dell' oglio, che si cominciò pagare l'anno 1556, dalla quale gli Spagnuoli non hanno voluto che siano esenti nè anco i Veneti. E non solo hanno in questo violato i veneti privilegj, ma in moltissime altre cose; si che i sudditi della Serenissima Signoria sono quasi affatto spogliati di essi. È vero che non è stata dimandata la confirmazione di essi privilegj dopo la capitolazione di Bologna, ma non era necessario; perchè quando Carlo V convenne con la Serenissima Signoria, comandò al cardinal Pompeo Colonna, allora vicerè, che dovesse farli eseguire secondo la forma loro, restituendo tutte quelle prerogative che avanti godeva la Repubblica, la quale

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