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Savoia; e ciò per una grandissima fertilità, che somministra abbondantissimamente il vivere non solo agli abitanti, ma ai confinanti ancora. Disegna bene S. A. d' introdurvi i negozj ed i commercj, ma non si può supporre in essi buona riuscita, con tutta l'opportunità che hanno quei popoli della navigazione del Po, del mare di Nizza, e della vicinità della Francia, col mezzo delle quali grandissime comodità potrebbero non solo estrarre dalla Francia e dalla Germania ancora quelle cose che loro mancano, e per le quali sono astretti a ricorrere a Genova e in altre parti d'Italia, ma incamminare di più i traffichi ed i commercj delle sete e delle lane, che con meno spesa degli altri potrebbono cavare dalla Spagna e dalla Provenza.. E veramente non hanno quei popoli bisogno che dell'arte, avendo la natura supplito abbondantemente non solo nelle cose necessarie all' uso umano, ma abbondato ancora in - miniere così di ferro e di rame, come d'argento e d'oro.

Cava S. A., in tempo di pace, da' suoi stati intorno a 700,000 scudi d'entrata, gran somma certo rispetto a quella che aveva l'avo suo di 70,000 solamente, e che si è anco accresciuta in tempo di guerra fino ad un milione e mezzo d'oro, la quale si disegna di far passare in entrata ordinaria, se però potrà reggerla e sostentarla il paese consumato ed impoverito per modo, che le imposizioni ed esazioni eccedendo per molti le utilità delle rendite, si contenterebbero piuttosto di rinunziare il fondo delle loro entrate. Il modo in vero che hanno questi principi di provvedersi di danari, è grandemente ristretto, prima, per il mancamento ordinario che è di essi in tutto quel paese, causato dal non esservi negogj o traffichi di momento, e poi per non aver entrate di beni proprj e particolari, coll' assegnamento delle quali potere come gli altri trovarne ad interesse, e finalmente perchè quando anco ne avessero, essendo quegli stati sottoposti all' armi ed alle spesse rotture delle due corone confinanti, difficilmente si troveria chi volesse avventurare i suoi capitali sopra cose poste in tanti anfratti ed esposte a si frequenti fluttuazioni. E queste difficoltà si fanno anco in occasione di guerra tanto più grandi, quanto che convenendo, per le conseguenze di essa, andar

mancando il fondamento delle gravezze, che consiste nelle entrate de' particolari e nelle facoltà de' sudditi, vien loro levata quelle via che sola rimarrebbe di cavar denari. Si trovavano bene raccolte nella casa di Savoia molte gioie, col mezzo delle quali potevano e solevano nelle loro urgenze trovar danari; ma parte di queste sono state donate dalla splendidissima generosità del signor duca, e parte restano impegnate a Genova e a Milano. Il duca padre, vigilantissimo, e che molte volte aveva provato come fosse principale istrumento a tutte le cose l'opportunità del danaro, diede, subito tornato in stato, principio ad accumularne; e con tutte le spese che avea fatte per riparare ai danni e jatture patite, e per provvedere ancora ai pericoli che potevano nella medesima maniera succedere, lasciò alla sua morte 1,500,000 scudi; ma il signor duca presente tutti li ha spesi e profusi con grandissima liberalità.

Soleva il governo quasi in tutte le cose passare conforme a quello di Francia, del quale era esso un piccolo modello e ritratto; ma rimesso che fu il signor duca padre in stato, pretendendo che fossero stati legittimamente spogliati dei loro privilegj quei popoli che si erano lasciati spogliare del loro natural signore, volle, quasi in stato più tosto acquistato che ereditato, restringendo la libertà ai sudditi, assumere nel dominio suo più assoluta potestà. Levò quindi molte cose che avevano apparenza di governo più comune, come la convocazione degli stati, e alcune forme di vivere quasi libero che erano in diverse città, come in Asti, e lasciò solamente i senati di Torino e di Ciamberì. H governo di giustizia si tratta in questa maniera, che la prima instanza di tutte le cause così civili come criminali va ad un giudice, il quale o vien posto dal signor duca ovvero è feudatario; la seconda ai prefetti, che sono 14, sette in Piemonte e sette in Savoia; la terza al senato, e l'ultima a S. A, che la rimette poi all'istesso senato o al consiglio, capo del quale è il gran cancelliere, che serve di qua e di là da' monti con l'aiuto d'altri ministri a lui subordinati. Le cose poi di stato si terminano e si definiscono assolutamente per il parer solo del signor duca, il quale sebbene è solito di chiamare spesso il consiglio, oltre

che non vi intervengono sempre i medesimi, vien anche ciò fatto più per dare ai sudditi questa apparente soddisfazione, e a quelli che intervengono questa specie di onore, che perchè disegni S. A. di valersene. E se pure le occorre in qualche caso grave, e dove egli sia irresoluto, di ricevere il giudizio d'altri, non comunica mai ad un solo tutto il filo del negozio, ma dando parte ad uno d' una cosa e ad un altro di un'altra, raccoglie poi dalle opinioni di diversi un certo misto, conforme al quale risolve e dà forma alle sue deliberazioni, procedendo sopra tutte le cose con grandissima secretezza. Il che per poter far più facilmente, avendo per regola di vivere raccordatale da' medici introdotto di nutrirsi di dodici in dodici ore, che è quasi sempre verso il mezzogiorno e verso la mezzanotte, è solito di destinar queste ore appunto della notte ai negozj più importanti e più secreti; il che causa poi quella difficoltà che hanno gli ambasciatori di penetrare a tempo nelle risoluzioni che si fanno da quel principe, le quali egli accompagna con tanto silenzio e con tanta circospezione. Quando si trovava il signor duca di là da' monti, soleva governare l'Infante le cose di qua; adesso lo fa il consiglio, che è una mano di uomini parte appassionati per l'inclinazione che hanno a' Francesi, e parte interessati per le pensioni che ricevono da' Spagnuoli; il che convien permettere il signor duca per non mostrar diffidenza con gli Spagnuoli, sì come il duca padre permetteva che ricevessero anco provvisioni da' Francesi, per farsi a spese d' altri, come diceva lui, istrumenti confidenti con tutte due le parti.

Hanno i principi di Savoia preteso non solo precedenza con Firenze e superiorità sopra gli altri duchi d'Italia, ma il titolo di re ancora. Pretende il signor duca precedenza con Firenze per l'antichità del suo dominio, per la grandezza della sua casa, con la quale si sono sempre apparentati i maggiori potentati di Europa, e finalmente per lo stato che possiede, più amplo, più libero, di maggior opportunità, e che fu altre volte regno (1); e Firenze all'incontro, che prima gli dava dell'Altezza senz' esserne corrisposto, presume adesso

40 meglio, parte del regno d'Arles, che comprendeva la Savoja.

di volergli andar avanti per il titolo di Granduca, per la potenza dell'oro, e per il luogo che ha ottenuto sopra di lui dall'imperatore Massimiliano (1). Col resto dei duchi d'Italia hanno sempre quelli di Savoia avuta la superiorità come su principi molto inferiori di forze, e che non sono in effetto principi liberi, ma feudatarj, come Mantova e Modena dell'Imperio, Parma e Urbino della Chiesa. Con tutto questo voglion anch'essi al presente trattar con Savoia del pari, nè dargli dell'Altezza nè tenervi ambasciatori se il signor duca non fa l'istesso con loro; dal che nasce poi che poche volte o non mai si scrivano, che non si trattengano con ministri, e che anco passi fra di loro poco buona intelligenza. Con questa Serenissima Repubblica ha Savoia in altri tempi disputato di precedenza, e fa anco professione d' aver ottenute dal pontefice alcune dichiarazioni a suo favore, come so che disse un giorno S. A. al nunzio che resiede tuttavia appresso di lei. Hanno infine questi principi non solo preteso ma procurato il titolo di re. Il duca padre del presente disegnava questo accrescimento di dignità col mezzo d'una permuta che voleva fare cogli Spagnuoli del contado d'Asti e di Vercelli col regno di Sardegna; ma avendovi da poi fatta miglior considerazione sopra, si ritirò dalla proposta, avendo conosciuto che veniva con questa via a spogliar il Piemonte della frontiera sua contra lo stato di Milano, e ad investirsi d' un'isola di molta spesa, esposta alle continue depredazioni de' corsari, e facile ad esser rubata dai Turchi. Tentò poi il duca presente con maggior ardore il medesimo, volendosi valere del titolo di re di Cipro, come si deve benissimo ricordare quest' Eccellentissimo. Senato, e procurando dal pontefice l' udienza per i suoi ambasciatori nella sala dei re. E se, per essersi trovato in tanti disturbi, ha mortificate le sue speranze, non restano però estinte le sue pretensioni, anzi risorgeranno, quando sia tempo, tanto più vive quanto più represse saranno state tenutc. A queste cose tutte s'aggiungono alcune pretensioni che hanno i duchi di Savoia sopra stati posseduti da altri; delle

(1) Tutte cose delle quali è già stato discorso nelle precedenti Relazioni di Firenze e di Savoia.

quali pretermettendo quelle di Cipro, Gerusalemme, e Morea, e quelle del ducato di Borgogna, del contado di Richemond in Inghilterra (1), e anco della corona di Francia, mi fermerò solamente a considerar quelle che sono più vive e più vicine, e che potrebbero un giorno vedersi esercitate o colla ragione o colle armi.

Pretendono adunque sopra Albegna, Ventimiglia e altre terre di Liguria, siccome quelle che con volontaria dedizione si sottoposero già più di 300 anni a Tommaso conte di Savoia; e di più sopra Monaco, Mentone e Roccabruna, intorno alle quali differenze vive tuttavia un compromesso, fatto già venti anni nel serenissimo re Cattolico, il quale non ha però voluto devenir mai alla sentenza, per non dare con essa disgusto ad alcuna delle parti, e per tornarle conto che quelle terre stiano come sono nelle mani del signor di Monaco, che è a lui raccomandato. Senza di che credano pure le EE. VV. che sarebbono state già molto tempo decise da S. A. queste difficoltà col mezzo della forza, come, se non fosse stata la medesima protezione, avrebbe fatto ancora di Savona, che è stata altre volte nel dominio, de' suoi maggiori, e sopra la quale pretende e più che mai disegna. Pretende eziandio la casa di Savoia sopra il Monferrato per l'eredità d' una Paleologa detta Violante che fu maritata in, Aimone (2), e per la dote di essa di 100,000 scudi assicurata sopra le terre poste fra il Tanaro e il Po, che non è stata mai soddisfatta. Le quali pretensioni non hanno in effetto quei principi altro modo di esercitare che quello dell' industria, non potendo essi, se non con grandissimo disavvantaggio, trattar la via della ragione, e restando loro interdetta quella della forza aperta dagli Spagnuoli, tenendo i ministri di S. M. Cattolica in Italia,

(1) « La contea di Richemond e varj feudi, terre e mercati nelle contee di York, di Norfolk, di Suffolk, di Cambridge ed Herford, la baronia di Egle, il castello di Hastings e l'avvocazia di Fulbec in Inghilterra, furono ottenuti dalla casa di Savoia in varj tempi in premio dei servigi resi ad Arrigo III, marito della bella Eleonora di Provenza, una delle quattro figlie di Beatrice di Savoia ( sorella di Pietro II detto il piccolo Carlo Magno), che tutte portarono corona regia. Pietro visse molti anni in Inghilterra. Il suo palazzo a Londra chiamavasi ancora palazzo di Savoia quando fu demolito or son pochi anni. (CIBRARIO, Specchio cronologico della Monarchia di Savoia, Torino, 1855, p. 51, sotto l'anno 1246).

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2) Nel 1320.

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