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SECONDA RELAZIONE

DI

MARC' ANTONIO BARBARO

TORNATO

DA COSTANTINOPOLI

NEL 1573.

(Dal codice manoscritto della Libreria Correr, antico N.o 1024. Il titolo nel codice è: Scrittura data in Signoria dal cl. sig. Marc' Antonio Barbaro dopo la sua Relazione di Costantinopoli ).

AVVERTIMENTO

Marcantonio Barbaro, andato bailo a Costantinopoli nel 1568, e per la guerra di Cipro, sopravvenuta nel 69, rimastovi in ostaggio sino alle trattative di pace, che ebber luogo nel 73, reduce in patria nel detto anno, lesse in Senato la bella Relazione da noi pubbilicata nel Tomo I della Serie III.

Allora ci era ignoto che, dopo la Relazione d'uso, egli avesse esibita alla Signoria altra scrittura esclusivamente relativa ai maneggi della pace, della quale egli era stato principale negoziatore. E siamo lieti di poterla ora aggiungere alla nostra collezione, non solo come monumento singolarissimo di cosiffatte trattazioni in corte di Costantinopoli, ma come testimonianza del vigore con cui, in faccia al proprio governo, sostenevano i veneti senatori le loro ragioni; cosa che mal si argomenterebbe dalla forma cerimoniosa delle Relazioni ordinarie.

La presente scrittura si collega strettamente con quelle che, nei due primi volumi della Serie III, si riferiscono a quest' epoca memorabile, la quale si trova avventurosamente illustrata nella nostra raccolta con le Relazioni di tutti gl' inviati di diversa qualità che rappresentarono allora la Repubblica di Venezia a Costantinopoli; dei quali giovi riferire l'elenco;

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partecipe nelle trattative. 4573-4576 — » II, »

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Alle quali Relazioni è da aggiungersi quella, non meno notevole,

di Costantino Garzoni (T. I, p. 369), che fu uno dei gentiluomini veneziani che accompagnarono il Badoero.

Conoscendo io non meno da me medesimo, che da quello che le SS. VV. EE. mi hanno con la loro prudenza detto, quanto studio e pensiero si deve porre per penetrare con buona intelligenza le azioni turchesche, poichè quell' imperio è già salito a grandezza tale, che ha potuto far progressi così notabili nella Cristianità, per i quali si può ormai chiaramente conoscere che, trapassando più oltre, potrà metter il piede e farsi nido in queste parti, laonde saria ben scarso allora ogni rimedio per la nostra salute; e perchè non possiamo prendere più chiaro lume, per saperci meglio governare nelle azioni venture, che dalla vera cognizione delle cose passate, e massime di queste ultime così importanti e gravi, le quali per sei anni ho maneggiato; avendo perciò molte delle SS. VV. EE. fattami instanza che di questo io volessi ragionare, nè volendo io, per quanto appartiene al mio potere, mancare a questo loro buon desiderio; ho giudicato essere bene di farlo, e comincerò da qual causa sia stato mosso il Signor Turco a farci questa guerra.

È oggidì comune opinione e divulgata fra i Turchi, che ognuno dei loro imperatori sia tenuto, per obbligo di religione, di far qualche acquisto e segnalata impresa; la quale opinione più in essi è confirmata da quello che la loro buona e nostra cattiva sorte ha voluto pur che fin qui succeda.

Morto che fu adunque, l'anno 1566, sotto Sighetto in Ungheria, sultan Solimano imperatore dei Turchi, al quale successe Selim Il suo figliuolo, al presente loro imperatore, non è dubbio alcuno che immediate andò scoprendo più chiaramente quello che molto tempo prima si aveva concetto nell'animo, di voler far l'impresa di Cipro, sì come la Serenità Vostra ne fu più volte avvisata ed avvertita. Ma perchè, come molte volte occorre, vuole il mondo far diversi giudizj sopra avvisi tali, pareva che procrastinandosi questa espedizione, si confermasse più l'opinione di quelli che non temevano cosa tale, non sapendo essi le vere cause della tardanza. Delle quali, per non allargarmi molto, dirò solamente le principali, che sono le contrarie volontà, quasi sempre, di tutti i primi visiri alla guerra, per i loro particolari interessi, le quali sono già note alle SS. VV. EE., ed in particolare di Mehemet bassà (1), al presente primo visir; poichè, per la natura sua, non meno riservata che timida, gli pareva più sicuramente stabilire la propria grandezza e deprimere Piali e Mustafà bassà (2), emuli suoi, con l'impedir nuovi acquisti che fossero ad essi occasione, col mezzo della guerra, di aggrandirsi.

Si valse Mehemet bassà, per ottenere questo intento, della natura del Gran Signore invero assai misera ed avara, proponendogli il grande apparecchio e la gran spesa che fare si doveva in tale impresa, soggiungendo che vi bisognava anco tempo per far le debite provvisioni per una espedizione così importante; e con questi e con altri mezzi si studiava d'intrattenere l'esecuzione.

Dall' altro canto Piali bassà, generale dell' armata, e assai favorito dal Gran Signore, il quale, con tutto che sia uomo di debole ingegno, era però eccitato a più acuti pensieri da

(1) Mehemel Socolli, rinnegato ungarese. Intorno a questo celebre personaggio, che servì consecutivamente a tre sultani, e che morì assassinato l'11 settembre 1579, veggasi la Relazione dello stesso Barbaro, e le altre, precedenti, contemporanee e posteriori a quest'epoca, contenute nei tre volumi della Serie III, alle quali il lettore dovrà spesso riferirsi, come abbiam detto nell' Avvertimento.

(2) Rinnegati ungaresi anche questi. Di essi pure è copiosamente discorso nelle citate Relazioni della Serie III.

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