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sconderle, tenne modo di darmele nelle mani, e tutte le mandai agli eccellentissimi signori capi.

Tralascierò di dire in questo proposito molte altre cose ch' egli ha confidate meco; dirò nondimeno che non vi è uomo della nostra nazione ch' egli, con il consiglio e con le buone opere, non abbia favorito ed avvisato, ponendosi per questo a molti pericoli manifesti; e son anco tenuto di dire che, in sei anni che ha praticato meco, non ho potuto veder cosa che mi abbia scandalizzato nè della sua bontà, nè della sua diligenza. Che se altri con giudicj e con pensieri pieni di sospetto, senza addurre alcun fondamento degno di considerazione, vogliono piuttosto pendere al male che al bene, io per me non ho natura tale, nè voglio senza veruna causa perdere gli amici, nè riconoscere con tanta ingratitudine quelli che per tanto tempo si sono affaticati in servizio di questo Dominio, e tanto maggiormente quanto che la necessità ci sforza per l'avvenire a valerci dell'opera sua. Torno a dire di necessità non si potendo far altrimenti; perchè quando anco questo soggetto fosse tale quale altri dimostrano di tenerlo, siamo tanto maggiormente sforzati a coprire profondamente ogni sospetto che potessimo avere, perchè lo scoprirlo non sarebbe altro che procurarsi un male sicuro. Ma io per me non mi reputo uomo tanto leggiero, che avendo potuto considerare tante azioni fatte da lui, dove egli ha posto tante volte la vita a manifesto pericolo, non abbia anco, in capo di tanto tempo, potuto accorgermi del suo male procedere, come altri vogliono, mossi forse da quel giudizio che si suol fare quando i successi delle cose non hanno il desiderato fine, e massime quando ci pare, scaricandoci noi, lasciar il peso sopra le spalle altrui. Ma lasciamo di grazia queste cose, e ritorniamo al nostro proposito.

- Partito il Ragazzoni, procedendo le cose della guerra sinistramente per la perdita di Famagosta (1) e per tanti altri danni in Golfo e fuori causati per la tardità degli Spagnoli, pur piacque al Signor Iddio, oltre ogni comune aspettazione,

4, 5 agosto 4574. Fu in quell'incontro che l'eroico difensore della fortezza, Marc' Antonio Bragadino, fu scorticato vivo per ordine di Mustafa.

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concederci quella sempre celebrata vittoria (1), della quale, e delle cose suddette, qui non tocca a me di parlare.

Ma ritornando al negozio di Costantinopoli, dico che più che mai il bassà mi tentava col mezzo di Rabi acciocchè s'introducesse il negozio; ed essendo già andato il Gran Signore in Adrianopoli, vi andò anco poi Rabi Salamone, per occasione di far certo lattuario alla sultana moglie di Mehemet bassà (2). E mentre allora tanto più apertamente si allargava in voler la pace, occorsero due occasioni che vi posero impedimento. La prima fu che gli emuli del bassà cercarono imprimere nell'animo del Gran Signore che Rabi Salomone fosse stato mandato da me in Adrianopoli per questa trattazione con ogni pressa al bassà, e questo per relazione di uno Ali bei, allora entrato dragomanno grande in loco de' Janus bei, con il quale il bassà si era pur allargato di trattar con Rabi Salomone. Per la qual cosa fu una notte levato di casa (3), non senza suo grandissimo timore e pericolo, e condotto nel serraglio del Gran Signore, dove fu minutamente interrogato di quello che esso era venuto a fare in Adrianopoli, discendendo a molti altri particolari, che allora io scrissi, i quali tutti tendevano a scoprire se il bassà avesse meco intelligenza, e se io gli avessi dato alcuna quantità di denari, come si ragionava. Le quali interrogazioni gli furono fatte da Cicala (4) alla presenza di Amat bassà (5) nell' anticamera del Gran Signore, il quale dietro una gelosia stava ascoltando il tutto. Fu in questo ragionamento il detto Rabi ora spaventato ora persuaso destramente che parlasse liberamente; ma egli si portò in modo che non fece danno ad alcuno. Diede egli subito conto al bassà secretamente di quanto era succeduto; il quale estremamente

(1) Delle Curzolari, o di Lepanto, vinta dall' armata collegata di Venezia, Spagna e Roma il dì 7 ottobre 1571. Comandava le galee di Spagna don Giovanni d'Austria, generale di tutta l'armata; quelle di Venezia Sebastiano Veniero, che poi fu assunto doge nel 1577; quelle di Roma Marc' Antonio Colonna.

(2) Mehemet pascià aveva per moglie una figlia di Sultan Selim.

(3) S' intenda Rabi Salomone.

(4) Rinnegato genovese, che sali ai più alti gradi dell'Impero Ottomano. Di

lui parlano lungamente le Relazioni di questa Serie III.

(5) Ahmed pascià succedette poi nel gran veziriato a Mehemet pascià,

sebben

per poco, essendo venuto a morte nel maggio 1580.

si dolse di quello che era accaduto a detto Rabi, rammaricandosi fino alle lacrime quanto fosse da' suoi emuli perseguitato, sì come anco molte volte ha fatto meco con molta afflizione dell' animo suo.

In quei medesimi giorni morì d'improvviso Ali bei dragomanno, che io ho nominato di sopra, e col mezzo del dottore fu introdotto per dragomanno grande Ali bei presente dragomanno, e il bassà di nuovo riattaccò ragionamento con Rabi Salomone, dimostrando l'animo suo volto alla pace; e già era entrato a dargli ordine di parlar meco, quando in quel tempo giunse la nuova della venuta di monsignor d' Alix (1) a Costantinopoli, con voce certa ch'egli avesse commissione di trattar la pace; che fu l'altra occasione d'impedimento, che ho di sopra accennata. Perchè a quella nuova, Mehemet bassà tornò a sospendere la pratica, e licenziò Rabi Salomone, dicendo che voleva aspettar d'intendere quello che apportasse monsignor di Alix, parendogli di poter trattare con maggior avvantaggio quando egli parlasse, non come promotore, ma come ricercato.

Questo fu di non picciolo pregiudizio nostro, perchè tardando monsignor di Alix a giungere, impedì il procedere del bassà più avanti; il quale allora ritrovandosi confuso per la rotta dell'armata, e per il timore di quello che potesse succedere, si sarebbe lasciato andare a proponere buone e gloriose condizioni per noi. E sia certa la S. V. che se allora la mi avesse data commissione, non dico di venir a conclusione di pace, ma di potermi trattener seco con qualche trattazione, siccome a me pareva sicuro e prudente partito, io avrei allora ridotto le cose a termine tale, che avrebbero portato somma gloria ed utile a questo Serenissimo Dominio; poichè al bassà, desideroso di trattazione, era sempre aperta la porta di parlare pubblicamente al Gran Signore dello stato nel quale si ritrovavano le cose di quell' Imperio, con aggrandire sempre maggiormente le provvisioni nostre e dissimulare il timore c la debolezza de' cristiani nel proceder loro, che ben mostrava

1 Ambasciatore di Francia.

non sapersi essi valere di quel frutto che ragionevolmente dovevano ritrarre da una tanta vittoria acquistata.

Giunse finalmente monsignor d'Alix, e col primo negozio delle cose sue cominciò a dare così cattivo odore, che quando poi voleva parlare delle cose di V. S. aveva poco credito; il quale affatto perdè, quando richiesto dal bassà se aveva ordine o commissione da V. S. di trattare negozio di pace, rispose di no. Allora il bassà disse che quando i Veneziani dimandassero la pace col mezzo del suo re, l'avrebbero con oneste condizioni, e di questo modo tagliò la pratica con l'ambasciatore, e poco dopo tornò a tentarmi col mezzo di Rabi Salomone per introdurre qualche ragionamento, sì come molte volte in quei tempi io scrissi per diverse mani di lettere mic, alle quali non parve mai alla S. V., nè anco per mio avvertimento e consolazione, darmi veruna intenzione dell'animo suo. Cosa in vero della quale niun'altra poteva portarmi maggior travaglio, non sapendo io qual partito mi dovessi prendere, essendo stato, come ho detto, trenta mesi senza veder lettere sue e senza lume alcuno. Pure andai sempre trattenendomi col bassà, dimostrando quanto a me, con animo grato, ogni buona inclinazione alla pace, alla quale dicevo però di non aver modo di ridurre la S. V., perchè quella si sentiva troppo gravemente offesa per l'ingiustizia fattale di rompergli la guerra, e per i tanti danni ricevuti, e per le tante eccessive spese cui era stata sforzata; dimostrando così quanto a me buona disposizione, ma quanto alla S. V. esser necessario, per disponerla, proporre condizioni oneste. Di questo modo cercavo con dignità far inclinare il bassà a partiti utili ed onorati per la S. V. Ma conoscendo egli che io stavo sopra termini, non potendo io procedere più avanti, poichè non parve mai alla S. V. di darmi alcun aiuto, nè anco per mia consolazione, e poi sopraggiungendo le nuove della così lunga tardanza (1), ed anco di non volersi di nuovo congiungere per quell' anno l'armata della lega; tutte queste cose andavano innalzando le speranze e gli animi de' Turchi, ed abbassando in estremo le cose nostre. Pure in quegli stessi giorni

(1) Intendi: nelle operazioni dei collegati.

le speranze turchesche ritornarono a indebolirsi assai, quando intesero che l'armata della S. V. tanto arditamente procurò d'affrontarsi, e allora più che mai si riscaldò la pratica; e se io avessi avuto ordine dalla S. V. di poter venire a qualche particolarità, si deve credere che il bassà avrebbe ridotto il Gran Signore alle condizioni che io andavo tuttavia accennando. Pur, non volendo io per ciò disbracciare il negozio affatto, da un canto trattenevo il bassà, e dall' altro mi sforzavo di dar occasione alla Serenità Vostra di commettermi quello che fosse di suo benefizio.

Ma tornando le cose all' ordinario, e procedendo gli affari della lega di giorno in giorno con termini tali che più non si potea sperarne alcun bene, poichè sopra tutte le altre occasioni si lasciò perdere quella di poter acquistare così numerosa armata ristretta e all' ultimo estremo ridotta (1), restando ormai il Turco sicuro d'ogni paura, ciò diede occasione al bassà di scacciare quei noiosi pensieri che tanto l'avevano tenuto oppresso, e d'innalzarsi a partiti più utili per il Gran Signore. Con tutto ciò, tanto era l'animo suo inclinato alla pace, che anco quando si furono ridotte le cose della lega ad una chiarissima condizione che non si poteva più sperare di essa frutto alcuno che buono fosse, e V. S. si risolvè di darmi ordine che io trattassi la pace, il bassà vi attese, ma non già in quel modo che prima avrebbe fatto. E così entrai a far il primo ragionamento di composizione, e per non scoprir al mondo questo negozio di pace, lo introdussi sotto pretesto di trattazione di schiavi; ed è stato cosa mirabile che da' Turchi fosse tenuto secreto negozio tale, e tanto tempo. In questo primo ragionamento m' indussi finalmente a dire che per prima condizione si conveniva restituir Cipro.

Non voglio qui entrare a narrar le molte parole passate in questa trattazione per non tediare le SS. VV. EE., tutto che io potessi dimostrare con quanta riputazione io procedessi,

(1) Nel settembre del 1572, essendo la flotta turca riparata a Modone, e la collegata in grado di attaccarla con ogni probabilità di buon successo. parve a don Giovanni d'Austria e al Colonna imprudenza il tentare l'impresa; onde non solo non aderirono all'invito dei Veneziani, ma ritiraronsi a Corfù colle loro galee. Allora la Repubblica si determinò finalmente a trattare di pace.

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