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fa essere di aere più temperato e più salubre, causa ancora traffichi con tutte le parti del mondo, dove vanno e donde vengono una infinità di comodità; nè è cosa insomma che l'uomo potesse desiderare, che con denari e pazienza non si trovasse in Parigi. Di modo che possiamo dire con verità, che se ben la Spagna è più grande, e per l' Indie più copiosa d'oro e d'argento, l'Italia più popolata e più industriosa, l' Ungheria e la Polonia incomparabilmente più fertili, quando fossero coltivate, la Germania nel generale più bellicosa, più ampla e più spaziosa; tuttavia, poste tutte queste cose insieme, non vi è alcuna di loro che si possa uguagliare alla Francia, quando fosse nel suo primo fiore, come si deve pur sperar in Dio che abbia ad esser un giorno.

Con tutto questo se i gentiluomini, avendo scemate le entrate, ed essendo aggravati di debiti incredibilmente, volessero usar prudenza nel governarsi, senza dubbio, per le comodità che hanno di vivere con ogni avvantaggio, potriano sperar di rifarsi, se non in tutto, in una gran parte per il manco; perchè stando per ordinario essi fuori nei loro castelli, sono così bene accomodati, che, senza metter mano alla borsa, potriano sostentarsi del loro. Perchè non vi è alcuno di essi quasi che non abbia il bosco per legne, i campi per la biada e per le uve, i giardini per i frutti, tutti con belle ed ampie strade coperte di verdi fronde per passeggiare, la garena (1) per le lepri e per i conigli, boschi e barchi per altra sorte d'animali, la campagna per le caccie, la colombara per i colombi, una bassa corte, che noi dimandiamo cortino, per altri pollami, lo stagno per il pesce, e finalmente i pascoli per molti animali grossi e minuti, e castrati particolarmente, i quali, per la qualità delle erbe che mangiano e per l'aere che spirano, sono in quel paese molto più saporiti che non è il vitello d'assai, e per questo costano anco tanto che sono a quattro soldi e mezzo del sole la libbra, che sono intorno a dieci soldi dei nostri; in modo che, nascendo loro il tutto in casa, poca è la spesa che dovriano fare. Tut

(4) Garenne spazio campestre appropriato al migliore allevamento dei conigli e delle lepri.

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tavia, quando vengono alla corte, gettano via in una settimana quello che avranno accumulato in un anno; e questo è fatto con tanta profusione e prodigalità, che se avessero per fine di dover mangiare e dissipare tutto il loro innanzi che morissero, e il morir fosse loro prefisso in capo agli otto giorni, non potriano far d'avvantaggio; in maniera che quasi sempre sono senza un soldo, onde tra loro è nato il proverbio che quando uno non ha danari, gli dicono che ha il mal francese. Da questo avviene che quando vogliono giuocare insieme o a carte o a dadi o alla racchetta, il che è frequentissimo, fra di loro, non si crederiano d' un solo quattrino, e se non hanno denari, giocano i ferrajoli, i drappi che hanno intorno, e fino i cavalli; e sebbene venisse a basso il cielo di pioggia e di neve, conviene il perdente andarsene a casa in giubba o in camicia, e gli altri se ne ridono. E questo è così ordinario e consueto, che si fa tra i principi ancora, come l'ho veduto a far io, e col re istesso, al quale in questo caso non si dà più credito che agli altri; il che molte volte è causa che andranno al campo cavalieri, e poi in breve spazio si ritroveranno fanti a piedi. Con tutto ciò queste cose sono fatte da loro con tanta ilarità e gajetà di core, come essi dicono, che a punto pare che il fatto non sia il loro, verificandosi in loro eccellentemente quel detto, il quale dice tre esser le nazioni che vivono con tre tempi; la spagnuola con il passato, l'italiana con il futuro, e la francese con il presente: e in effetto è così, perchè essi non pensano più innanzi di quello che hanno davanti agli occhi. Onde nasce, oltre al detto di sopra, l' imperfezione di tante fortezze, perchè non sapendosi mai risolver a far cosa alcuna se non portati dalla necessità e cacciati dal pericolo, quello cessato, non vi si pensa più, come se non avesse da ritornare mai; e però molte sono principiate, e nessuna fornita. E da quello che io dico in quest'azione tanto pubblica e tanto importante, și può argomentare del resto.

Non ha la Francia miniere d'oro nè d'argento di considerazione; ci sono bene nella Guascogna alcuni piccoli fiumicelli, che portano nell' arena dell'oro, ma è cosa di poco rilievo, e le sue miniere sono le produzioni del suolo, con la

soprabondanza delle quali, portate alle nazioni esterne, ne riportano i loro tesori ; e dirò questo solo, che nei buoni tempi la Borgogna solamente faceva 800,000 tonelli di vino, che a 6 scudi l'uno, mettendolo al manco prezzo, non che a 15 e 20 come è stato a mio tempo, ne cavava 4,800,000 scudi. La Normandia, di canape e tele, ne espediva in Spagna per più di due milioni d'oro, oltre il traffico grande che fa con l'isola di S. Domenico, che è di gran quantità di tesoro. La Linguadoca, de' pastelli (1) solamente, fa meglio d'un milion d'oro; e tutte l'altre provincie poi altre cose in proporzione.

Ora io passerò a parlare della forma politica e del governo, che è quello che dà l'essere e il moto a tutto il corpo e siccome in questa parte dalle guerre civili sono state fatte le piaghe più mortali che nell'altra, così ancora in essa al presente restano più che mai vive le cicatrici, e rimarranno ancora nell'avvenire, se infine Sua Maestà, con ottimo e salutar consiglio, non anderà pensando di rimediarvi. Al che, quanto più si eccitano le confusioni e i disordini, altrettanto è essa ritardata dal potervi rimediare perfettamente; anzi, avendo sempre dubitato di far peggio, se n'è fino a quest'ora

astenuta.

E dirò prima, per più perfetta dichiarazione dell' argomento, come i re di Francia siano ab antiquo chiamati figliuoli primogeniti della Chiesa, e distinti col titolo di Cristianissimi (2); il quale hanno ottenuto non già per privilegj d'altri, come alcuni falsamente credono, ma per un'antica consuetudine, contro la quale non si può allegar memoria; e ciò meritamente, perchè non è regno nel mondo dove i re siano stati più religiosi che in quello, e segno ne danno le tante chiese fabbricate da loro così nobili e così belle, che non hanno le pari nella cristianità, i tanti monasteri così egregi e così eccellenti, dei quali quel regno per ogni parte è pienissimo, e le tante ricchezze ch' essi hanno loro date. Dal che nasce che avendole, si può dire, quasi fondate e dotate tutte, sopra di

(1) Pianta le cui foglie danno il colore blu, del quale si faceva tanto uso prima della introduzione dell' indaco.

(2) Luigi XI fu il primo re di Francia al quale Roma riconoscesse il titolo di Cristianissimo.

esse, come sopra loro juspatronati, abbiano in ogni tempo conservate molte belle prerogative ed autorità, come di metter decime al clero senza licenza dei pontefici, imponergli gravezze universali e particolari a difesa, comodità ed ornamento del regno (tuttochè, conforme alle costituzioni di Alessandro IV e di Bonifacio VIII registrate nei canoni, per l'editto del fu re, nel 1579, sia poi stato fatto esente); di aver certi regali, come di nominar un canonico in ciascuna chiesa o monastero che avessero fondato (che poi fu esteso ad aver un primo canonicato vacante in ciascun capitolo di tutto il regno, subito dopo l'avvenimento alla corona, per il giocondo introito, come dicono, di Sua Maestà); di poter disponer di tutti i frutti e di tutte le prebende, dignità e beneficj non curanti, quovismodo vacanti, di tutti gli arcivescovati e vescovati di Francia, per quel tempo che mancano del loro pastore o vacano per morte, o perchè il prelato sia stato eletto al patriarcato o al cardinalato; e questo fino a tanto che il successore eletto abbia fatto il solito giuramento di omaggio nelle mani del re, e dagli ufficiali gli sia lasciato intiero il possesso del vescovato.

Godevan anco i re di Francia tutti i frutti dei benefizj vacanti che sono a loro nominazione, fino alla nominazione del successore, e che avesse preso l'intiero possesso del benefizio; ma poi per l'editto del fu re, nel 1579, furono applicati alla riparazione delle chiese, monasteri e conventi, e al trattenimento e nutritura de' poveri, ed altre opere di pietà, conoscendosi in effetto che era contro i canoni, e particolarmente contro il concilio di Lione tenuto da Gregorio X. In Normandia tiene anco il re autorità di nominar in tutti i juspatronati vacanti che sono in lite tra particolari, sino all' intiera decisione della causa, o che vachino mentre i patroni sono minori, come anco si costuma in Danimarca, Scozia e Inghilterra; e i frutti loro, battute le spese per il trattenimento necessario delle chiese, sono di Sua Maestà. Gode appresso in alcune di esse certe prebende, tutto che siano cose clericali, come in San Marco di Poitiers, nelle chiese di Mans, Angers e altre; e quando il re è presente, ha le di

stribuzioni come gl'altri. È primo canonico in Nostra Dama di Parigi, e in San Giovanni di Lione; e quello che è più, tutti i presidenti, ogni consigliere che di nuovo entra nel parlamento, tutti i mastri delle richieste, il cancelliere, i notari civili e criminali, e i quattro segretarj della corte di Parigi, hanno, dicono per privilegio di Paolo III, dato nel 1538, facoltà di nominar uno ad ogni benefizio primo vacante, che sia alla collazione così dei vescovi come degli abbati, purchè sia persona idonea ed approvata dai sacri canoni. È vero che in queste spettanze ci sono degli abusi e delle mercanzie assai, come qui da noi. Possono, oltre questo, i re in ciascun benefizio elettivo e conventuale, dove sono monaci, metter per frate laico, che noi diressimo converso, un soldato vecchio o stroppiato, al quale, non volendo esso star nel monastero o convento, sono tenuti dare trenta franchi all'anno ; sono però da questo esenti i priorati elettivi e i monasterj dei Celestini e Certosini.

L'elezione degli arcivescovi, vescovi, abbati e priori conventuali, e veramente elettivi, soleva altre volte esser fatta dai capitoli, e la confermazione si prendeva dal re, secondo la ragione comune e la dichiarazione del concilio di Basilea, ricevuta poi da Carlo VII con alcune limitazioni in un sinodo tenuto nel 1438 da tutti i prelati del suo regno a Bourges, la quale si domanda la pragmatica sanzione. E però i capitoli non solevano mai venir all' elezione del successore, che non facessero prima intender al re la morte del predecessore, e non prendessero licenza del loco e tempo dove si volevano adunare per eleggerlo. Da questa forma nasceva, che se bene vi intervenisse qualche volta alcun disordine, però per il più fossero elette persone idonee e sufficienti per dottrina e per virtù, e che il regno ogni giorno più fiorisse d'uomini di santa vita e di singolar erudizione e edificazione. Ma essendosi di poi a Bologna fatto il concordato di Leon X pontefice con Francesco I, nel 1515, che fu anco confirmato dal concilio Lateranense, restò stabilito che gli uomini andassero a Roma a prender le bolle dei beneficj, rimanendo i capitoli spogliati della elezione ed investiti i re stessi della nominazione, che

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