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era in fine per loro il cambiare un privilegio minore in uno maggiore; in modo che si può dire con verità, i re adesso esser quelli che nominano tutti e li confermano, perchè i nominati sono sempre confermati, e quando non volessero i papi confermarli, non manca il modo ai nominati di star al possesso, eziandio contro la volontà dei pontefici, essendo infiniti i sutterfugj e le cautele, che possono avere ed usare per via dei loro consigli e parlamenti, i quali sempre, a dritto o a torto, sotto pretesto dei loro privilegj e consuetudini, combattono volentieri l'autorità de' pontefici. Questo disordine fu benissimo veduto dal re Francesco I fin quando fu stabilito il concordato, perchè disse allora ridendo al papa, che avevano trovato una bella via per andare tutti due a casa del diavolo; e in effetto, essendo il re presso a morte, è fama che dicesse al re Enrico suo figliuolo, che non aveva cosa della quale tenesse più gravata la sua coscienza, che di aver levata la elezione ai capitoli, e essersi caricato della nominazione.

Con tutto questo il presente pontefice Clemente VIII, nell' assoluzione data al re, ha ancora voluto che il concordato sia fermo, benchè meglio forse saria stato, quando s' avesse potuto, far riddur le cose in materia dell'elezione com'erano anticamente, con qualch' altra regolazione, come anche molte volte i sinodi dei prelati tenuti in Francia l'hanno ricercato, e come anco fu determinato per l'assemblea dei tre stati tenuti in Orleans l'anno 71; perchè in effetto s'è conosciuto per esperienza, che da questa nominazione dei re, sebben regolata nel concordato, ma sregolata nell'esecuzione, sono nati tutti gli abusi e disordini del clero, lo scandalo e mal esempio nel popolo, la rovina e desolazione del regno e della religione istessa. Onde sotto il fu re si trovarono 35 diocesi, in Linguadoca e Guienna, che per non residenza de' vescovi, e per mancamento d'altri ch' erano provveduti in titolo, si stelte un anno senza poter far la cresima, talchè bisognò che l'andassero, con infelicissimo augurio, a prender fin di là dai Pirenei in Spagna. E delle tre parti delle chiese, due erano nelle quali il divin servizio era del tutto lasciato e abbando

nato; e quando venne il legato in Francia (1), sette arcivescovati erano senza pastore, e dei vescovati i più erano del tutto sprovveduti de' titolari, e negli altri v'erano de' confidenziarj, economi e simili, e l'entrate eran godute da donne, da soldati, da eretici e altra gente di simil qualità, oltre a molti, che, se ben vescovi, vi erano però venuti per vie illecite. Tralascio il dir dell' altra sorte di benefizj, come abbadie, delle quali l'anno 96, solamente in 25 diocesi, 120 non avevano punto abate, e quelli che portavano il nome non erano provveduti legittimamente, oltre ad un gran numero, che senza aver avuto la confermazione da Roma, ma solo la nominazione dal re, erano entrati al possesso temporale de' benefizj, fondati sopra un canone del concilio Lateranense fatto sotto Innocenzo III, e si erano anco ingeriti nelle amministrazioni delle cose spirituali, dando dimissioni, dispense, scomuniche e cose tali, che appartengono solamente a coloro che sono legittimamente investiti e canonicamente provveduti.

E quello che forse è anco più considerabile, e manco facile da risolvere, è che sonvi moltissimi benefizj, i quali furono distribuiti dal duca di Umena, come luogotenente (2), dei quali i nominati hanno avuta la confermazione da Roma, e pagate le annate, che per altro non li possedono, ma sono attualmente goduti dai nominati dal re, senz'altra confermazione; che è punto difficilissimo da risolvere. È vero che nei beneficj posti dentro i paesi compresi nel concordato, non si può negar che il re non abbia ragion di farlo, per esser questi riservati alla sua nominazione, la quale come cosa personale non si poteva estender nè a luogotenenti nè ad altri, come anco mi ha confessato più d' una volta il Legato ; ma in

(1) Il cardinale Alessandro de' Medici, arcivescovo di Firenze, poi papa per pochi giorni, nel 1605, sotto nome di Leone XI, mandato da Clemente VIII in qualità di legato a latere in Francia. Giunse a Parigi nell'agosto del 1596.

(2) II duca di Mayenne (veggasi addietro a pag. 35 n. 3), fratello del duca e del cardinale di Guisa fatti uccidere da Enrico III nel decembre 1588, dichiaratosi capo della Lega, aveva assunto il titolo di luogotenente generale del regno. Tenne testa ad Enrico IV, e dentro e fuori di Parigi, sino al 1596, nel qual anno si sottomise, ottenendo il primo dei governatorati, quello dell' Isola di Francia.

quelle provincie che sono, com' essi dicono, in partibus obbedientiæ, e che non sono comprese in esso concordato, com'è la Bretagna, Provenza e Lorena, le cose dovriano proceder per altro verso. In queste solevano bene i pontefici dar i benefizj concistoriali a gratificazione dei re, ma non per particolar indulto che avessero; tuttavolta non andando, per occasion della guerra, i buoni servitori di S. M. più a Roma per l'espedizione delle bolle, e per la confirmazione dei benefizj, il re senz'altro, e senza aver potuto far riconoscer per vero vicario di Cristo e legittimo successore di San Pietro il sommo pontefice, ha in ogni tempo e indifferentemente disposto anco di questi; e il simile anco è stato fatto a Roma in gratificazione del duca di Umena; si che quasi tutti i vacati allora in queste provincie si trovano provveduti di due persone. E sebbene a tutte queste cose, in quanto ha potuto, abbia apportato molti rimedj il Legato, restano e resteranno tuttavia ancora infiniti abusi e disordini, 'a' quali può solo rimediare Dio stesso, il tempo e la buona volontà del re, e non altri. E questo è proceduto non tanto perchè i re avessero amato questi inconvenienti così notabili e così pregiudiciali al loro stato, quanto perchè le grandi e quasi continue guerre, dalle quali già tant'anni sono stati tormentati, li hanno posti in necessità di proceder di questa maniera; perchè dovendo premiar molti che li avevano bene e fedelmente serviti, nè potendo supplir col loro, furono astretti di voltarsi a quello d'altri e prender quel delle chiese; e però si cominciarono a dare non a chi più meritava per santità di vita o per sufficienza di virtù, com'è chiaramente espresso nel concordato, ma a chi aveva servito in guerra il suo re; e in cambio di dar un benefizio ad un sacerdote letterato e religioso, s'è data la nominazione per il più ad un laico irregolare, ignorante e scandaloso. Questi poi danno il titolo ad un povero e semplice sacerdote, il quale sarà confidenziario, o custodi nos, ch'essi dicono, o economo, cose tutte abborrite e detestate per tanti canoni e tanti decreti, ed essi ne tirano le entrate, che è il primo e principale intento nel posseder i benefizj oggidì, sccondo la corrutela dei tempi presenti. E di questi se ne fa

pubblica mercanzia senz' alcun riguardo nè di Dio nè della religione, come di qualunque altra sorte di merci, perchè si danno in dote, si obbligano, si permutano ad altri in vita del possidente per pratiche e per favori, si vendono, si comprano, ed in fine sopra di loro si commette tra' particolari ogni sorte di esecrabile e abbominevole simonia. E quello che è orribile a pensare, non che a dirlo, i brevetti, cioè l' autorità di nominare, che è data dai re ai particolari, si sono in questi torbidi giuocati alle carte, e se ne son dati e venduti anco senza rispetto ai medesimi eretici, come quelli che più li pagano, e manco hanno rispetto ai sacri canoni e all'autorità dei pontefici. E il disordine era trascorso tanto innanzi, che si davano i brevetti, e si trasferiva l'autorità del nominar ai vescovati e alle abbadie, nelle dame di corte e nelle favorite, tutto che queste cose siano state affatto abolite dagli stati tenuti a Blois; e non solo così si trasferivano le nomine maschili, ma anche quelle delle abbadie delle monache, mettendo le favorite chi più a loro piacesse per abbadesse, e sarà stata talvolta una lor figliuola o parente, che per avventura non aveva dieci o dodici anni, come pur io ne ho veduta qualcuna.

E questa forma di nominazione nell'abbadie delle monache è tenuta dai re indifferentemente in tutte, da alcune poche in fuori, se ben queste non siano veramente comprese nel concordato. Fu detto ciò a Francesco I da qualcuno, ma egli rispose che quando papa Leone si parti, domandandogli esso il medesimo per le monache, gli disse nell' orecchia che nella clausula delle monache intendeva anco aver concesso per esse. È vero però che i papi, conoscendo questo disordine, nè volendo romper con i re, quand'è venuta simile occasione, si sono si contentati di dar l'abbadie alle nominate a gratificazione dei re, ma a condizione che fossero elette dalla maggiore o più sana parte del capitolo; ma in effetto in questo vi sono dei disordini assai, perchè sempre le monache, portate o dal timore o dalla speranza, o spinte dall' amore o dall'odio, hanno eletto quelle che sono state proposte dai re; e se pur qualche volta non l'hanno volute eleggere, ha però pre

APPENDICE.

12

valso la nominazione dei re; come a mio tempo è avvenuto, che essendo venuta in concorso un' abbadessa eletta dalle monache di Sant' Antonio del Campo, vicino a mezzo miglio a Parigi, la qual'era dell' istesso monastero de' Cistercensi, che aveva anco avuto la confermazione dal papa, con un'altra nominata dal re dell' ordine de' Domenicani di quelle di Poissy, il gran consiglio di S. M. terminò a favor di questa contro quell' altra, ed anco entrò al possesso senz' aspettar altra confermazione da Roma. E così per queste vie ben spesso s'è posto una monaca d' un ordine abbadessa in un convento d'un altro ordine, dal che sono nate senza dubbio tante dissoluzioni e licenze, che il risanar al presente questa infermità, fatta ormai così vecchia, fracida, intisichita, sarà sempre più miracolo di Dio, che virtù e prudenza degli uomini, sebbene in effetto S. M. in questo merita grandissima laude, che vi mette più pensiero di quello che abbiano fatto alcuni de' suoi predecessori. E certo se le guerre e le discordie fossero continuate più a lungo, i disordini senza dubbio sarebbono maggiormente cresciuti e moltiplicati. Da queste cose tutte è necessario concludere, nessun' altra cosa poter far più facilmente spiegar l'insegne della religione cristiana nel mezzo del campo di tanti disordini e inconvenienti, che una tranquilla e sicura pace, nella quale restando libera la volontà del re possa sempre a questa parte apportare notabilissimi beneficj. Ora passerò a parlare delle altre membra che formano e costituiscono la polizia di un tanto regno, e che sono come istromenti che gli danno la forza e il movimento.

Gli antichi re non godevano il regno come si fa al presente, ma a nome loro era retto dai duchi e conti. I conti comandavano alle città particolari, e i duchi alle provincie; ogni dodici conti avevano sopra di sè un duca, e tutti i duchi obbedivano al duca di Francia, il quale per esser superiore a tutti s'intitolava Maire du Palais.

Questi duchi erano ordinati nelle provincie per conservarle in pace e riposo così contro i sudditi turbolenti e sediziosi, come contro i nemici forastieri che disegnassero di travagliar il regno. La loro particolar cura era di tener le for

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