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per eccesso che meriti anco che gli sia levata la vita. Ha S. M. tentato diverse volte di far abbatter queste cittadelle; ma però finora non l'ha potuto ottenere se non di poche, e con molta difficoltà, come fu a Roano l'anno passato, e al presente l' ha anco fatto a Romans.

Che questi disordini nascano dalle cose sopranarrate si vede particolarmente nel signor di Beleno (Belin), il quale era luogotenente in Piccardia per il re; che se ben aveva reso Ardres (1) così vilmente ai nemici, senza aspettar pur un colpo di cannone, e contro il consenso di tutti i suoi, e che per questo ognuno credesse che con levargli S. M. la carica gli dovesse anco levar la vita; tuttavia, essendo a suo particolar governo la fortezza di Ham, e avendovi cacciato dentro un suo nepote, che n'era luogotenente, dubitandosi il re, se castigasse lo zio, che costui dasse la piazza a' Spagnuoli, fu necessitato sospendere il pubblicar la sentenza dei marescialli, ed in fine, come per accomodamento, fare che esso Beleno rinunciasse la carica al sig. di San Luc per il prezzo di 30,000 scudi, e dargli anco tal dichiarazione che potesse esser salvo il suo onore. E quello che ho detto di questo si può intendere di tutti gli altri, sì che non è meraviglia poi se non potendo il re, per le necessità nelle quali si trova, premiar i meriti, nè castigar i mancamenti per i rispetti sopranarrati, ogni giorno più si vadano moltiplicando le confusioni e i disordini.

Oltre a questi governatori, sono anche per le provincie costituiti i baglivi e siniscalchi, i quali hanno cura, quando S. M. lo ordina, di unire le forze della loro giurisdizione, e condurle dov' ella comanda, e particolarmente la nobiltà. La quale era in antico tenuta solo per trenta giorni all'anno servir a sue proprie spese, e anco fino ad ottanta, quando il bisogno lo richiedesse, che poi dopo fu accresciuto fino a tre mesi intieri, senza metter in conto nè l'andare nè il ritorno; e ciò s'intende dentro del regno per cacciare e perseguitare l'inimico che fosse venuto ad assaltarlo, come fu ordinato particolarmente dal re Enrico II nel 1557. E questo è in virtù

(1) II 23 maggio 1596.

delle investiture dei loro feudi e delle antiche istituzioni del regno. È ben vero che l'esser i gentiluomini obbligati a tempo solamente senza poter esser astretti d'avvantaggio, nè concedendo le miserie de' tempi il modo per altra maniera di trattenerli, ha causato molte volte nel servizio di S. M moltissimi disservizi; perchè quand' essi, nel tempo mio, sono stati per il termine assegnato, quello fornito, hanno voluto anco partire, dal che è successo che gli eserciti siano stati sempre pieni di gente che andava e che veniva al campo. Così si faceva grave e insopportabile l'oppressione del popolo per dove passavano, il re era malissimo servito, e quello che importa più, nel bel mezzo dell' imprese, per mancamento del denaro e della nobiltà, è stato necessitato molte volte d'abbandonarle, come successe nella Franca Contea l'anno 95.

Questa fu in effetto una guerra, che aveva più della scorreria che della guerra reale, perchè sebbene S. M. avesse seco un grande e forbito esercito, non però vi erano l'altre provvisioni necessarie, come artiglierie ed altre monizioni; dal che nacque che non potesse attaccar piazza di momento, e se qualcuna pagò pur le taglie, come fu Besanzone, fu più per salvare dal guasto il paese, che per timor che avesse delle forze del re che la potessero assaltare. E fu tale il patimento dei francesi in quella provincia che ricompensò di molto il danno che inferirono ai nemici; perchè dai soli disagi morirono più di 300 gentiluomini, e meglio di 3000 soldati, oltre ad un numero infinito di lachè, servitori, corrieri e altri, de'quali non si tien conto. I quali non così presto sbandavansi dal campo erano assaltati ed ammazzati dai paesani, che si erano ritirati dentro i boschi, di dove infestavano tutte le strade. Tralascio di raccontare la carestia incredibile di tutte le cose, e di pane particolarmente, perchè essendo a questo fine stali rotti tutti i molini dai nemici, uno scudo del sole di pane ben tristo difficilmente faceva al giorno le spese ad una persona; e si è trovato molte volte che per foraggiare un cavallo, sono stati necessitati a darne un altro per contraccambio. Si che non fu manco meraviglia se la nobiltà, che è in tutte le sue azioni, e massime in quella dello spendere, mal regolata c APPENDICE.

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povera al presente, non vi potesse star oltre il tempo determinato per i suoi feudi.

L'ordine de' quali feudi è oggi anch'esso molto alterato da quella ben ordinata instituzione che da principio fu stabilita. Perchè venuti i feudatarj nel progresso de' tempi in necessità d'impegnare e di vendere le signorie, nè essendo altri che avessero denari nel regno che gl'ignobili e quelli del terzo stato, che da loro sono chiamati roturieri, e massime i parigini, ottenne la nobiltà la permissione, che allora si chiamò grazia, di poter devenire a queste alienazioni. Ma la licenza è poi passata in abuso, e la grazia in disgrazia, perchè continuandosi più che mai in vender, alienar ed obbligar i feudi a questi, che non possono per la loro qualità prestar il dovuto servizio, sono ridotti i nobili abbienti in così poco numero, che quando oggi in Francia s potesse metter insieme 15,000 cavalli di gentiluomini, è comune opinione che saria quel più che si potesse fare, e forse non vi arriveriano. E questo dico quando il regno si ritrovasse in fiore, e non così al disotto com'è al presente. In maniera che, per questa via, si va la nobiltà annichilando e gl'ignobili dilatando; e se le cose continuano così troppo più a lungo, quelli pareranno gl' ignobili e roturieri, e questi si potranno dir gentiluomini e signori, se ben in effetto un roturiere non sarà mai nobile per aver comprato un feudo, come anco fu stabilito negli stati di Blois nel 1579, se non sarà gentiluomo di razza, o non avrà sopra questo particolari lettere dei re, come hanno i parigini. E se ben qualche nobile, che ha avuta carica o comandamento sopra qualche piazza, o sopra qualche reggimento di frontiera, o qualche compagnia di cavalleria, si sia avanzato ed arricchito, è molto maggiore senza comparazione il numero di coloro che si sono impoveriti; e in fine il grasso tutto, non altrimenti da quel che è solito esser fatto dalle gran pioggie, è stato da questo tempestoso e impetuoso nembo delle agitazioni civili portato dall'alto nel terzo e più basso stato. Perchè stando gli uomini di questa sorte nelle città e terre forti, né essendo stati così esposti all'avidità e rapacità de' ministri, nè alla rabbia e insaziabilità de' soldati, hanno avuto largo

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campo di correr la lancia della loro fortuna sopra i beni della nobiltà, e impossessarsi dei loro feudi, sotto titolo di pegni o di livelli, e anco di vendite assolute. E il peggio è che avendo, per le continue guerre, e per il buon servizio, prestato a S. M., avuto la nobiltà ogni giorno i nemici sopra i suoi beni, senza poterne cavare alcun frutto, è anco stata necessitata di pagar quasi tutti i livelli ai creditori, tuttochè abbia il re, con il suo consiglio, accordata la liberazione di tutti i debiti contratti, durante i presenti torbidi, per occasione di frutti decorsi dall'anno 88 fino al 93. Che sebbene ogni ragione divina ed umana volesse che tal grazia avesse luogo, il parlamento però non la volle approvare che per un terzo, con condizione appresso, che gli altri due terzi si dovessero pagare nei cinque anni prossimi venturi, ogni anno la rata, il che diede da strepitar assai; e questo nacque per esser la maggior parte di quei del parlamento del numero dei creditori. Dal che si può concludere, non essere il peggiore nè il più pernicioso consiglio che quello degli uomini interessati ed appassionati.

Così resta la nobiltà debitrice d'una gran quantità di tesoro, e a liberarsene sarà sempre per sua natura pochissimo atta di farlo, se non con accrescer usure, o con vender. il resto dei beni che le sono avanzati, che in fine non è altro che fare il fatto dei borghesi con sua totale distruzione e rovina, e tener vivo un eccitamento di qualche strana e fastidiosa sollevazione per quel regno. Questo causa anco che essendo al presente la nobiltà, e i principi ancora, per la maggior parte, senza alcun credito, se vuole alcuno di essi far provvisione di denari, non trova chi gli presti se non a gravissimi interessi, che talvolta, a far bene il conto, arrivano a 30 per cento; e in Parigi vi sono infiniti sensali in questo proposito, i quali senza palesare il nome di chi dà il denaro sopra gioie, argento ed altro di gran valuta, fanno di questi traffichi; e spesso anche occorre che, morto il sensale, conviene al gentiluomo perdere i suoi pegni perchè non sa manco a chi siano stati dati; e quelli che li hanno sono di così buona coscienza, che sebben sanno il padrone, non si curano di restituirli.

Nonpertanto, con tutto che la nobiltà resti per tanti modi abbattuta ed indebolita, con tutto ciò ella è stata quella che, a dispetto dei popoli ribelli e delle città contumaci, ha conservato la corona in capo al re e nella real casa di Borbone, e S. M. spessissimo lo dice e lo predica; perchè essendo venuta, come si sa, al regno senza regno, senza denari, e trovando il tutto rovinato e distrutto, essa a sue proprie spese l'ha sempre difesa, seguitata e mantenuta. Dal che nacque poi, vedendosi aver consumato tutto il suo per difesa della corona, che, parte portata dal bisogno, e parte eccitata dal merito che pretende aver acquistato, il quale in effetto è grandissimo, non v'abbia cosa, per notabile ch'ella si sia, che non speri, e sperando non pretenda dalla M. S.; e se poi pretendendola e dimandandola non la possono molte volte ottenere, o sia per le necessità del re e per la povertà del regno, o per quei rispetti che muovono i principi savj al dar o non dar una cosa più all'uno che all'altro, si sentono querele e lamentazioni fastidiosissime fra di loro. E senza dubbio al presente, parte per questo, e parte per altre cause che anderò di passo in passo considerando, si ritrova nel regno un grandissimo numero di gentiluomini, e di quelli istessi che sono stati maggiori e più svicerati servitori del re, che restano malissimo soddisfatti, i quali, se si suscitasse qualche nuovo partito, arditamente vi salterebbono dentro, come grandemente si temeva se Amiens non si fosse ricuperato (1). E mentre continueranno i disgusti tra S. M. e il conte di Soisson (2) starà anco sempre aperta una porta molto comoda ai nemici di quel regno per aspirare, come sempre hanno fatto, a travagliarlo. Si aggiunge a questo il veder quelli che sono stati del partito della lega, per essersi accordati con il re con molti avvantaggi, restar per la maggior parte ricchi o comodi per il manco, ed essi all' incontro, vissuti nell' obbedienza e fedeltà debita, ritrovarsi o spogliati del tutto, o con poca cosa;

(1) Amiens, capitale allora della Piccardia, fu presa dagli Spagnuoli nel 97, ma nello stesso anno recuperata da Enrico IV, e così frenati i loro successi, che potevano dar luogo a grandi commovimenti nell'interno del regno.

(2) Carlo di Borbone principe del sangue, del quale il Duodo fa parola più innanzi nel descrivere i membri della famiglia realc.

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