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ri di stato, e non di rado seguitavano a proprie spese gl'inviati della Repubblica presso le varie corti; talchè quando a loro volta erano eletti all'ufficio di ambasciatore non eran nuove per loro le attribuzioni, le costumanze e le difficoltà stesse del grado, onde in loro il novizzo non appariva, e fino dai primi passi si vedevan procedere del pari coi più astuti e consumati negoziatori delle altre nazioni. La sapienza del senato educava gli ambasciatori, e questi a lor volta mantenevano ed arricchivano il patrimonio dei loro institutori (1).

Queste cose premesse, è ovvio l' immaginare a qual grado di perfezione dovesser giungere i veneti senatori nell'arte di distendere le Relazioni, e come a giusto titolo dovesser queste salire in fama appresso l'universale non appena, per le circostanze che più innanzi avvertiremo, cominciarono ad esser fatte di ragion pubblica. Scrittori reputatissimi, le cui parole non debbono esser da noi preterite, hanno, nel corso dei tre ultimi secoli, testimoniato della loro importanza; ma qui ci piace, a maggiore illustrazione dell' argomento, anticipare il giudizio di un giudice competentissimo, il commendatore Alfredo Reumont, che noi ricordiamo con riverenza ed affetto fra coloro il cui nome più strettamente si collega al fatto stesso della presente pubblicazione. Il quale nella sua opera sulla diplomazia italiana, che non è certo l'ultima fra le molte che gli hanno meritato la bella fama di eruditissimo illustratore della nostra storia, e che in modo non meno instruttivo che dilettevole ci addentra nella cognizione di tutto quanto si riferiva all'ufficio degli

(1) Delle qualità di un ambasciatore veneto trattò Michele Soriano in una scrittura data in luce in Venezia nel 1856 dal chiarissimo Emmanuele Cicogna, il cui nome abbiamo avuto luogo più volte di celebrare nel corso di questa nostra fatica, alla quale ha pur egli sovvenuto con ogni maniera di schiarimenti ogni qualvolta abbiamo avuto ricorso a quella fonte viva ed nesauribile di veneta erudizione.

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ambasciatori dei diversi stati d'Italia, in quella parte che risguarda i Veneziani, così si esprime intorno ai pregi delle loro Relazioni:

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Qual dovizia di politica sapienza, di giudizj in « materie di stato, e di svariate cognizioni sia conte«nuta in cotesti scritti, potrà particolarmente compren« dersi da chi legga le descrizioni delle qualità di Car«<lo V, e delle intricate vicende politiche e religiose del « tempo suo, fatte da Gaspero Contarini e Bernardo Navagero; le relazioni della corte e del paese di <«< Francia negli ultimi anni del regno di Francesco I, e « sotto i suoi successori che videro divampare sì lunga « guerra civile; il quadro della condizione singolare del« l'Inghilterra negli anni in cui il cattolicismo ed il pro«<testantismo si disputavano la vittoria; l'esposizione « del reggimento civile e militare degli Ottomani, che «nessuno esaminava più sottilmente dei Veneziani, ai quali tanto importava la esatta notizia delle forze « esterne ed interne della Turchia. Superfluo sarebbe « poi l'encomiare i profondi giudizj sulle vicende ita«liane, su gli stati Piemontesi, che sotto il governo di « Emanuele Filiberto, dopo lungo decadimento, col nuo«vo assetto fecero vittoriosa prova delle restaurate loro « forze; sopra Firenze negli ultimi giorni della Repub<«blica e sotto i primi Medicei, che ridussero a monar«< chia ciò che non era se non un agglomerato di Comuni « con leggi ed interessi spesso contrarj; sopra Napoli, « sotto i vicerè Spagnuoli e nei tempi del maggiore svolgimento del pernicioso loro sistema; sulle piccole corti di principi, la cui politica indipendenza si an « dava spegnendo; finalmente sulla corte di Roma in « un'epoca luminosissima per la storia della Chiesa, « della cui stupenda operosità porgono ampie testimo« nianze quelle mirabili Relazioni, che per numero, per

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gravità, per evidenza, per acutezza e ricchezza di ri<< tratti personali, vanno anteposte a tutte le altre. Mediante la cognizione e l'uso più generale di codeste scritture s' infuse un nuovo spirito, una vita « nuova nella moderna istoriografia. Molte false interpretazioni, molti motivi reconditi, molte particolarità « non abbastanza apprezzate, e che servono a qualifi«< care individui ed avvenimenti, collo studio di queste « vennero corretti, schiariti, illustrati, e posti nella vera « e propria luce. Con queste sole Relazioni non si po« trà scrivere la storia, non trovandosi in esse una esposizione ordinata degli avvenimenti politici, e meno << ancora il racconto delle imprese militari, quantunque « vi si accenni sovente; ma per la conoscenza delle « persone e delle circostanze sono pressocchè innarriva« bili. Nell' aprire i volumi che le contengono si crederebbe di entrare in una quadreria ove tutto viva e « ci parli. Avvegnacchè in quella guisa che i grandi « ritrattisti veneziani del secolo XVI, Tiziano, Paris Bordone, Paolo Veronese, Giambatista Moroni, spi« ravano vita alle tele, ora facendoci ravvisare nei loro « ritratti quasi l'insieme di una vita operosa ed ono« rata, ora ritraendone con robusto e rapido pennello qualche singolare momento; non altrimenti gli ambasciatori veneziani ritrassero le fattezze e l'indole dei maggiori contemporanei con tale naturalezza e pene«trazione da non potersi desiderare di meglio (1).

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Malgrado le precauzioni e i divieti, ai quali abbiamo accennato, con cui cercò la Repubblica di tenere secreti questi documenti, la fama. della loro im

(1) Della Diplomazia Italiana ec. Firenze, 1857, p. 77-79. Opera deltata in italiana favella dall'illustre alemanno, il quale a buon dritto ha conseguito il raro onore fra gli stranieri di seder membro del tribunale di nostra lingua, l'Accademia della Crusca in Firenze.

portanza incominciò, sulla metà del sedicesimo secolo, a divulgarsi per guisa, che la curiosità dei principi e degli uomini politici fu stimolata a procurarsene la cognizione; e qual si fossero i mezzi da loro adoperati al conseguimento di questo fine, certa cosa è che ben presto cominciarono a correr copie d' alcuni appunto fra i più rimarchevoli, che resero in breve universale l' ammirazione per questi monumenti della sapienza politica dei Veneziani.

Alla divulgazione di cosiffatte scritture incominciata col mezzo degli amanuensi, non tardò guari a tener dietro la stampa di talune di esse (come pur ora saremo per indicare partitamente), che promosse ognor più il favorevole giudizio dei pubblicisti, e preparò di lunga mano il trionfo, possiamo dire, che nel campo delle storiche discipline hanno oggi finalmente conseguito le Relazioni dei Veneti Ambasciatori.

Non ena chiuso ancora il secolo decimosesto, nella seconda metà del quale avevano, come abbiam detto, incominciato ad essere conosciute, che già Scipione Ammirato, ne suoi Discorsi sopra Tacito, enumerando fra le cose necessarie a ben governare la conoscenza degli altri principati, scriveva: « A ciò i Veneziani hanno più <«< che altra nazione trovata presta e spedita la via, «< avendo gli ambasciatori ch'essi mandano a' potentati « del mondo quest' obbligo di riferir in senato, tor«nati che sono dalle loro ambascierie, ciò che han « potuto cavare de' costumi del principe, e del sito, << ricchezze, fertilità ed altre qualità de' luoghi e degli uomini ove sono stati mandati; il che fanno con tan«ta felicità, che si vede, il più delle volte, quelle cose << esser più a loro manifeste, che agli stessi uomini del paese non sono (1).

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(1) Lib. XIV, Discor. IX, p. 296. Fiorenza. 1598 in 4.°

Non molti anni dappoi, l'erudito Gabriele Naudé, bibliotecario del cardinal Mazzarino, raccomandava pur esso agl' investigatori della storia lo studio delle Relazioni degli ambasciatori di Venezia, « i quali ritornan« do dalle loro legazioni davano al senato diligentissi« mo conto non solo di quanto avevano operato in con« formità dell'obbligo a loro imposto, ma dei costumi, « dell'indole, della religione, delle ricchezze, delle for« ze e d'ogni altra cosa pertinente ai re, ai ministri ed ai popoli, da loro acutamente considerata (1).

Più tardi l'olandese Wicquefort, classico scrittore in diplomazia, e stato lungamente ambasciatore egli stesso, nelle pagine che in più luoghi delle sue opere consacra ai veneti negoziatori presso le corti estere, così si esprime in questo proposito: « Corre gran divario << fra gli ordinari referti degli ambasciatori intorno l'og« getto delle loro ambascierie, e la relazione di quanto si riferisce alle condizioni dello stato e della corte

« presso la quale abbiano risieduto, come è il costume degli ambasciatori di Venezia

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.. il cui

esempio dove fosse seguito dagli altri, sarebbe uno • dei più grandi servigj che potessero rendere ai loro « successori e ai loro principi (2). »

Più solenne ancora ed autorevole giudizio ne pronunciava dopo di lui il senatore Marco Foscarini, il quale compì la sua carriera di ambasciatore e di storico esimio della letteratura della sua patria con la dignità ducale, a cui fu assunto nel 1762. Raccoglitore assiduo e appassionato di quante Relazioni gli fu dato di rinvenire, egli ne è stato il primo critico e il primo sto

(1) Bibliographia politica, Venezia, 1633, al no 44.

(2) L'Ambassadeur et ses fonctions, Colonia, 1715 in 4°, parte II, pag. 227 e 232. Si avverta che la prima edizione di quest' opera del 1681, Haya, 2 vol. in 4°

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