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♫IMAE (1), di DVLCISSIMAE, INSCRIPTV♫, QVISQVI♫ (2), di CARISSIMO (3) e di moltissime altre voci nelle iscrizioni, che presentano questo carattere, riportate dal Boldetti nelle osservazioni sopra i cimiteri dei santi martiri (4); dal Buonarruoti (5), dal Lupi nel suo comentario all'epitafio di s. Severa (6); tal che i posteriori archeologi non più stimarono cosa necessaria rappresentare i calchi delle altre iscrizioni che in seguito si trovarono. Non è tuttavia da tacere che questo carattere per la lettera S è spesse volte congiunto con un vero corsivo, come nella iscrizione tracciata nella calcina e recata dal Boldetti (7), in un'altra riferita dal Lupi (8) e in una terza che il Buonarruoti (9) dice scolpita sotto la statua d'una Musa nella Galleria di Firenze, e probabilmente assai tempo dopo che la statua era già fatta, ed è come segue

OpuraZZICIONIT AKRodITENIT

Dove piuttosto che Atticianis io leggerei OPVS. ATTICIONIS. AFRODISIENSIS.

Se poi si attenda alle iscrizioni cronologiche, che portano questo carattere colla scrittura corsiva, troveremo con certezza che si usava fin dall'anno 338 dell'era volgare sotto i consoli Urso e Polemio, come risulta

(1) Lupi pag. 3.

(2) Lupi pag. 167.

(3) Buonarruoti pref. pag. XX.

(4) Pag. 352, 391, 401, 418, 428, 129, 434.

(5) Pref. pag. XVI, XIX, XXI e nel testo pag. 53.

(6) Pag. 3, 54, 97, 98, 167.

(7) Pag. 434.

(8) Pag. 167.

(9) Pref. pag. XXI.

dall'iscrizione pubblicata in fac-simile dal Boldetti (1) e dal Buonarruoti (2). Non molto posteriore è pur l'iscrizione recata dal Lupi (3), che ha il carattere ♫ per S e la data del terzo consolato di Graziano; ma chi da ciò volesse conchiudere che tale scrittura non fosse anteriore all'epoca del quarto secolo, avrebbe contro di se tanta copia di monumenti ne'marmi cristiani, ne'vetri cimiteriali, e negl'intonachi scritti delle pareti in molte tombe; anzi nei diplomi di privilegj concessi ai militari dall'imperatore Alessandro Severo (4) e da Claudio Gotico (5), con epoca sicura; che rendesi impossibile fissare il principio di questa paleografia. Vorrei piuttosto che in questi monumenti, dove si legge scritto un tal carattere si facessero meco le seguenti osservazioni. La prima è che questo carattere trovasi d'ordinario in compagnia d'altre forme di lettere tendenti anch' esse alla scrittura corsiva, e spesso in un vero minuscolo degli antichi latini. La seconda è che quantunque una tale scrittura non manchi in monumenti gentileschi, è tuttavia di gran lunga più frequente ne' cristiani forse per la fretta, con che si scolpirono, e da mani avvezze a questa e non ad altra scrittura. La terza è che una simile paleografia latina, non è prova che basti per abbassare l'età de'monumenti: ma l'unica conseguenza probabile, che a mio giudizio se ne potrebbe dedurre per l'epoca di qualche martire, è quella che si trae dall'uso più comune, che fu nel secolo terzo dell'era volgare.

fine.

(1) Pag. 84.

(2) Pref. pag. XVI.

(3) Pag 98.

(4) Opuscoli diversi di F. M. Avellino tom. III tav. 7 in

(5) Il Co. Bartolomeo Borghesi, che ce lo dà negli atti delJa pontificia accademia romana d'antichità, osserva che tale scrittura fu nel secolo scorso creduta scrittura celtica.

CAPO IV.

Nome proprio del giovane martire scritto
nella lapida sepolcrale.

La nomenclatura delle persone in tutta l'antica Italia è uno de'più chiari e solenni argomenti della sua prematura civiltà fra i popoli d'Europa. Anzi è una gloria che non ci può contendere neppure la Grecia: perchè quantunque nelle iscrizioni dei nobili della Laconia (1) e dell'Asia Minore (2) si noti talvolta, forse nei figli primogeniti della famiglia, il numero degli antenati che portarono lo stesso nome; tuttavia ne'secondogeniti, o per lo meno in quelli che portavano un nome diverso, non fu mai come fra noi significata la discendenza legittima de'figli a tanti gradi di storica consanguinità. Pare che questo felice costume nascesse in Italia spontaneo dall'amor del casato, e dalla riverenza dei giovani verso i maggiori; perchè fu sempre una legge inviolabile fra i nostri antichi quella d'alzarsi in piedi innanzi ai più vecchi d'età (3). Ma d' onde che fosse questo costume, ella è cosa di fatto che la distinzione de'prenomi, de'nomi, e de'cognomi fra gli antichi latini servi mirabilmente a distinguere le persone, ed è spesso il bandolo che solo ci svolge una qualche inestricabile matassa dell'istoria romana. Poco differenziano dai Latini i Volschi e gli Oschi; e benchè tutti questi ne'tempi antichi si contentassero per lo più di aggiungere al prenome e al nome di casato ne' figli il semplice prenome del padre, l'etrusca nomenclatura è poi così feconda nell'esprimere le molteplici relazioni de'congiunti,

(t) Boeckh. Corp. Inscr. Graec. n. 1240. 1241. 1242. 1247. 1249. 1262. 1264. 1330. 1380 1409.

(2) Boeckh. Corp. Inscr. Graec. n. 2939, 2948. 2951.
(3) Cic. de Iuvent. L. 1, c 3o.

che quasi ciascuna delle più belle iscrizioni sepolcrali dell'Etruria media contiene la storia domestica della persona. Fosse vanto di nobiltà, fosse minuta esattezza negli etruschi, egli è certo che i romani anch'essi studiarono d'imitarli verso il tramonto della repubblica e nel fior dell'imperio; e a tanto crebbe in seguito la pompa de' nomi, che occupano in molte iscrizioni la maggior parte del marmo. Era facile prevedere che questa iattanza o per fastidio del troppo, o per amore del poco dovea cessare, e l'uno e l'altro, credo io, contribui quando la cristiana umiltà fece conoscere ed amare una nobiltà più nobile. Poichè allora veramente quel fasto era in eccesso; e i cristiani, benchè non fossero obbligati a deporre i titoli, non doveano però gloriarsi molto dei loro antenati, adoratori di Giove capitolino. Egli è per lo meno un problema che ha bisogno di qualche spiegazione, voglio dire quella ordinaria unicità di nome per ciascuna persona, che vastamente si osserva nelle iscrizioni cristiane. E in vero aprasi qualcuna delle grandi collezioni epigrafiche, e si paragoni in complesso la nomenclatura de'gentili con quella de'cristiani: si troverà senza dubbio una enorme differenza. Qualche filosofo incredulo del secolo passato risponderebbe, che la religione cristiana in que'tempi antichi era solo religione di servi e di plebei: ma questi signori secondo il solito non proverebbero che troppo chiaramente la loro solenne ignoranza in fatto di storia. Meglio direbbe al tri, che la cristiana religione portata dall' oriente, nei suoi più famosi apostoli e discepoli non presentava ai romani altro che un nome, o tutto al più qualche sopranome volgare, o di traduzione (1). Adottandolo essi

(1) Così san Pietro era anche Barionas cioè figliuolo di Giovanni, e Natanaele Barptolomaeus, e san Tommaso Didymus cioè gemello, perchè altrettanto significava il nome Thomas in lingua siro-caldaica.

nel battesimo invece dell'antico prenome, non v'era più luogo al lungo strascico della pagana parentela. Ed io confesso che questa cagione facilmente avrà potuto influirvi: ma nessuna legge vietava ai cristiani di portare e scrivere l'antica nomenclatura romana. Basterebbero anche sole co' loro titoli le voluminose opere de' santi padri latini per dimostrar questo vero. Ond'è dunque in tanti marmi cristiani l'unicità del nome nelle persone? Risponderò che da molte cause: e quanto ai martiri, che qui m'appartengono, una certo è questa: che nelle più fiere persecuzioni, fra le quali i martiri che doveano seppellirsi arrivavano alle centinaia, sarà stata più che bastante l'incisione del nome ordinario in tante lapidi per occupare moltissimi scalpellini. Non è pertanto a maravigliare che le più d'esse tratte dai cimiteri de'martiri non diano a leggere scritto che un nome solo, come ce l'offre il marmo di Sabiniano. Ma chi perciò volesse pretendere che tutti fossero nomi di persone servili, e nessuna o poche d'ingenua condizione, mostrerebbe che ignora i più sicuri canoni d' archeologia nella romana nomenclatura. Imperocchè, quantunque non si debba negare che molti di questi nomi o barbari, o grecheschi non siano nomi di servi, o di liberti; e che in fine ai poveri servi non potea dispiacere una religione, che mentre volea da loro obbedienza ai padroni, li predicava poi con verità figliuoli anch'essi liberi di Dio, e non disuguali ai padroni davanti a lui: è tuttavia certissimo che varie persone di nobili famiglie fin dall'epoca degli apostoli abbracciarono in Roma la fede di Gesù Cristo. Anzi lo stesso canone archeologico che il nome grechesco suole essere nome servile; nei tempi dell'imperio e specialmente nel secondo e nel terzo secolo; ne' quali l'ultimo nome cioè l'agnome, o il cognome spesso grechesco anche in nobili famiglie, diventò il nome ordinario degli individui, ebbe frequentissime eccezioni. E per

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