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XIX.

L'amaro lagrimar, che voi faceste,
Occhi miei, così lunga stagione,
Facea maravigliar l' altre persone
Della pietate, come voi vedeste :

Ora mi par, che voi l'obbliereste
S'io fosse dal mio lato sì fellone,
Ch'i non ven disturbassi ogni cagione
Membrandovi colei, cui voi piangeste.
La vostra, vanità mi fa pensare,
E spaventami sì, ch' io temo forte
Del viso d'una Donna, che vi mira.

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Voi non dovreste mai, se non per morte, La nostra Donna, ch'è morta, obbliare: Così dice il mio core e poi sospira ..

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XX.

Gentil pensiero, che parla di vui, Sen viene a dimorar meco sovente; E ragiona d' Amor si dolcemente, Che face consentir lo core in lui.

L'anima dice al cor: chi è costui, Che viene a consolar la nostra mente; Ed è la sua vertù tanto possente, Ch altro pensier non lascia star con nui? Ei le risponde o anima pensosa, Questi è un spiritel nuovo d' Amore Che reca innanzi a me li suoi desiri;

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E la sua vita, e tutto il suo valore Mosso è dagli occhi di quella pietosa, Che si turbava de' nostri martiri.

XXI.

Lasso! per forza de' molti sospiri,
Che nascon di pensier, che son nel core
Gli occhi son vinti, e non hanno valore
Di riguardar persona, che gli miri :
E fatti son, che pajon due desiri
Di lagrimare

e di mostrar dolore; E spesse volte piangon sì, ch' Amore Gli cerchia di corona di martiri.

Questi pensieri, e gli sospir, ch'io gitte, Diventan dentro al cor si angosciosi, Ch' Amor vi tramortisce, sì glien duole: Perocchè gli hanno in se gli dolorosi Quel dolce nome di Madonna scritto, E della morte sua molte parole.

XXII.

Deh! pellegrini, che pensosi andate
Forse di cosa, che non v'è presente,
Venite voi di sì lontana gente,
Come alla vista voi ne dimostrate?
Che non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente ?
Come quelle persone, che neente
Par, che 'ntendesser la sua gravitate:
Se voi restate per volerlo udire
Certo lo core ne sospir mi dice
Che lagrimando n'uscireste pui.

Ella ha perduta la sua Beatrice :
E le parole, ch' uom di lei può dire,
Hanno vertù di far piangere altrui.

XXIII.

Oltre la spera, che più larga gira, Passa 'l sospiro, ch' esce del mio core: Intelligenzia nova, che l' Amore

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Piangendo mette in lui, pur su lo tira:
Quando egli è giunto là, ove 'l desira,
Vede una Donna, che riceve onore,
E luce sì, che per lo suo splendore
Lo pellegrino spirito la mira.

Vedela tal, che quando il mi ridice,
Io non lo intendo, sì parla sottile
Al cor dolente, che lo fa parlare.
So io, che 'l parla di quella gentile,
Perocchè spesso ricorda Beatrice :

Si ch' io lo 'ntendo ben, Donne mie care..

XXIV.

Parole mie, che per lo mondo siete, Voi, che nasceste, poi ch' io cominciai A dir per quella Donna, in cui errai; Voi, che 'ntendendo, il terzo Cial movete ;; Andatevene a lei, che la sapete, Piangendo sì, ch' ella oda i nostri guai: Ditele noi sem vostre; dunque omai Più, che noi semo, non ci vederete.

Con lei non state, che non v'è Amore; Ma gite attorno in abito dolente A guisa delle vostre antiche suore: Quando trovate donne di valore, Gittatevile a' piedi umilemente,

Dicendo; a voi dovem noi fare onore...

XXV.

O dolci rime, che parlando andate Della Donna gentil, che l' altre onora; A voi verrà, se non è giunto ancora, Un, che direte; questi è nostro frate :

Io vi scongiuro, che non lo ascoltiate, Per quel Signor, che le donne innamora; Che nella sua sentenza non dimora Cosa, che amica sia di veritate.

E, se voi foste per le sue parole Mosse a venire inver la Donna vostra, Non vi arrestate; ma venite a lei: Dite; Madonna, la venuta nostra per raccomandare un, che si duole Dicendo; ove è'l desio degli occhi miei?

XXVI.

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Questa Donna, ch' andar mi fa pensoso
Porta nel viso la virtù d' Amore;
La qual risveglia dentro nello core
Lo spirito gentil, che v' era ascoso :
Ella m' ha fatto tanto pauroso

Poscia ch' io vidi il mio dolce Signore
Negli occhi suoi con tutto il suo valore,
Ch io le vo presso, e riguardar non l'oso:
E quando avviene, che questi occhi miri,
Io veggio in quella parte la salute;
Che l'intelletto mio non vi può gire:

Allor si strugge sì la mia vertute,
Che l'anima, che muove gli sospiri,
S'acconcia per voler da lei partire.

XXVII.

Chi guarderà già mai senza paura
Negli occhi d' esta bella pargoletta,
Che m' hanno concio sì, che non s'aspetta
Per me, se non la morte, che m' è dura?
Vedete quanto è forte mia ventura ;
Che fa tra l'altre la mia vita eletta

Per dare esempio altrui, ch' uom non si metta
A rischio di mirar la sua figura

Destinata mi fu questa finita;

Da ch' un uom convenia esser disfatto;
Perch' altri fosse di pericol tratto:
E però, lasso! fu' io così ratto
In trarre a me 'l contrario della vita;
Come vertù di stella, margherita.

XXVIII.

Dagli occhi della mia Donna si muove
Un lume sì gentil, che dove appare,
Si veggion cose, ch' uom non può ritrare
Per loro altezza, e per loro esser nove.

E da' suoi raggi sopra'l mio cor piove
Tanta paura, che mi fa tremare;
E dico; qui non voglio mai tornare :
Ma poscia perdo tutte le mie prove:

E tornomi colà, dov' io son vinto,
Riconfortando gli occhi paurosi,
Che sentir prima questo gran valore:

Quando son giunto (lasso) ed ei son chiusi
E'l desio, che gli mona, quì è 'stinto :
Però provveggia del mio stato Amore.

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