Disvelato v'ho Donne in alcun membro La viltà della genie, che vi mira, Perchè gli aggiate in ira; Ma troppo è più ancor quel, che s' asconde ; In ciascuno e ciascuno vizio assembro ; Di radice di bene altro ben tira ร Poi suo simile in grado : Udite come conchiudendo vado; Cui par ben esser bella Essere amata da questi cotali: Che se biltà fra mali creder si puone, Chiamando Amore appetito di fera. Che sua biltà dischiera Da natural bontà per tal cagione, XXII. Tre donne intorno al cor mi son venute E seggionsi di fore Che dentro siede Amore Lo quale è in signoria della mia vita: T Dico quel, ch'è nel core, A pena di parlar di lor s'aita: Ciascuna par dolente e sbigottita. Come persona discacciata e stanca, Cui tutta gente munoa E cui veriute e nobiltà non vale ; Secondo il lor parlar, furon dilette ; Venute son come a casa d'amico; 99 Che sanno ben che dentro è quel ch' io dico . Dolesi l' una con parole molio ; E 'n su la man si posa, Come succisa rosa; Il nudo braccio di dolor colonna Sente lo raggio, che cade dal volto; La faccia lagrimosa ; Discinta e scalza, e sol di se par donna . La vide in parte, che 'l tacere è bello ; Di lei, e del dolor fece dimanda O di pochi vivanda Rispuose in voce con sospiri mista ) Nostra natura quì a te ci manda; Io che son la più trista, Son suora alla tua madre, e son Drittura; Povera (vedi ) a' panni, ed a cintura. Poichè fatta si fu palese, e conta ; Doglia, e vergogna prese Il mio Signore, e chiese Chi fosser l'altre due ch' eran con lei : Più nel dolor s' accese Dicendo; or non ti duol degli occhi miei? Poi cominciò Siccama super"" dei, Toglie alla terra del vinco la fronda Generai io costei che m' è da lato E che s' asciuga con la treccia bionda : Questo mio bel portato, Mirando se nella chiara fontana Generò questa, che m' è più lontana Fenno i sospiri Amore un poco tardo ;. E poi con gli occhi molli Che prima furon folli Salutò le germane sconsolate : Poscia che prese l'uno, e l'altro dardo Disse drizzate i colli ; Ecco l'armi ch' io volli "TM Per non l'usar le vedete turbate: Larghezza, e Temperanza, e l'altre nate Del nostro sangue mendicando vanno : Però se questo è danno Pianganlo gli occhi e dolgasi la bocca. Degli uomini a cui tocca Che sono a' raggi di cotal ciel giunti ; Noi pur saremo e pur troverem gente, Che questo dardo farà star lucente Ed io, ch' ascolto nel parlar divino Consolarsi, e dolersi Così alti dispersi, L'esilio, che m' è dato onor mi tegno Vuol pur I bianchi fiori in persi, Cader tra buoni è pur di lode degno: E se non che degli occhi miei'l bel segno Per lontananza m' è tolto dal viso Che m' ave in foco miso Lieve mi conterei ciò, che m' è grave : Ma questo foco m' ave Già consumate sì l'ossa e la polpa Che morte al petto m' ha posto la chiave : Più lune ha volto il sol, poichè fu spenta : Canzone, a' panni tuoi non ponga uom mano Per veder quel, che bella donna chiude : Bastin le parti ignude; Lo dolce pomo a tutta gente niega, Per cui ciascun man piega E, s'egli avvien che tu mai alcun truovi- Fatti di color nuovi ; Poi gli ti mostra el fior, ch'è bel di fuori Fa desiar negli amorosi cuori. XXIII. Io miro i crespi, e gli biondi capegli, De' quali ha fatto per me rete Amore D' un fil di perle, e quando d' un bel fiore, Ond' io, che si leggiadri stargli veggio, A solo a sol con lei, ov' io la chieggio? Disfarla ad onda ad onda E far de' suoi begli occhi a' miei due specchi; Che lucon sì, che non trovan parecchi . Poi guardo l' amorosa, e bella bocca La spaziosa fronte e'l vago piglio Li bianchi diti, e 'l dritto naso e 'l ciglio Il vago mio pensier allor mi tocca, e saporoso pare: Passa ben di dolcezza ogn' altra cosa: Non ho nel mondo cosa, che non desse Poi guardo la sua svelta, e bianca gola, |