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Che stanno stretti, e nulla mai dicendo
Ed aspettando che il calor gli tocchi,
E quà e là si vanno rivolgendo

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E poi ch' io ebbi in tutto chiusi gli occhi; L'ossa mie,e i miei nervi s' invecchiaro

Gridando io sempre, come fan gli sciocchi.
E benchè giorno e notte, o Signor caro,
La tua man giusta mi gravasse molto ;
Pur nondimen mai ti conobbi chiaro

Ma ora,

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che del viso tu m' hai tolte
Il velo oscuro tenebroso, e fosco
Che m' ascondeva il tuo benigno Volto:
Come colui, che andando per lo bosco

Da spino punto, a quel si volge, e guarda;
Così converso a te ti riconosco

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La penitenza mia è pigra , e tarda; Ma nondimen dicendo il mio peccato La mia parola non sarà bugiarda

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Ma sai, Signor, che t'ho manifestato
Già l'ingiustizia mia e 'l mio delitto
E lo mio errore non ti ho celato.

E molte volte a me medesmo ho ditto :
Al mio Signore voglio confessare

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Ogni ingiustizia del mio core afflitto.
E tu, Signore udendo il mio parlare,
Benignamente e subito ogni vizio
Ti degnasti volermi perdonare

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Ed imperò nel tempo del Giudizio Ti pregheranno insieme tutti i Santi Che tu ti degni allora esser propizio

Ma gli orrori degli uomini son tanti Che nello gran diluvio di molt acque Nelle fatiche non saran costanti

Non s' approssimeranno a quel, che giacque

Nell' aspero presepio, allora quando Per noi discese al mondo e Uomo nacque

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Io a te, Signor, ricorro lagrimando
Per la tentazion de' miei nemici,
Che sempre mai mi van perseguitando
O Gloria dell' alme peccatrici,
Che convertonsi a te per penitenza,
Difendimi dai spiriti infelici .

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Non consentir, Signor, che la potenza Degli avversarj miei più mi consummi; E smorza in me ogni concupiscenza. Dal mio Signore allora ditto fummi : Sì, che io ti darò Uomo intelletto; Per cui conoscerai li beni summi .

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Poi ti dimostrerò 'l cammin perfetto Per cui tu possi pervenire al regno, Dove si vive senza alcun difetto.

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Degli occhi miei ancor ti farò degno; Ma non voler, come il cavallo e 'l mullo Far te medesmo d' intelletto indegno. O Signor mio o singolar trastullo Chi è colui, che sta sotto le stelle, Eccetto il stolto e 'l picciolo fanciullo Che non seguendo te ma lo suo velle Non meriti, che lo tuo morso, e 'l freno Per forza gli costringa le mascelle ?

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Ma io son certo ed informato a pieno, Che li flagelli dello peccatore

Saranno assai e non verran mai meno. E che quelli, che speran nel Signore, Da lui saranno tutti circondati

Di grazia, di pietade

e sommo onore

Ed imperò voi, Uomini beati

Giusti, e voi, che il core avete mondo

Ringraziate quel, che v' ha salvati;
E state ormai con l'animo giocondo.

III.

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O tu, che il Cielo, e 'l Mondo puoi compren Io prego, che non voglia con furore, Ovver con ira il tuo servo riprendere. Perchè le tue saette nel mio core

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Son fitte, ed hai sopra di me fermata
La tua man dritta, o singolar Signore
La carne mia sempr' è stata privata
Di sanitade, da poi ch' io compresi
Che mi sguardavi con la faccia irata.
E similmente son più giorni, e mesi
Ch' entro nell' ossa mie non fu mai pace ;
Pensando ch' io son carco di gran pesi
Però ch' io vedo che 'l mio capo giace
Sotto l' iniquitade, e 'l greve cargo,
Lo qual quanto più guardo, più mi spiace
Aimè che 'l nostro putrido letargo
Lo quale io già pensava esser sanato
Per mia mattezza rompe, e fassi largo.
Misero fatto sono, ed incurvato

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Sino allo fine estremo e tutto il giorno
Vado dolente, tristo e conturbato

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Perchè i miei lumbi son pieni di scorno, E di tentazione scellerate

Di spirti

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che mi stanno a torno a torno .

La carne mia è senza sanitate :

Io sono afflitto, e molto umiliato

Sol

per la grande mia iniquitate.

E tanto è lo mio cor disconsolato

Ch' io gemo, e ruggio

come fa il leone

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Quando e' si sente preso, ovver legato..
O Signor mio la mia orazïone
El gemer mio ed ogni desiderio
Nel tuo cospetto sempre mai si pone
Lo core in me non trova refrigerio,
Perchè i ho persa la virtù degli occhi;
E di me stesso ho perso il ministerio

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.

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E quei, ch' io non credeva esser finocchi Ma veri amici, e prossimi, già sono Venuti contra me con lancie e stocchi. E quegli, ch' era appresso a me più buono Vedendo la rovina darmi addosso Fu al fuggire più, che gli altri, prono Laonde il mio nemico a stuolo grosso, Vendendomi soletto, s' afforzava Del mio castello trapassare il fosso; Ma pur vedendo che non gli giovava A far assalti, essendo il muro forte; Con vil parole allora m' ingiuriava. E nondimen, per darmi alla fin morte Con tradimenti e con occulti inganni Pensava tutto 'l di d' entrar le porte

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Ma da poi ch' io mi vidi in tanti affanni Subito feci come il sordo e il mutto > Il qual non può dolersi de' suoi danni . Però che in te, Signor, che vedi tutto, I' aveva già fermata la speranza, Da chi per certo io sperava il frutto

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E certo i ho in te tanta e tal fidanza Che più cascare non mi lascerai; Cavando me d'ogni perversa usanza:

A ciò che gl' Inimici miei già mai Non possan infamarmi ovver diletto Ed allegrezza prender de' miei guai .

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Non però, che mi senta sì perfetto
Ched io non mi conosca peccatore
Ed all' uman errore esser suggetto
Ed imperò son certo, che il furore
Delli flagelli tuoi ho meritato,
Ed ogni pena, ed ogni gran dolore
A quali tutti sono apparecchiato
E voglio sostener con gran pazienza :
Pur che di te, Signor
Signor, non sia privato
Sempre mi morde la mia conscienza
Per li peccati grandi, ch' i ho commessi:
Onde io voglio far la penitenza.

Ma ciò vedendo gl' inimici stessi
Son confermati sopra me più forti ;
E son moltiplicati, e fatti spessi .
E quegli, ch' ai benefattor fan torti
Mi vanno diffamando, sol perch' io
Ho seguitato allora i tuoi conforti.

Deh! non mi abbandonare, o Signor mio : Degnati, i prego, starmi in adjutorio

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Contra li miei nemici o alto Dio :
Perchè non ho migliore diversorio

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IV..

O`Signor mio o Padre di concordia
Io prego te per la tua gran pietade
Ti degni aver di me misericordia

E pur per la infinita tua bontade
Prego, Signor, che tu da me discacci
Ogni peccato, ed ogni iniquitade.
To prego ancora che mondo mi facci
Da ogni colpa mia, ed ingiustizia;
E che mi guardi dagli occulti lacci .

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