A DANTE ALIGHIERI I. Dante Alighier, Cecco tuo servo e amico Si raccomanda a te, come a Signore ; E poi hai detto alle tue donne care Che tu l'intendi adunque contradice A se medesmo questo tuo parlare. AL MEDESIMO.. II. Dante Alighier, s' io son buon begolardo, Tu me ne tien ben la lancia alle reni; S'io pranzo con altrui, e tu vi ceni ; S' io mordo il grasso, e tu ne succhi il lardo. S' io cimo il panno, e tu vi freghi il cardo . S'io gentilesco, e tu Misser t'avvieni; V III. AL MEDESIMO. Lassar noh vo' lo trovar di Bichina Dante Alighier, e' dà del mariscalco Che pur fiorino d'oro, ed è oricalco Par zuccar cafettone, ed è salina. Par pan di grano ed è pan di sagina, Pare una torre ed è un vile balco Ed è un nibbio e pare un girifalco E pare un gallo, ed è una gallina Sonetto mio vattene a Fiorenza Dove vedrai le donne e le donzelle Di', che il suo fato è solo di parvenza Ed io per me ne conterò novelle Al buon Re Carlo Conte di Provenza per 'sto modo i friserò la pelle. E IV. A M. ANGIOLIERI SUo padre. Se io avessi un sacco di fiorini Che non n' avesse un altro, che de' nuovi Non mi parrebbe aver tre bagattini Senza Bichina, dunque in che ti provi, Babbo, di gastigarmi? or che ti muovi Della lor fede tutti i Saracini? E potresti anco s' io non sia anciso Tanto son fermo in questa opinione Sicchè io vo' mostrare una ragione E che 'l sia ver, chi la sguarda nel viso Sed el gli è vecchio divenia garzone V. I sono innamorato ma non tanto, Che non men passi ben leggieremente ; Di ciò mi lodo • e tegnomi valente Che all' Amor non son dato tutto quanto E basta ben se per lui roto e canto Ed amo e serveria chi gli è servente . Ogni soperchio val quanto niente Ero non regna in me, ben mi do vanto. Però non pensi donna, che sia nata Che l'ami ligio, com' io vedo molti Sia quanto voglia bella e delicata: Che troppo amare fa gli uomini stolti ; Però non vo' tener cotale usata " Che canta il cor e divisa li volti. VI. Sonetto mio, poich' io non trovo messo Che vada a quella, che il mio cor desia Mercè per Dio or ne va te stesso Dalla mia parte sì che bene stia : E dille, che d' Amor son morto adesso Se non m' aita la sua gentilia: Quando le parla sì le sta di cesso, Ch'i ho d'ogni persona gelosia Dille s' ella mi vuole a suo servente Anche non mi s'avvegna tanto bene Promettile per me sicuramente.. Ciò che a gentile cosa si conviene Farollo di buon core e lealmente Sicchè avrà pietà delle mie pene VII. Stando lo baldovino dentro un prato, Dell' erba fresca molto pasce, e 'nforna: Vedesi dalla spera travagliato Crede, che le sue orecchie sian corna ; Allor trabucca e nello mezzo torna.. Allor mette uno ragghio, come un tuono : Oimè lasso, che mal pensato aggio Che veggio ben che pur asino sono VIII. Io ho sì poco di quel, che vorrei, Melanconia però non mi daraggio, IX. A cosa fatta già non val pentére Nè dicer poi, così vorrei aver fatto: Che sendo dietro poco può valere, Però s' avvezza l'uomo innanzi tratto ́. E quando l'uomo comincia a cadere Se non torna in süo stato di ratto : Perch' io non seppi tal via tenere Che là onde mi prude, sì mi gratto Io son caduto e non posso levarmi Non ho nel mondo parente sì stretto Che mi porgesse man per sostentarmi. Or non tenete a beffe questo detto Che così piaccia alla mia donna aitarmi Come non fu giammai sì ver sonetto . X: S'io fossi fuoco arderei lo mondo S" io fossi vento lo tempesterei, Se fossi acqua io l'annegherei Se fossi Dio mandereil in profondo Se fossi Papa sarei a lor giocondo, Che tutti i Cristiani imbrigherei Se fossi Imperador, sai che farei? A tutti muzzerei lo capo a tondo Se fossi Morte anderei da mio padre, Se fossi Vita fuggirei da lui E similmente faria da mia madre Se fossi Cecco, com io sono e fui, Torrei le donne più belle e leggiadre E zoppe e laide lascerei altrui. |