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SONETTI.

I.

ual dura sorte mia, Donna

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acconsente

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Che 'l bel dir, ch' umil rende ogn' empia fera, Vi facci oltre 'l venir spietata e fera, Romper la legge dell' umana gente ? Son pur degli elementi le semente I membri vostri, e l'alma vostra altera Del ciel calando d' una in altra sfera Come non ha quel suon vivo alla mente ? Non l'ha, poichè parlar nè simiglianza Non la mu ́ve nè suon là dove io voglio Tacer dissimil farmi, e pianger sempre. Forse con simil disusate tempre

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Piegherò voi, non già donna, ma scoglio,
Da che la vostra ogni durezza avanza.

II.

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In sin che gli occhi miei non chiude morte, Non avrann' unqua del mio cor riguardo, Ch' oggi si miser fisi ad uno sguardo, Che ne li fur molte ferite porte;

Ond' io ne son di già chiamato a morte Da Amor, che manda per messaggio un dardo, Il qual m' accerta, che senz' esser tardo Di suo giudizio avrò sentenza forte;

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Però che la mia vita in potestate
Dice ch' egli ha di si altero loco
Che dir mercè non vi potrà pictate;
Or piangeranno li folli occhi il gioco
Ch' io sento per la lor gran vanitate.
Appreso già dentro la mente il foco..

IIL

Il zaffir, che dal vostro viso raggia, Si fortemente gli occhi m' innamora, Ch' eglin' si fanno miei signori all' ora, Ch' aspetto Amor ch' alla morte m' ingaggia. S' a tal sorte m' incontra ch' io non aggia Mercè da voi, onde convien ch' io mora ; Lasso che nel cor vostro non dimora Pietate che del mio martirio caggia;

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Voi sete pur gentile, accorta, e saggia E adorna del più bel che 'l mondo attraggia, Ma sol di voi quel poi m' uccide e accora, Ch' io veggio esser d' ogni pietà fora; Tal che sol guai convien, che da voi traggia, Come Donna crudel, fera selvaggia.

IV.

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Saper vorrei s' Amor che venne acceso E folle molto di novel colore

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Quando vidi Madonna intorno al core
Se innanzi a lei 'l menò legato e preso ;
Es' a mercè niente è stato inteso
Il fedel, dritto

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dritto, e leal servidore E se di sua sentenza sa il tenore 9 O se di pietà 'l priego l' ha difeso ;

Di ciò ch' io vo' saper, fort' è il ridotto Ch ella tanto è leggiadra, alta e vezzosa, Ch' innanzi a lei pietà non faría motto;

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S' Amor non m' assicura ch' ogni cosa Lusinga, vince e può far, sì è dotto Una selvaggia fera esser pietosa.

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Sta nel piacer della mia Donna Amore Com in sol raggio, e 'n ciel lucida stella Che nel muover degli occhi poggia al core Sì ch' ogni spirto si smarrisce in quella;

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Soffrir non posson gli occhi lo splendore,
Nè il cor può trovar loco, sì è bella
Chel sbatte fuor, tal ch' ei sente dolore;
Quivi si trova chi di lei favella :

Ridendo par, che s' allegri ogni loco
Per via passando, angelico diporto
Nobil negli atti, ed umil nei sembianti ;
Tutt' amorosa di sollazzo e gioco
E saggia di parlar vita e conforto
Gioja e diletto a chi le sta davanti

VI.

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Se 'l vostro cor del forte nome sente
Non m' udirete mai chiamar mercede
Anzi voi mi vedrete, per mia fede
Andar pensoso e lagrimar sovente;
In sin che Morte ch' a sì fatta gente
Suol apparir da poi che la si chiede
Non entrerà nel loco dov' ei siede
Vita no' avrò, se non selvaggiamente

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.

Così m' ha preso la beltate vostra Che se mi disdegnate morto sono, Perchè Amor pur volermi uccider mostra ; E dice spesso, se di voi ragiono, Poi ch' ella gli occhi tuoi vinse in la giostra, Convien tenghi da lei la vita in dono.

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VII.

Occhi miei deh fuggite ogni persona,
E col piano emendate il gran fallire,
Ch' avete fallo; sì che di morire
Sete più degni, che di cosa alcuna;
S Amor per cortesia non vi perdona
Consigliovi anzi piangendo finire
Che voi vogliate lo mio cor radire
Di ciò sovente l'Amor vi cagiona.
Deh, come mai apparirete avanti
A quella Donna, da cui voi faceste
Per dipartir, sì dolorosi pianti ?
Diravvi, poi che voi non mi vedeste
Occhi vani voi foste si costanti

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Che 'l cor ch' io aggio, sourar mi voleste.

VIII.

Il mio cor, che ne' begli occhi si mise Quando sguardava in voi molto valore. Fu tanio folle, che fuggendo Amore

Davanti alla saetta sua s'assise

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Ferrata del piacer, che lo divise
Si che per segno li stava di fore
E la temprò si forte quel Signore,
Che dritto
quivi traendo

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l'ancise.

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Morto mi fu lo cor, sì com' vo' odite Donna a quel punto, e non ve n'accorgeste;

Così di voi la vertù non sentite :

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Poscia pietate che di me si veste, Lov' ha mostrato onde fiera ne gite Nè mai di me mercede aver voleste

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IX.

Voi, che per nuova vista di ferezza
Vi sforzate di tormi quel desio

Che nacque allor che l'ardimento mio
Fu privo di mirar vostra adornezza;

Sapete, che 'l mio cor n' ha tal vaghezza,
Ch' ei volse ben da poi che lo sentio,
Morire innanzi ch' averlo in oblio ;

Di tal virtute è vostra gentilezza :

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Però Madonna, quando pur volete
Torre e farmi obliar sì gentil cosa,
Fovvi saper, che sol voi m' ancidete;
Non già perchè di ciò siate dogliosa,
Ch' io veggio,
che voi ben vi sforzerete
D'esser sempre selvaggia e disdegnosa.

X.

Gli occhi vostri gentili e pien d' Amore Ferito m' hanno col dolce guardare Si ch' io sento ogni mio membro accordare A doler forte, per ch' ei non ha 'l core; Che volentieri 'l farei servidore

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Di νοι Donna, piacente oltre al pensare,
Agli alti e i bei sembianti, in cui traspare
Ciò che si scorge in voi con gran bellore:
Come potea d' umana natura
Nascere al mondo figura sì bella
Com' voi, che pur maravigliar mi fate?
E dico nel mirar vostra beltate :

Questa non è terrena creatura

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Dio la mandò dal ciel, tanto è novella!

Vol. II.

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