XXI. La bella Donna, che 'n virtù d' Amore Mi passò per gli occhi entro la mente Iraia e disdegnosa spessamente Si volge nelle parti ove sta 'l core; E dice: s' io non vo di quinci fore Che ben conosce quant' è il suo valore. Si lieva trista per partirsi allora Dinanzi a lei che tant' orgoglio mena; XXII. Oimè lasso, or sony' io tanto a noja, Che mi sdegnate sì come nimico Sol perch' io v amo, e in ciò m' affatico, v' Ne posso disamar sì bella gioja. Morrò da che vi piace pur ch' io moja, Che la speranza, per cui mi nutrico, Mi torna in disperanza, oltre ch' io dico Così spietà, contro pietanza poja . Di tutto ciò ch' io mi pasceva in pace, E davomi d' Amor dolce conforto, Mi torna in guerra, sì viver mi face Ma pur convien, ched io per voi sia morto Ch uccider mi debb' io, poichè mi piace XXIII. Se non si muor non troverà mai posa, Che pianger ne dovría ciascun, che 'l mira Gli occhi che mostran la morte entro as cosa. Li quai son forti nel terribil punto. Per gli occhi vostri, che si accorti foro, Ne trasse di piacere una virtute Ch' a forza 'i cor se n'è a morte giunto XXIV. Deh com' sarebbe dolce compagnia Se questa Donna, Amor e Pictate Fossero 'nsieme in perfetta amistate Secondo la vertù, ch' onor disia; E un dell' altro avesse signoria, E 'n sua natura ciascun liberiate Perch' il core alla vista d'umiltate Simile fosse, sol per cortesia; Ed io vedessi ciò, sì che novella Ne portassi giojosa all' alma trista ! Voi odireste lei nel cor cantare Spogliata del dolor, che la conquista; Ch' ascoltando un pensier, che ne javella, Sospirando si gitta in lei a posare . XXV. Ahi Dio! come s'accorse in forte ponto Per me dolente quella che m' ancide Che 'l dolce Amor, che ne' suoi occhi ride M' avía lo cor di sua biltate ponto; Ch' ogni fiero voler irato gionto Fu nel suo cor com' ella se n' avvide; E nacque ciò che pietà conquide, E mi fa andar consumato e defonto; E porta, non so come a dirlo in carte, Per la forza d' Amor un disio ignudo Che giammai si vestio di buon sembiante Ahi lasso , quante lagrime n' ho sparte ; E'l suo core è 'n ver me sì fiero e crudo Ch' ei non soffrisce, ch' io le miri avante XXVI. L'intelletto d' Amor che solo porto, M' ha si depinta ben propiamente Quella Donna gentil dentro alla mente Ch' io là veggio lontano il mio conforto; Si che resta di pianger lo cor morto E luce a me per la somma piacenza Vol. II. A a XXVII. Tu che sei voce che lo cor conforte, E gridi, e 'n parie, dove non può stare Lanima nostra, tue parole porte, Non odi tu 'l Signore in lei parlare? E dir, che pur convien che mi dia morte Questo novello spirito ch' appare Dentro d' una vertù gentile e forte Sì che qual fiere, non può più campare Tu piangerai con lei, s' ascolti bene Ch' esce per forza de' molti martiri D' esto suo loco che si spesso muore ; E fuor degli occhi miei pieno ne viene Delle lagrime, ch' escon de sospiri, Ch' abbondan tanto, quanto fa''l dolore. XXVIII. Il dolor grande, che mi corre sovra Non ha ardimento, che di ciò si scovra. " XXIX. Io sento pianger l'anima nel core Che per lei veggio la faccia d' Amore Vie più crudel, ch' io non vidi già mai E quasi irato mi dice che fai Dentro questa persona, che si more? Dinanzi agli occhi miei un libro mostra, XXX. Ciò ch' io veggio di quà m' è mortal duolo Poichè io son lunge in fra selvaggia gente, La quale io fuggo, e sto celatamente Perchè mi trovi Amor col pensier solo , Ch' allor passo li monti, e ratto volo Mi conforta un pensier, che tesse un volo . La bella gioja da cui son lontano Quella, ch' io chiamo ( lasso ) coi sospiri, Perch' odito non sia da cor villano D' Amor nemico, e degli suoi desiri. |