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XLI.

Udite la cagion de' miei sospiri
Se già mai fu per me nata mercede
Qualora il mio pensier fra me si riede,
È chiama innanzi a se li miei desïri:
Presentansi pien tutti di martiri
Che vengon dalla vista, che
che procede
Dalla ciera gentil, quando mi vede
Che come suo nemico par mi miri

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Laond' in ciò mi struggo, e vo a morire, Chiamando morte che per mio riposo Mi toglia innanzi ched io mi dispiri; Miranla gli occhi miei si volentieri Che contral mio voler mi fanno gire Per veder lei cui sol guardar non oso.

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XLII.

Pietà e mercè mi raccomande a vui E rimembrar vi faccia la mia pena, Quand' è con voi quella, ch' orgoglio mena Ferezza e crudeltà verso colui

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Che ha smarriti gli spiriti sui

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Per la tempesta d' Amor, che no' allena; E quella, ch'è di grazia e vertù piena, Madre di Dio ve ne ricangi pui :

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Ch' a me saria sì gran don di salute
L' allegra ciera sua ver me a tutt'ore
Che non la mertarei ancor per morte.
Lasso, ch' io sono in fortuna si forte,
Che ne piange Pietate ed Amore,
Che le signoreggiar no' avrà verlute .

Vol. II,

B b

XLII.

Gentil Donne valenti or m' uitate
Ch' io non perda così l' anima mia
E non guardate a me qual io mi sia
Guardate Donne alla vostra pietate

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Per Dio, qualora insieme vi trovate,
Pregatela, ch' umil verso me sia
Ched altro già il mio cor non disía
Se non che veggia lei qualche fiale;

Che non è sol de' miei occhi allegrezza
Ma di quei tutti, ch' hanno da Dio grazia
D' aver valor di riguardarla fiso;

Ch' ogn' uom, che mira il suo leggiadro viso Divotamente Iddio del ciel ringrazia

E ciò ch'è tra noi quì nel mondo sprezza.

XLIV.

To trovo 'l cor feruto nella mente Ch' una Donna vel tien per suo valore Col quale insiememente ella e Amore Per gli occhi mi passò sottilemente ;

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E trasselo del luoco immantenente Perchè non sanò 'l colpo, onde sen muore, Anzi cresce e poi muore a tutte l'ore In essempio d' Amor quant' è possente ! Questo cuore dimora ov' arde il fuoco Si forte, che ne piangeno i sospiri

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Folli e le fiamme ch' escon di quel luoco;
E per lor forza convien ch' io mi giri
E pieghi
, come quel ch' ha valor puoco,
Ch' al punto è gionto de' crudei martiri.

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XLV.

Quella Donna gentil, che sempre mai
Poich' io la vidi disdegnò pietanza,
Mi mena con tant' ira in disperanza,
Che 'l cuor dispregia la sua vita omai;
Ed i pensier mi dicon tu morrai
Che non puoi viver senza desïanza ;
E certo ch' io non so d' esta possanza
Altra cagion, se non ch' io la mirai.

Adunque si può dir, che mi fur rei Gli occhi a quell' ora, che gli prese al guard. La dolce forza del piacer, ch'è in lei : Ma mentre i faccio a lei fiso riguardo Dico, che ancora i non men guarderei Se ben io porto in mezz' al core il dardo. XLVI.

Ora sen esce lo spirito mio

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Donde avia un pensier entro nel core
E con Madonna, parlando d' Amore
Sotto pietate si covre al desio .

Perch' ella chiama la follia, ch' io
Vo seguendo e mostrandone dolore
E par che sogni, e sia com' uomo fuore
Del senno, che se medesm' ammattio.

Per questa via, che fa lo mio pensiero
Fra me medesmo vo parlando, e dico
Che 'l suo sembiante non mi dice il vero
Quando si mostra di pietà nemico ;
Ch' a forza par, ched el si faccia fiero,
Perch' io pur di speranza mi nodrico.

XLVII.

Se gli occhi vostri vedesser colui
Ch' hanno feruto nel luoco ove giace,
Diresie che non è vista fallace

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Quel che dimostra lo mio cuor per vui.
Ch' ogni membro de' aver valor da lui
Il qual dimora sì come vi piace
Morto della battaglia; onde si face
L'anima pianto con li membri sui :

Perchè niente ciò, ch'è in la mia faccia,
A rispetto di quel che dentro porto
Per un pensier, che par, che mi disfaccia;
Sì che la ragion prende disconforto

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E ciascun altro suo contrario scaccia
Quando alla mente mostra lo cuor morto

XLVIII.

Se voi odiste la voce dolente

De' miei sospir, quando ch' escon di fuore; Non gabbareste la vista e 'l colore,

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Ch' io cangio all' or quando vi son presente ;
Anzi se voi m' odiaste mortalmente
Passerebbe pietà nel vostro cuore,
E sovvirebbe a voi del mio dolore
Veggendomi in angoscia solamente;

Però che vengon di distrutto luoco,
Cioè dal cuore ch'è di pianger lasso
Tanto si sente aver di vita puoco.

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L'anima dice a lui ora ti lasso

Perchè m' incontra ciò, che riso e giuoco
Mi fa menar, quando davanti passo.

IL.

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Questa leggiadra Donna ched io sento
Per lo suo be! piacer nell' alma entrata,
Non vuol veder la ferita, ch' ha data
Per gli occhi al cor, che sente ogni tormento,
Anzi si volge di fiero talento
Fortemente sdegnosa ed adirata

E con questi sembianti è sì cambiata
Chio me ne parto di morir contento;
Chiamando per soverchio di dolore
Morte sì come mi fosse lontana
Ed ella mi risponde nello core.

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All'otta ch odo, ch'è sì prossimana,
Il spirito accomando al mio Signore ;·
Poi dico a lei tu mi par dolce e piana.

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I.

O giorno di tristizia e pien di danno,

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e punto reo "

O ora
ch io nato fui
E venni al mondo per dare ad altrui

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Di pene essempio ď 4more e d' affanno .
Se le pene,
che l'alme in lo 'nferno hanno,
Fossero un corpo, il qual venisse pui
Nel mondo non si vedriano in lui

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Cotante pene. quante in me si stanno .

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Tu solo Amor, m' hai messo in tale stato, E di me fatt' hai fonte di martíri

Di malignanza e di tristizia loco;

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E mi fai demorar in ghiaccio e 'n fuoco E di pianto e d'angoscia, e di sospiri Pasci il mio cor dolente, disperato

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