LXF. Onde ne vieni, Amor, così soave Con il tuo spirio dolce che conforta L' anima mia, ched è quasi che morta Tanto l'è stata la partenza grave ? Vien tu da quella, che lo mio cor ave? Dillomi che la mente se n'è accorta : Per quella fè, che lo mio cor ti porta, Di se di me membranza le recave? Mercè Amor , fai, che confortar mi vuoi.. Tu vita e morte tu pena, e tu gioja, Mi dai , e come Signor far lo puoi. Ma ora che 'l partir m' è mortal noja Per Dio, che non mi facci come suoi : Fammi presente, se non vuoi, ch' io moja O tu, Amor LXII. che m' hai fatto martire, Per la tua fè, di langore e di pianto Dammi, per Dio della tua gioja alquanto, Ch' io possa un poco del tuo ben sentire; E se ti piace pur lo mio languire, Morir mi farai poscia certo tanto, Facendomi tornar sotto l'ammanto Ove poi piagnerò pene e gioire Uom, che non vide mai ben, nè sentio Quella è la via di conducermi a tale Chisental mal secondo ch' egli è rio Provando 'l suo contrario quanto vale LXIII. Con gravosi sospir traendo guai, In che ventura, e 'n che punto nacqu' io Ch' a tutto 'l mondo sete umile e piana; E sol ver me tenete 'l cor sì rio ? LXIV. Era già vinta e lassa l alma mia E sospirava il cor per tragger guai, Tanto che nel dolor m' addormentai E nel doler piangendo tuttavia Per lo fiso membrar che fatto ανία Che mi prendeva, e mi menava in loco, Dov' era la gentil mia Donna sola E innanzi mi parea, che gisse un foco, LXV. Amato Gerarduccio, quand' io scrivo LXVI. Si è incarnato Amor del suo piacere, S' Amor medesmo no' avesse vedere : LXVII. Il sottil ladro che negli occhi porti Vien dritto all' uom per mezzo della faccia E prima invola il cor, ch' altri lo saccia Passando lui per i sentier più accorti : Tu ch' a far questo l'ajuti, e conforti, Però che sospirando si disfaccia, Fuggendo , mostri poi che ti dispiaccia En questa guisa n' hai già quasi morti Li spiriti dolenti disviati Che 'n vece son del cor, che trovan meno Ma tu sei micidiale, ed hai sì pieno Ch' ogni mercè ti par crudel veleno . LXVIII. Amor sì come credo, ha signoría, Nè vassallaggio, nè signor potente; E ogn' uom tien con paraggio 'n sua balia : Quest' è d' Amor lo proprio convenente Pur che d' Amor cominci uomo la via Con umiltate e sia ubidïente E già non era lo mio 'ntendimento LXIX. Già trapassato oggi è l' undecim' anno Che d' Amor nel feroce campo entrai : Vissivi in spene, ed alfin ne portai Premio d' angoscia, e di perpetuo affanno Che spesi aggio in servir questo tiranno; LXX. Mille dubbi in un dì, mille querele Questi, sol mia cagion, spiega le vele- È questo il merto che mi rendi ingrato Dandoti una, a cui 'n terra egual non era ? Che val, seguo, se tosto me n' hai privo? Io nò, risponde Ed ella a sì gran piato Convien più tempo a dar sentenza vera . |