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XCI.

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Io maledico il di ch' io veddi prima La luce de vostr' occhi traditori

El punto,

che veniste 'n sulla cima

Del core a trarne l'anima di fuori :

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E maledico amorosa lima "

Ch' ha pulito i miei detti e' bei colori Ch'ho per voi trovati, e messi in rima Per far, che 'l mondo mai sempre v' onori E maledico la mia mente dura

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Che ferma è di tener quel, che m' uccide;
Cioè la bella e rea vostra figura,

Per cui Amor sovente si spergiura,
Si che ciascun di lei e di me ride
Che credo tor la ruota alla ventura.

XCII.

ra.

Nelle man vostre, o dolce Donna mia
Raccomando lo spirito, che muore
E se ne va si dolente ch' Amore
Lo mira con pietà che 'l manda via .
Voi lo legaste alla sua signoria

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Si che non ebbe poi alcun valore
Di poterlo chiamar se non Signore
E dir: fa' di me quel, che vuoi che sia.
che a voi ogni torto dispiace;

Io so

Però la morte che non ho servita
Molto più m' entra dentro al core amara.
Gentil Madonna, mentre ho della vita,
Acciò ch' io mora consolato in pace,
Non siate agli occhi miei cotanto avara.

XCIIF.

Se vedi gli occhi miei di pianger vaghi
Per novella pietà che 'l cor mi strugge,
Per lei ti prego, che da te non fugge
Signor, che tu di tal piacer gli svaghi
Con la tua dritta man, cioè che paghi
Chi la giustizia occide e poi rifugge

Al

gran Tiranno, del cui tosco sugge, Che' gli ha già sparto, e vuol che 'l mondo allaghi; E messo ha di paura tanto gielo

Nel cor de' tuoi fedei, che ciascun tace
Ma tu, foco d' Amor, lume del cielo

Questa virtù che nuda e fredda giace,

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Levala su vestita del tuo velo:

Che senza lei non è quì 'n terra pace.

XCIV.

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Perchè voi state forse ancor pensivo D'udir nova di me poscia ch' io corsi Su quest' antica montagna degli orsi Dell esser di mio stato ora vi scrivo :

Già così mi percosse un saggio vivo Che 'l mio camino a veder follia torsi E per mia sete temperare a sorsi Chiar acqua visitai di blando rivo:

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Ancor per divenir sommo gemmieri Nel lapidato ho messo ogni mio intento Interponendo varj desideri .

Ora 'n su questo monte tira vento; Ond' io studio nel libro di Gualtieri Per trarne vero e nuovo intendimento

XCV.

Infra gli altri difetti del libello

Che mostra Dante signor d'ogni rima,
Son duoi sì grandi, che a dritto l' estima
Chen' aggia l' alma sua luogo men bello.
L' un è, che ragionando con Sordello
E con molt' altri della dotta scrima,
Non fe' motto ad Onesto di Boncima
Ch' era presso ad Arnaldo Daniello .

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L' altr è, secondo che il suo canto dice Che passò poi nel bel coro divino, Là dove vide la sua Beatrice,

E quando ad Abraam guardò nel sino Non riconobbe l'unica Fenice

Che con Sion congiunse l'Appennino

Della gran pena,

XCVI.

Ahi tasso ! ch' io credea trovar pietate, Quando si fosse la mia Donna accorta che 'l mio cor sopporta,· Ed io trovo disdegno e crudeltate, E guerra forte in luogo d'umiltate; Sì ch' io m' accuso già persona morta, Ch' io veggio che mi sfida e disconforta Quel, che dar mi dovrebbe sicurtate

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Però parla un pensier, che mi rampogna Com'. io più viva , non sperando mai Che tra lei e pietà pace si pogna ; Onde morir pur mi conviene omais; posso dir che mal veddi Bologna Ma la più bella Donna, ch' io lassai .

E

CXVII.

Tant'è l'angoscia, ch' aggio dentro al core. Che spesse fiate l'alma ne sospira.

E se un pensier non fusse

che 'l dolore

Allevia, quando Amor gli occhi suoi gira,
Io sarei gia di questa vita fuore :
Ora Madonna che 'l mio mal desira >
Veggendomi languire a tutte l'ore

Lieta è del male, e del mio ben s' adira.
Onde mi spiace quel, che Amore aggrada
Ed è si tale il duol, ch' ognor rinnuovo,
Che nelle vene il sangue mi s' agghiada

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Amor, s' altro sollazzo 'n te non trovo Seguir non vo' quel, ch' a me tanto sgrada; Che troppo affanno è quel, che per lei provo.

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XCVIII.

Tutto ciò ch' altrui piace, a me disgrada, Ed emmi a noja, e spiace tutto 'l mondo Or dunque che ti piace? Io ti rispondo : Quando l'un l'altro spessamente agghiada ; E' piacemi veder colpi di spada

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Altrui nel volto, e navi andar al fondo,
E pracemi veder Neron secondo
E che s' ardesse ogni femina lada.
Molto mi spiace allegrezza e solazzo
E la malinconia m aggrada forte
E tutto 'l di vorrei seguire un pazzo.
E far mi parería di pianto corte,
Ed ammazzar tutti quei, ch' io ammazzo
Con l'arme del pensier u' trovo morte.

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Dante,

XCIX.

A DANTE.

io non odo in quale albergo suoni Il ben che da ciascun mess' è in oblio

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E sì gran tempo è che di quà fuggio,

Che del contrario son nati li tuoni;
E per le variate condizioni

Chi 'l ben facesse non risponde al fio :
Il ben sai tu, che predicava Dio
E non tacea nel regno de' Demoni.

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Dunque s' al bene ogni reame è tolto Nel mondo, in ogni parte ove tu giri Vuolmi tu fare ancor di piacer molto ? Diletto fratel mio, di pene involto, Mercè per quella Donna

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che tu miri:

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Di dir non star, se di fè non sei sciolto.

C.

AL SIG. GERARDO DA REGGIO.

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Amor, che viene armato a doppio dardo Dal più elevato monte che sia al mondo E del lauro, ferio 'l nostro Gerardo E'l bel soggetto del piombo ritondo : Ed in quel fece così duro e tardo Lo cor a quello di Pennéo secondo, Del qual poscia che vide il dolce sguardo Quello trasmutò se, si ti rispondo : sì

Chi dee di noi ricever onor degno Per l'imagine sua, ch' ancor dimora Lo spirto intorno a lei, come a suo segno : E se d' Amor noi siamo amanti, fora, Come del Sol lum' esser de' benegno Così vuol questo, onde perciò onora

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