CI. Quai son le cose vostre ch' io vi tolgo Deh, Guido che mi fate si vil ladro; Certi bei motti volentieri accolgo Ma funne mai de' vostri alcun leggiadro ? Guardate ben ch' ogni carta io rivolgo, S' io dico il vero, io non sarò bugiadro Queste cosette mie da chi le tolgo, Ben lo sa Amèr dinanzi a cui le squadro Messer Bozzon il vostro Manoello Seguitando l' error della sua legge ) Passato è nell' Inferno , e prova quello Martir ch' è dato a chi non si corregge. Non è con tutta la comune gregge, Ma con Dante si sta sotto al cappello, Del qual, come nel libro suo si legge, Vide coperto Alesso Interminello Tra lor non è solazzo nè coruccio Del qual fu pieno Alesso com' un orso E ruggia là dove vede Castruccio ; E Dante dice: quel da Tiro è mosso, Mostrando Manoello in breve sdruccio, E l'uom che innestò 'l persico nel torso. CIII. In verità questo libel di Dante Ma pur tra Gioviali, e tra Cometi, E per lo temerario testimonio La vendetta de' Franchi e de Lombardi CIV. Al mio parer non è ch' in Pisa porti Si la tagliente spada d' Amor cinta, Come il bel Cavalier ch' ha oggi vinta Tutta l' alla sembianza de' più forti ; E quei che de' suoi colpi non son morti Ne sentono per lui l anima strinta Campar, per ciò che dov' egli ha depinta La sua figura non han gli occhi accorti Come li miei che si fermano in freccia Si tosto, com' avanti quel m' apparve Di sì nobil beltà ch' ogn' altra sparve. Io non dirò quel, che veder mi parve, Del Cavalier ardito dalla treccia, Se non ch' io porto nella mente teccia. CV. Pianta Selvaggia, a me sommo diletto Nata, cresciuta e colta in Paradiso Ch' adombri gli occhi onesti e'l più bel viso.. Che mai fosse creato, e 'l più perfetto Perdona al temerario mio 'ntelletto Dalla salute sua tanto diviso ', Che ne trae copia in stile alto e proliso CVI. Se conceduto mi fosse da Giove Adunque il pianto che dagli occhi piove, E'l continuo sospiro e la rancura, Con la pietà della mia mente oscura Ed un Vol. II. F f CVII. Amor, che vien per le più dolci porte Sì chiuso, che nol vede uom trapanando Riposa nella mente e là tien corte Come vuol della vita giudicando; E molte pene al cor per lui son porte; Fa tormentar li spiriti affannando, È l'anima non osa pianger forte, Ch' ha paura di lui, soggetta stando Queste cose distingue Amor, che l' ave In signoria, però non contiam nui, Che la sentenzia addoglia i colpi spessi, E senza essempio di fera, o di nave Partiam sovente, e non sappiam da cui A guisa di dolenti a morir messi CVIII. . Alla battaglia, ove Madonna abbatte Ma per la forza d' Amor, che combatle, E vince tutto non vi fa soggiorno, Anzi sen va sì bel che del ritorno Lo prega qual pensier in lui s'imbatte . Non m' è nel cor rimasa tanta parte, Che provar vi potesse i colpi sui Il Cavalier, che tien in forz' altrui. Quella, che s' allegrò veggendo lui, Ora sospira, poi che si diparte Tanto gentil, che par fatto per arte. CIX. Maraviglia non è talor s' io movo e rara Ch' al jonte di pietà pietà non trovo ! Pur quell' Amor ch' ad amar you m' invita Con sue lusinghe e con parole accorte Frutto promette alla speranza mia. Non contro a me pugnar può la mia sorte Ch' io non sia vostro e che così non sia; Questo voi nò ma terminar può morte. CX. Caro mio Gherarduccio io non ho 'nveggia Del fatto tuo, ma ben del mio mi duole . Così la piaga vai portando in pace, |