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CXXI.

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O voi, che siete voce nel deserto Che chiama e grida sovra ciascun core, Ch' apparecchiate la via dello onore Per la qual non si va già senza merto, E secondo che 'n voi siete esperto Non è chi 'ntenda nò tanto fervore, Convertite la voce or ma' in dolore Perchè la nuova usanza vi fa certo,

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Che tutto 'l mondo convien star coverto Se lo è Sole che non rende splendore Per la Luna che è fatta maggiore.

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Voi siete sol d'ogni parente fore Per lo contrario, che 'l valore ha merto A cui si trova ciascun core offerto.

CXXII.

lo era tutto fuor di stare amaro Diletto fratre, e ritornato in buono Entro 'n quel tempo, che 'l cor mi furaro

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.

Due ladri, che 'n figura nuova sono;
Ed in tal punto allotta mi destaro
Ch' io non posso trovar riposo alcuno :
Es' io non veggio di pietà riparo
Potrammi far di se Morte gran dono
Tu sai che di quel furto non si tiene
Ragione in corte del nostro signore
Che per lor ratto in signoraggio viene
Adunque, Amico, per altro valore
Che di pietà, scampar non mi conviene
Da che io non posso mai trovare il core .

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Vol. II.

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Gg

CXXIII.

A DANTE •

Dante, quando per caso s' abbandona Il disio amoroso della speme,

Che nascer fanno gli occhi del bel seme,
Di quel piacer, che dentro si ragiona,
I'dico poi se morte gli perdona ;
Se poi ella tien più delle duo streme ?
L'alma gentil, la qual morir non teme,
Se tramutar si può 'n altra persona ?

E ciò mi fa quella, che è maestra
Di tutte cose, e per quel ch' io senť' anco
L'entrata lascio per la ria finestra;

Per lei che 'l mio creder non è manco Che prima stato sia o dentro o estra Rotto mi sono ogni mie ossa e fianco.

CXXIV.

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Fa' della mente tua specchio sovente Se vuoi campar, guardando il dolce viso, Nel qual so, che v'è pinto il suo bel riso Che fa tornar giojoso il cor dolente Tu sentirai così di quella gente Allor, come non fusse mai diviso : Ma se lo imaginar sarà ben fiso La bella Donna ti parrà presente

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Da poi che tu starai si dolcemente Rimembrati di me che non ti celo In quale parte è ora il tesor mio.

E priego, che mi scrivi tostamente Quel, che Amor ti dirà, quando il disio Degli occhi miei vedrai sotto ad un velo.

CXXV.

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Per una merla che d'intorno al volto Sovravolando sicura mi venne,

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Sento ch' Amore è tutto in me raecolto
Lo qual uscio dalle sue nere penne,

Ch' a me medesmo m' ha furato e tolto
Nè d' altro poscia mai non mi sovvenne
E non mi val tra spine esser involto
Più che colui, che simile sostenne.

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I' non so come ad esser mi ritorni Che questa merla m' ha sì fatto suo, Che sol voler mia libertà non oso Amico, or metti qui 'l consiglio tuo; Che s' egli avvien pur, ch' io così soggiorni, Almen non viva tanto doloroso

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CXXVI.

Novelle non di veritate ignude
Quant' esser può lontane sien da gioco
Disio saver sì ch' io non trovo loco
Della bellà che per dolor si chiude .
A ciò ti prego, metti ogni virtute,
Pensando ch' entrerei per te 'n un fuoco;
Ma svariato t' ha forse non poco

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La nuova usanza delle genti crude ;

Sicchè (ahi me lasso) il tuo pensier non volte. Però m' oblii; che memoria non perde, Se non quel che non guarda spesse volte : Ma se del tutto ancor non si disperde Mandami a dir mercè a chi amò molte Come si dee mutar lo scuro in verde.

CXXVII.

Amico se egualmente mi ricange Niente già di me sarai allegro

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Ch' io moro per la oscura che pur piange ▾
La qual velata è 'n un ammanto negro .
Vien nella mente, e lacrimando tange
Lo cor, ch'è suo servente tutto integro
Allor del suo dolor l'aggreva e frange
Amor, che in lei servir non trova pegro
Qui non vegg' io (dolente) che mi vaglia
Chiamar pietade che la sua mercede
Non ait' uomo che così travaglia .

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Onde s' altrista l'anima che vede

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La Donna sua, che non par, che le caglia Se non di morte, e in altra non ha fede.

CXXVIII.

Graziosa Giovana onora e eleggi
Qual vuoi di quelle, che tu vedi; Amore
E solo; intanto per lo tuo onore
Lo mio sonetto in sua presenza leggi

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E se poi te ne cal sì, che gli chieggi
Mercè della mia vita, che si muore
Prego, che provi tanto il tuo valore
Ch' ogni virtute quasi ten' inveggi,

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Che nessuna per me stata è possente Verso questo Signor, che m' ha tenuto Sotto spera di morte lungamente;

Ed or vuol metter sopra il cor feruto Lo spirito che l'anima dolente

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Caccia via ratto, che v'è su venuto

..

CXXIX.

Picciol dagli atti, rispondi al Picciólo Equivocato se l' intendi punto ;

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E certo si è ch' io non fui mai giunto
Da così fatti, di tal guisa volo.
Subitamente ti levasti solo
Senz' essere da me chiamato

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o punto; E del tacer perdesti entro a quel punto, Ogn' uom lo dice il pregio che n' aviolo. Sì grande è la vittoria come è 'l vinto : Se tu se cinto, meglio è ch' io non apra, Che mio onor non potrebbe esser, respinto Di vincer te che da follia se' spinto In laberinto mordería la capra

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S' avesse denti; però non sie infinto.

CXXX.

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Chi ha un buon amico e nol tien caro Molto leggiero è 'l suo conoscimento E qual di aver al male alleggiamento, Fa gran vendetta, non legge ben chiaro Però si guardi chi non ha riparo Contra a chi gli favella a piacimento : Io gli faccio saper, che pentimento Non fu già mai che non paresse amaro Prim' hanno gli Spagnuol perduto il sole Ah' a noi s' avvenga di lodar il sole Ccciocchè siamo incerti del sudaro: Che tal si gabba dell' altrui somaro Che può venir a tempo, che sia scuro: Qual va, di non cader non è sicuro.

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