CXXXI. Mercè di quel Signor, che è dentro a meve, Nessun non dotto è che favelli in rima E che ciò possa dir, mio core estima; Pol, quando il sente uomo intender deve, che sua virtù riceve per CXXXII. nto, Si doloroso, non potria dir quanto, Ho pena, e schianto , in,oscia e tormento El martorio, ch' io sofferisco è tanto " Che mai non canto ed altra gio' non sento E ciascun giorno rinnovello il pianto, E sono affranto d' ogni allegramento: Di grave pena addosso porto manto Ben saria santo se stessi contento; Ch' io non talento mai altro che morte, Perchè tant'è la mia vita si dura In tal rancura l' Amor'mi sostiene ; Per che m' avvene così crudel sorte " Che trova forte in me la mia natura Che m' assicura la morte non viene . CXXXIII. Li vostr occhi gentili, e pien d' Amore, Di vor Donna, piacente oltre al pensare: Gli atti, e i sembianti, e la vista che appare, E ciò ch' io veggio in voi, parmi bellore Come potéo d' umana natura Nascer nel mondo figura sì bella Com' sete voi? Maravigliar mi fate. Questa non è umuna creatura; Dio la mandò dal Ciel, tanto è novella. CXXXIV. Vinta e lassa era già l' anima mia Per lo fiso membrar, che fatto avia, Poi ch' ebber pianto gli occhi miei assai In una nuova vision entrai Ch Amor visibil veder mi paría, Che mi prendeva, e mi menava in loco, Dal qual parea, che uscisse una parola CXXXV. A M. ONESTO BOLOGNESE . lo son colui che spesso m' inginocchio Pregando Amor, che d' ogni mal mi tragga : Ei mi risponde come quel da Barga, E voi, Messer lo mi gittate in occhio ; E veggiovi veder come il monocchio Che gli altri del maggior difetto varga : In figura vi parlo E non crediate che 'l tambur mi storda Che so veder ciò che gli amici scorda: Chi mostra il vero intento è sol amante. CXXXVI. Fior di virtù si è gentil coraggio; E frutto di virtù si è onore E vaso di virtù si è valore " E nome di virtù si è uom saggio Lo specchio di virtù non vede oltraggio; E viso di virtù chiaro colore; È Amore di virtù buon servidore; È dono di virtù gentil lignaggio E poter di virtù è sofferenza : CXXXVII. A vano sguardo ed a faisi sembianti Celo colei, che nella mente ho pinta, E covro lo desio di tale infinta Ch' altri non sa di qual Donna io mi canti . Ond' io so ben che 'l mio viver fia poco, Ma più che 'l viver m' è lo morir caro . CXXXVIII. Voi, che per somiglianza amate i cani Tanto che altrui non ne fareste un dono Cari amici miei, io vi perdono Se un non vi potei trar dalle mani . E non è maraviglia se fur vani I prieghi miei, che sventurati sono, Ch' io non seppi mai far viso sì bono Che quel ch' io voglio, più non si allontani . Forse mi fece mia chiesta fallare Vostro difetto, over la mia sciagura, Che più mi piacería per voi scusare. Sempre mi possa mia Donna star scura Che maggior sacramento non so fare Se cotal fallo non mi va ad usura . Vol. II. нь CXXXIX. Uomo smarrito che pensoso vai, E' non pare, Di ben alcun che il core in vita sente che tu fai. Se tu non ti conforti, tu cadrai CXL. Se questa gentil Donna vi saluta Ma non per tanto vuol veder altrui ; Allor trarrete dal mio corpo il core, E leggerete ciò, che mi fa dire Che dentro agli occhi suoi non riguardate . Che voi vi troverete scritto Amore Col nome che chiamò quando a ferire |