CXLI. Desio pur di vederla e s' io m' appresso E'l bel color de' biondi capei crespi; e s' io vi caggio Allo splendor di sua nova beltate Forse che mi aiterà levar pietate Che in segno di mercede e d'umiltate CXLII. Se non si move d' ogni parte Amore Si dall' amato come dall' amante Non può molto durar lo suo valore Che 'l mezzo Amor non è fermo, nè stante E di partir si sforzi ogni amatore, Sed ei non trova paro, o simigliante Ma se'l si sente amato di bon core L' Amor sta fermo, oppur assale avante Però che mor è radice di luce Che nutrisce lo corpo alluminato Di fuora il mostra e dentro lo riduce . Così l' Amor se è dall' amante amato CXLIII. . Chi a' falsi sembianti il core arrisca, Credendo esser amato e s' innamora Tanto diletto non sente in quell' ora Che appresso di penar più non languisca Quando per lume di vista clarisca Che non è dentro quel, che par di fuora E se di ciò seguir più si rancora, che finalmente ne perisca. Onde non chiamo già Donna ma Morte Quella che altrui per servitor accoglie E poi gabbando e sdegnando l'uccide; A poco a poco la vita gli toglie E quanto più tormenta, più ne ride Caduta veggio io lei in simil sorte. Convien, CXLIV. Treccie conformi al più raro metallo Corpo non già da tutti ben' inteso CXLV. A PIPPO DA FIRENZE. Pippo, se fossi buon mastro in gramatica, Com' io son del danzare insino a Udine Non avria pari a te in beatitudine; Ch empier potresti tua voglia a boccatica Di trassinar m' ingabbi cosce e natica· A' giovanetti con tua improntitudine, Non come artieri in somma capitudine, Che barba già non curi nè volatica, Ringrazia lui, che fu rotto a Melloria, Di quel che volestù in Pistoja prendere Col tuo fantin, s' io ben noto la storia. Ma le minacce tue non sepper prendere Li scorsi lacci si ch' avesser gloria Di lui che a te già non si volle arrendere MADRIGALI. I. Amor, la doglia mia non ha conforto, Perchè è fuor di misura; Così la mia ventura Quando m' innamorò m' avesse morto. S' ella m' avesse, quando io dico Grave più che si porti il corso umano ; In verità mi sarà 'l dispartire Che s' io potessi propriamente dire, Sotto tua legge. Amore Che non pigliasse martiro e sconforto. ucciso, II. Poichè saziar non posso gli occhi miei Di guardar di Madonna il suo bel viso Marerol tanto fiso, Ch' io diverrò felice lei guardando. A guisa d' Angel, che di sua natura Sopra umana fattura, Divien beato sol vedendo Dio ; Così essendo umana creatura Di questa Donna, che tiene il cor mio ; Tant' è la sua virtù che spande e porge III. Io guardo per li prati ogni fior bianco Per rimembranza di quel, che mi face Sì vago di sospir, ch' io ne chiegg' anco; E mi rimembra della Bianca Parte Che fa col verdebrun la bella taglia, La qual vestio Amore Nel tempo, che guardando Vener Marte, Con quella sua saetta che più taglia, Mi diè per mezzo il core E quando l'aura muove il bianco fiore, Rimembro de' begli occhi il dolce bianco Per cui lo mio desir mai non fu stanco. IV. Io mi son dato tutto a tragger oro Pensandone arricchire E credone ammassar più che 'l re Poro E penso tanto a questo mio lavoro Però che non è mai maggior tesoro Che quel, che lo cor tragge fuor di pena Però contento son pure ad amare Voi, gentil Donna da cui mi convene V. Guardate Amanti io mi rivolgo a vui Intendere non può qual stato è 'l mio ; Tra gl infelici amanti il più infelice, E sol mi mostra tanto il suo bel viso, Ch' io veggia, che 'l mio duol le muova risò . |