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Ed io , per quel ch' isento
Non deggio mai se non viver dolente.
Non mi fora pesanza

Lo viver tanto, se gaja ed allegra
Vedess' io questa gente d' un cor piano;
Ma ella è Bianca e Negra,

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pesanza,

E di tal condizion ch' ogni strano,
Che del suo stato intende n' ha
"
E chi l'ama non sente riposanza,
Tanto n'ha coral duolo .

Dunque ch' io son quel solo

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Che l amo più languisco maggiormente ?
Cotal gente già mai non fu veduta
Lasso simile a questa,

Chè crudel di se stessa e dispietata,
Ch' in nulla guisa resta.

Gravar sua vita come disperata,
E non si cura d' altra cosa or mai :
Però quanto di lei pietosa i lai

Movo col mio Signore

Tanto par lo dolore

Per abundanza, che 'l mio cor ne sente.

Altro già, che tu Morte

Non credo, che mi giovi

Mercè dunque ti movi:

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a me parvente,

Deh! vieni a me, che mi se sì piacente.

XIII.

Mille volte ne chiamo el di mercede Dolce mia Donna, che dovunque sia La mente mia desiosa vi vede

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Ed il mio cor da ciò non si desvia
Ch'è sì pien tutto d' amor e di fede
Vol. II.

M m

Per voi, ch' ogn' altra novitate oblia.
In vostra signoria sì son distretto,

Che morte e vita aspetto

Di me, qual più vi piace

Pur ch abbia in sul finir la vostra pace :
E certo sì verace Amor mi stringe,

Che già 'l cuor non s' infinge

D' amare ad un rispetto,

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Ma tanto ho più d' angoscia e men diletto.
Ahimè! spesso m' assale Amor pungendo
In ogni parte il cor
sì che gridare
Mi fa mercè mercè, forte piangendo,
E poi ch' ho pianto, comincio a cantare,
Sempre grata mercede a voi chiedendo
Che di bellezza al mondo non ha pare,
E tal vita d' amare ognora porto,
Che di voi mi conforto

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Membrando quand' io canto

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E sovviemmi di me quand' io fo pianto;
Ch' io riconosco tanto il mio destino

Che potría Amor fino

Far ch' io venissi in porto

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Del mio voler, così n'è 'l tempo corto.
Si m' è crudel nemica la sventura,
Ch' ogni ragione, ogni ben mi contende
E strugge quello, in che pong' ogni cura,
Perchè pietate da mercè discende

E mercè da pietà, ch' altronde indura
Il core quanto più gentil vol prende:
E se 'l vostro non m' imparte a bastanza
D'una greve possanza,

Non è se non ria sorte

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Che m' è invidiosa e più crudel, che morte. Dunque perchè sì forte, e spesso grido

Amor? Però ch' io sfido
Con la vostra possanza

Vincer, se si mantenga, quest' usanza.
Vola Canzone mia "
non far soggiorno :
Passa 'l Bisenzio e l' Agna,
Riposandoti appunto iu sulla Brana
Dove Marte di sangue il terren bagna,
E cerca di Selvaggia ogni contorno;
Poi di senza magagna,

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Mio Signor, farà presto a voi ritorno

XIV.

A MESSER GUIDO NOVELLO IN LODE D'ENRICO VII.

L'alta virtù che si ritrasse al cielo Poi che perdè Saturno il suo bel regno, E venne sotto Giove

Era tornata nell' aureato velo

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Quà giuso in terra, ed in quell'atto degno
Che 'l suo effetto muove,

Ma perchè le sue 'nsegne furon nuove

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Per lungo abuso, e per contrario usaggio,
Il mondo reo non sofferse la vista
Onde la terra trista
Rimasa s'è nell' usurpato oltraggio,
E'l ciel s'è reintegrato, come saggio

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Ben de la trista crescere il suo duolo Quant' ha cresciuto il disdegno e 'l ardire La dispietata Morte;

E però tardi si vendica 'l suolo

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Di Linceo che si schifa di venire
Dentro dalle sue porte,

Ma contr' a' buoni è sì ardita

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e forte,

Che non ridotto di bontà, nè schiera
Nè valor val contr a sua dura forza ;
Ma come vuole , e a forza,

Ne mena 'l mondo sotto sua bandiera

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Ne altro fugge da lei che laude vera.

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L'ardita Morte non conobbe Nino Non teméo d' Alessandro nè ď Julio Nè del buon Carlo antico

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E mostrandone Cesur, e Turquino
Di quei piuttosto accresce il suo peculio

Ch' è di virtute amico;

Si come ha fatto del novello Enrico
Di cui tremava ogni sfrenata cosa
Sì che l' esule ben saria redito "
Ch' è da virtù smarrito,

Se morte non gli fosse sta' nojosa ;

Ma suso in ciel lo abbraccia la sua sposa .
Ciò che si vede pinto di valore

Ciò che si legge di virtute scritto
Ciò che di laude suona,

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Tutto si ritrovava in quel Signore
Enrico, senza par, Česare invitto
Sol degno di corona;

E' fu forma del Ben, che si ragiona
Il qual gastiga gi elementi, e regge
Il mondo ingrato d' ogni providenza,
Perchè si volta, senza

Rigor, che renda il timor alla legge
Contro la fiamma delle ardenti invegge
Veggiam, che Morte uccide ogni vivente,
Che tenga di quell' organo la vila,
Che porta ogni animale;

Ma pregio

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che dà virtù solamente

Non può di morte ricever ferita,

Perch' è cosa eternale

e sale

La qual per mente umica vola
Sempre nel loco del saggio intelleito,
Che sente l'aere ove sonando applaude

Lo spirito di laude,

Che pive Amor d' ordinato diletto
Da cui il gentil animo è distretto

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Dunque al fin pregio che virtude spande,

E che diventa spirito nell' a're,

Che sempre piove Amore

Solo ivi intender de' l'animo grande,
Vanto più con magnific' operare

Quant' è in stalo maggiore

Nè uomo gentil, nè Re, nè Imperadore,
Se non risponde a sua grandezza l'opra,
Come facea nel magnifico Prince

La cui virtute vince

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Nel cor gentil, sì che vista di sopra,
Con tutto che per parte non si scuopra
Messer Guido Novello, io son ben certo
Che 'l vostro Idolo Amor Idol beato
Non vi rimuove dall' amore sperio
Perch è infinito merto,

.

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E però mando a voi ciò che ho trovato
Di Cesare ch' al cielo è 'ncoronato

XV.

PER LA MORTE DI DANTE ALIGHIERI.

Su per la costa,

Amor, dell' alto monte,

Dreto allo stil del nostro ragionare,

Or chi potria montare

Poi che son rotte l'ale d ogni 'ngegno ?

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