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Ciò addivien non per

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d' Amor natura.

Lasso! chi ho provato la soffrenza; Chi ma' saprebbe dare altro consiglio ? Veracemente l'Amore assimiglio

A quel, che genti inganna per negghienza Discreder non poss' io quel, ch' io sento; Oh lasso a che rimedio più m' appiglio ? Ch' io son come la nave ch' è in periglio, A cui da tutte parti nuoce 'l vento. Maravigliate forse come attento

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Biasmare Amor cui già post aggio laude?
Testè conosco ma tardi, sua fraude

Che far non posso da lui partimento.
Pensate ora fra voi ciò, ch' io vi dico
D' Amore il qual mi tien di gio' mendico.

XX.

La vostra disdegnosa gentilezza,
Che pone in se ogni nobil calere
Non mi può far dolere

Madonna, avvegnachè contro mi sia;
Però che a me non pote esser gravezza
Quel, che si muove dal vostro volere;
Anzi m' è dispiacere

Si come 'l fa, più che la vita mia.

Or, Donna, se alla vostra signoría Piace avere in disdegno il mio servire Saver dovete che lo mio desire

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Non in ver debbe disdegnar a vui.

Ma, s' io potessi, ben vi pregheria Che 'l mio desir volgeste ad altra cosa, Madonna, sol però che faticosa

M'è troppo questa, a far credere altrui

Non ci vale argomento al tuo valore
Tutt' or ti piace eleggere il migliore
Lo più degno d' onore :

Morie

sempre ว

dai miseri chiamata

E dai ricchi schivata come vile "
Troppo sei in tua potenza signorile,
Non previdenza umile

Quando ci togli un uom fresco e giulivo;
Ahi ultimo accidente distruttivo !

Ahi Morte oscura di laida sembianza

Ahi di nave pesanza,

Che ciò che vita congiunge e nutrica
Nulla ti par fatica a sceverare ;
Perchè radice d' ogni sconsolanza
Prendi tanta baldanza ?

Dogni uom sei fatta pessima nemica
Doglia nova ed antica fai gridare,
Pianto e dolor tutt' or fai ingenerare;
Ond' io ti vo' biasmare

Che quando l' uom prende diletto e posa
Da sua novella sposa in questo mondo
Breve tempo lo fa viver giocondo ;
Che tu lo tiri a fondo ;

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Poi non ne mostri ragion ma usaggio,
Onde riman doglioso vedovaggio .

Ahi Morte partimento d'amistate
Ahi senza pietate

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Di ben mairigna ed albergo di male;
Già non ti cale a cui spegni la vita
Perchè tu fonte d'ogni crudeltate
Madre di vanitate >

Sei fatta arciera ed in noi fai segnale `;
Di colpo omicidial sei sì fornita.
Ahi come tua possanza fie finita
Vol. II.

PP

397

Trovando poca vita

Quando fie data la crudel sentenza
Di tua fallenza del segno superno,
Poichè fie tuo loco in fuoco sempiterno.
Li starai state e verno

Là dove hai messi Papi e Imperadori
Re e Prelati ed altri gran Signori

O Morte fiume di lagrime e pianto,
Inimica di canto

Desidro che visibile ci vegni
Perchè sostegni sì crudel martire
Perchè di tant' arbitro hai preso manto
E contra tutti il vanto

Ben par nel tuo pensier, che sempre regni
Poi ci disdegni in lo mortal partire,
Tu non ti puoi, maligna, quà coprire
Nè da cagion disdire

Che non trovassi più di te possente,
Ciò fu Cristo possente alla sua morte
Che prese Adamo , e dispezzò le porte,
Incalzando te, forte;

Allora ti spoglio della vertute

E dall' Inferno tolse ogni salute.

Ahi Morte nata di mercè contrara,
Ahi passione amara,

Sottil te credo poner mia questione
Contra falsa ragion della tua opra,
Perchè tu nel mondo fatta vicara
Se vien senza ripara

Nel di giudizio avrai quel guiderdone,
Che la stagione converrà, ch' io scopra
Ahi come avrai in te la legge propra,
Ben sai, che Morte adopra

Simil di ricever per giustizia,

Poi tua malizia sarà raffrenata,
O da terribil morte giudicata
Come sei costumata

In farla sostener ai corpi umani
Per mia vendetta vi porrò le mani.

Ahi Morte, s' io t' avessi fatta offesa,
O nel mio dir ripresa

Non mi t'inchino ai piè mercè chiamando ;
Che disdegnando io non chero perdono ;
Io so
che non avrò ver te difesa,

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Però non fo contesa,

Ma la lingua non tace mal parlando
Di te in reprovando cotal dono .
Morte,

tu vedi quale e quanto sono, Che con teco ragiono ;

Ma tu mi fai più muta parlatura
Che non fa la pintura alle parete,
E come di distruggerti ho gran sete,
Che già veggio la rete,

Che tu acconci per voler coprire

Cui troverai a vegliar o dormire

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Canzon andra'ne a quei che son in vita

Di gentil core e di gran nobiltate :
Di', che mantengan lor prosperitate,
E sempre si rimembrin della Morte
In contrastarle forte,

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E di che se visibil la vedranno

Che faccian la vendetta ch' ei dovranno.

XXVI.

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Amor il veggo ben che tua virtute Che m' innamora così coralmente

299

Non è tanto possente,

Che faccia questa Donna esser pietosa,
Che sol per racquistare mia salute
Dagli occhi suoi importo nella mente
Quel disio, che sovente

Mi fa d' Amore l'anima pensosa,

E questa disdegnosa

Che porta quel negli occhi

ond' to son vago

Già non mi mira sì ch' io possi dire

Che per lo mio desire

Ella li muova dove i raggi suoi

Vegnian per pace de' martiri tuoi .

Questo non è ch' ella non vuol sentire
Della tua gran possanza ov io mi trovo
Nella vita, ch' io provo

Per te crudele e per lei poca e vile
Ches' la volessi mia ragion seguire
Ad atar così ben com' io la movo
Le lagrime, ch' io piovo

Ti faranno esser cortesa ed umile
Poi non se' sì gentile

Udendo ben com' io l'ho per mia Donna:
Che tu dicessi della sua ferezza,

Esell' è in tanta altezza,

Ch' ella non vuol di me la signoria,
E tu non dei voler la morte mia.

Che allor che tu venisti nella mente
Per quella signoria, che tu le hai data
Tu la m' avei lodata

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Si ch' io per te la chiesi Donna pui ;
Or ch' io veggo le mie virtudi spente,
E questa Donna ver me sì adirata
Ed è si disdegnata

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Ch' io non veggo pietà negli occhi sui;
Tu se' come colui

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