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S egli ha tormento tosto n'è contento
Vedendo i mie' cotanto duri e pessimi .
Ed io m' appago se Dio adempiessimi
La speranza, la quale io meco ho sempro
In che speri? Porriemi esser richiesto
S'io nol solvessi, io saria da riprendere
Dironne alquanto sol per non contendere
Ma ciò ch' io celo dentro a me riserbo .
D' Amor servire ; e qui fo punto e resto.
Per questo membro potete comprendere
In ciò ch' io spero se mi vale attendere.
Tempo, che passa,
ben matura acerbo .
Onde per Dio
Amor, provvedimento
Ti piaccia aver di me senza disdegno
Che a dritta sorte son di morte degno
Non giudicar secondo il fallimento;
E per pietà ti chero questo dono :
Non fosse colpa non saria perdono
Poi del partir ho tanto mal sofferto
Se alla mia Donna ritorno per certo
Giammai da lei non farò partimento .

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A che diritto Amor son vostro servo Dirò in parvenza, perchè addobbi e cresca A ciascun che d'amar ha voglia fresca : Fermo coraggio, e soffrir non spaventi, Galee armate vedere in conservo

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Donne e donzelle in danza gire a tresca
L'aria pulita quando si rinfresca
Veder fioccar la neve senza venti
E cavaglieri armati torneare

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Caccie di bestie e falcon per riviera
Le pratora fiorir di primavera
Canti d' augelli e stormento sonare,
E tutto questo sentire e vedere

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Niente è ver mia Donna al mio parere,
A cui tornar sempre il volere afferro
Più che s' io fossi per natura ferro,
Ed ella calamita per tirare

Muovi mio dire di lontana parte,
E senz' arresto Madonna ritrova .

Dille che faccia di fe' dritta prova;
Es' io fallito avessi in nulla parte,
Che ti corregga secondo che i sembra.
Che Amor la signoreggia ciò mi membra,
Però la sua sentenza fia perfetta.
Celi lo nome mio e sottometta ;
Di questo prega molto da mia parte .

FREDI DA LUCCA .

Dogliosamente con grande allegranza

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Convien ch' io canti e mostri mia gravezza;
Che per servire sono in disperanza,
La mia fede m' ha tolta l'allegrezza
Però di tanto non posso partire
Poi ch alla morte mi vado appressando ;
Si come 'l Cecer che more cantando
La mia vita si parte e vo morire.

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Partomi da solazzo e d'ogne gioco, E ciascun altro faccia a mia parvenza; Che dentro l'acqua m' ha bruciato il foco, Mia sicurtate m'ha dato spavenza

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Fui miso in gioco e frastenuto in pianto. Si falsamente mi sguardao suo sguardo Si come allo Leone lo Liopardo Ch a tradimento li levao l'amanto.

Per tradimento sono dismarruto
Di qual null' uomo potesi guardare,
E son si preso e si forte feruto,
Ch' aggio dottanza di poter campare

Poi che le piacque a quella, ch' ha 'n podere La rota di fortuna permutare :

Però le piaccia di me rallegrare';

Cui ha saglito faccialo cadere

Faccia 'n tal guisa, che naturalmente
Vadan le doglie, che ho non per rasone,
Che non è gioco d' essere servente
A chi è meno di sua condizione .
E rason porta di punir li mali;
Però si guardi chi mi tiene a dura;
Che la pantera ha in se ben tal natura,
Ch' alla sua lena traggon gli animali .

S' io traggo a voi non vo' più star tardando;
Ch' io non saccia in che guisa mi trovo.
e struggo pur pensando,
Che son caduto e onde io non mi trovo.

Ardo consumo "

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Però ciascun faccia di se mutanza,

E aggia in se fermezza e novo core :
Lo Fenis arde e rinova megliore ;
Non dotti l'uom penar per meglioranza.

ca.

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Guido, quel Gianni, ch' a te fu l' altrieri

Salute quanto piace alle tue risa,
Da parie della giovane di Pisa,
Che fer d'amor me' che tu di trafieri.
Ella mi domandò come tu eri

Acconcio di servir,

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chi l'hae uccisa ;
Se ella con lui a te venisse in guisa
Che nol sapesse altri, ch' egli, e Gualtieri ;
Si che i suo' parenti da far mucco
Non potesser già mai lor più far danno
Che dir men da te dalla lunge iscacco

Io le risposi, che tu senza inganno,
Portavi pien di ta' saette un sacco
Che gli trarresti di briga e d affanno

CANZONE.

I.

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Della mia Donna vo' cantar con voi, Madonne da Vinegia,

Però ch' ella vi fregia

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D' ogni adornezza che risplende in voi.
La prima volta ched io la guardai
Volsimi gli occhi sui

Si pien d' amor,

che mi

preser L' anima sbigottita, si che mai Non ragionò d'altrui,

nel core

Come legger si può nel mio colore.

Oh lasso! quanto è suto il mio dolore
Poscia pien di sospiri

Per li dolci disiri

Che nel volger degli occhi voi tenete

Di costei si può dir, benchè sia lume
D' Amor, tanto risplende

La sua bellezza adentro d' ogni parte,
Che la Danubia ch' è così gran fiume,
E'l monie che si fende

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Passai e in me non ei tanta parte,
Ch' io mi potessi difender, che Marte
Con gli altri sei del cielo

Sotto lo costei velo

Non mi tornasser come voi vedete "

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Deh! increscavi di me Donne , per Dio,

Ch' io non so che mi fare,

Si sono or combattuto fermamente;

Ch' Amor la sua mercè mi dice ch' io

Non la tema mostrare

Quella ferita, dond' io vo dolente

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Io l'ho scontrata e pur di porl' a mente

Son venuto sì meno

E di sospir sì pieno,

Ch' io caggio morto, e voi non m' accorrete.

II.

Donna la Donna mia ha d' un disdegno Si ferito il mio core,

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Che se voi non l' atate e' se ne muore .
Ella l'ha disdegnato così forte,

Perch' io guardai negli occhi di costei
Che ha ferito un mio compagno a morte ;

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