Per fin che piena dura aspera passa. Sta cieco sordo Ciò ch' odi e vedi muto; e sì non meno taci e nota appieno Finchè fortuna te leva da basso. Poi taglia stronca mozza, rompi, II. e batti Prima che io voglia romperme o spezzarme, Quando piena vien le spalle chino E per lassarla andare al suo cammino Speranza mi conforta, e dice tienti Io veggio 'l salce che per forza piega, Poi se derizza, e l'altrui legni lega. NOTIZIE ISTORICHE D' ALCUNI POETI, CHE FIORIRONO VERSO IL MCCLXX. orese de' Donati Fiorentino incominciò a rimare vivendo Fra Guittone, e arrivò fino ai tempi di Dante, cioè circa il 1270, e giunse fin presso al 1500. Egli è assai inferiore alli buoni poeti della sua età e fu poco costante anche nella consueta forma de' componimenti, affermando il Redi aver veduti suoi sonetti di soli tredici versi. Ne' manuscritti Chigiani al cod. 580. trovansi varj sonetti di questo poeta scritti contra Dante, e nelia Biblioteca Strozzi se ne conservano altri. Dalli Commentarj del Crescimbeni è cavato il sonetto, che in questa Raccolta si pubblica. L е apo, cioè Jacopo, detto anche Lupo degli Uberti Fiorentino, fu figliuolo del famoso Farinata in quei tempi fu poeta molto stimato ; dicendo it Bembo, ch' egli senza fallo alcuno fu assai dolce dicitore in rima. Fazio, o sia Bonifazio degli Uberti, il quale scrisse il Dittamondo, fu suo figliuolo. Fiori circa il 1270, e prima e dopo, e per avventura passò oltre il 1300. Dante fa onorata menzione di lui e chiamalo Lapo Fiorentino. Un testo a penna di alcune sue rime si trova nella Chigiana al num. 574, e nella Strozziana in Firenze se ne conservano parimenti delle altre. L'editore Fiorentino ci dà le poesie, che in questa Raccolta si inseriscono. Vol. II. Y y FORESE DE' DONATI. Va, rivesti San Gal prima che dichi Parole ; o motti d'altrui povertate, C'è Diotisalvi, la Tana, e 'l Francesco, LAPO, O LUPO DEGLI UBERTI. SONETTO DOPPIO . Gentil mia Donna, la virtù d' Amore In cor uman, se lo trova gentile, E sentimento dà chiaro e sottile ; Mercè di voi m' ha fatto tanto onore Che m' insegna e difende, Ch' io non aggia in caler mai cosa vile |