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XLIX.

A M. CINO DA PISTÓJA

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lo mi credea del tutto esser parlito
Da queste vostre rime Messer Cino
Che si conviene omai altro cammino
Alla mia nave più lunge dal lito;

Ma perch' io ho di voi più volte odito
Che pigliar vi lasciate ad ogni uncino ;
Piacciavi di prestare un pocolino
A questa penna lo stancato dito

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Chi s' innamora siccome voi fate, Ed ad ogni piacer si lega e scioglie, Mostra, ch' Amor leggermente il saetti : Se 'l vostro cuor si piega in tante voglie Per Dio vi priego, che voi 'l correggiate; Sicchè s' accordi i fatti a' dolci detti.

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Guido, vorrei, che tu, e Lappo Fossimo presi per incantamento

ed io

E messi ad un vassel, ch' ad ogni vento Per mare andasse a voler vostro

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e mio ;

Sicchè fortuna, od altro tempo rio Non ci potesse dare impedimento: Anzi vivendo sempre in noi talento Di stare insieme crescesse 'l disio . E Monna Vanna e Monna Bice poi, Con quella su il numer delle trenta, Con noi ponesse il buono incantatore : E quivi ragionar sempre d' Amore : E ciascuna di lor fosse contenta Siccome io credo che sariamo noi. Vol. II.

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E

LI.

A DANTE DA MAJANO .

Qual, che voi siate

amico vostro manto

Di scienza parmi tal che non è gioco ;
Sicchè per non saver d' ira mi coco

Non che laudarvi soddisfarvi tanto :

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Sacciate ben ch' io mi conosco alquanto, Che di saver ver voi ho men d' un moco; Nè per via saggia, come voi non voco; Cosi parete saggio in ciascun canto : Poi piacevi saver lo meo coraggio, Ed io ''l vi mostro di menzogna fore Siccome quei, ch' ha saggio el suo parlare.. Certanamente a mia coscienza pare,

,

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Chi non è amato selli è amadore,
Che 'n cor porti dolor senza paraggio

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LII.

AL MEDESIMO.

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Non canoscendo amico vostro nomo Donde che muova, chi con meco parla, Conosco ben, ch' è scienza di gran nomo : Sicchè di quanti saccio, nessun parla: Che si può ben canoscere d' un uomo Ragionando se a senno che ben parla Conven, poi voi laudar sarà for nomo E forte a lingua mia di ciò com' parla Amico certo sonne a ciò ch' amato Per amore aggio, saccio ben chi ama, Se no' è amato lo maggior duol porta: Che tal dolor tien sotto suo camato Tutti altri " e capo di ciascun si chiama ; Da ciò vien quanta pena Amore porta.

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ed arte.

Fortezza e umiltate e largo core,
Prodezza ed eccellenza, giunte e sparte;
Este grazie, e vertuti in ogni parte
Con lo piacer di lor vincono Amore;
Una più ch' altra bene ha più valore
Inverso lui ma ciascuna n' ha parte :
Onde se vuoli amico che ti vaglia
Vertute naturale, od accidente
Con lealtà in piacer d' Amor l'adovra ;
E non a contrastar sua graziosa ovra,
Che nulla cosa gli è incontro possente,
Volendo prendere uom con lui battaglia.

Com' so,

LIV.

AL MEDESIMO .

Savete giudicar vostra ragione
O uom, che pregio di saver portate;
Perchè vitando aver con voi quistione,
rispondo alle parole ornate.
Disio verace, vrado fin si pone,
Che mosse di valore o di beltate
E 'mmagina l'amica openione,
Significasse il don , che pria narrate.
Lo vestimento, aggiate vera spene,
Che fia da lei, cui disiate Amore;
E 'n ciò provvide vostro spirto bene
Dico pensando l' ovra sua d' allore,
La figura che già morta sorvene
È la fermezza
ch' averà nel core.

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LX.

A M. BOSONE RAFFAELLI DI AGOBIO .

Tu, che stampi lo colle ombroso, e fresco, Ch' è con lo fiume, che non è torrente; Linci molle lo chiama quella gente

In nome Italiano e non Tedesco :

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Ponti sera e mattin contento al desco Poichè del car figliuol vedi presente

Il frutto, che sperassi, e sì repente

S'avaccia nello stil Greco, e Francesco
Poichè cima d' ingegno no s'astalla
In quella Italia di dolor ostello
Di cui si speri già cotanto fruto:
Gavazzi pur il primo Raffaello

Che tra' dotti vedrallo esser veduto
Come sopr' acqua si sostien la galla...

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SONETTI DOPPJ.

I.

O voi, che per la via d' Amor passate Attendete, e guardate,

S' egli è dolore alcun , quanto 'l mio grave: E prego sol, ch' a udir mi soffriate;

E poi immaginate

S' io son d'ogni dolore ostello

Amor non già per mia

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Ma per sua nobiltate

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Mi puose in vita sì dolce

poca

e chiave.

bontate

e soave;

Ch' io mi sentia dir dietro spesse fiate:
Deh! per qual degnitate

Così leggiadro questi lo core ave?
Ora ho perduta tutta mia baldanza
Che si movea d' amoroso tesoro ;
Ond io pover dimoro

In guisa

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che di dir mi vien dottanza :

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Sicchè volendo far come coloro Che per vergogna celan lor mancanza Di fuor mostro allegranza,

E dentro dallo cor mi struggo, e ploro.

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Morte villana e di pietà nemica

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Di dolor madre antica,

Giudicio incontastabile gravoso;

Poi ch' hai dato matera al cor doglioso,

Ond' io vado pensoso;

Di te biasimar la lingua s' affatica:

E, se di grazia ti vo' far mendica

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