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Virtute in voi seguisce
Confortando ch' io serva.

BALLATA.

A GUIDO CAVALCANTI .

Se avessi detto, Amico di Maria
Grazia piena e pia,

Rosa vermiglia sei piantata in orto,
Avresti scritto dritta similia ;

E veritate e via

Del nostro fine fu magione e porto
E di nostra salute quella Dia
Che prese sua contia

E l'Angelo le porse il suo conforto.
E certo son chi in ver lei s'umilia,
E sua colpa grandia

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Che sano e salvo il fa, vivo di morto. Ah qual conforto ti darò che plori

Con Dio li tuoi fallori,

E non l' altrui ; le tue parti diclina,

E prendine dottrina

Dal Pubblican, che dolse i suoi dolori.

Li Fra Minori sanno la divina

Iscrittura Latina;

E della fede son difenditori

Li buon predicatori :

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Lor predicanza è nostra medicina .

Q

ONESTO DA BOLOGNA.

I.

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uella crudel stagion, ch' a giudicare Verià 'l nostro Signor tutto lo mondo E' non sarà null' uom che consolare Possa il suo core, quanto vuol, sia mondo Che 'l tremeranno la terra è lo mare Ed aprirassi il ciel per lo gran pondo E vorrà 'l giusto volentier campare, E dirà 'l peccator; dove mi ascondo? Ei non sarà nessun Angel divino Che non aggia paura di quell' ira Fuorchè la Vergin Donna nostra guida Or com' farò, che di peccar non fino? Egli è simil che sono presso a sira Se gli suoi giusti pregi non m' aida .

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II.

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Non so, s è mercè s'è mercè, che mò viene a meno, O è sventura o soperchianza d'arte Che per la Donna mia Luni, e Marte E ciascun dì con se ragiona appieno

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Più d' uom vivente crudel vita meno "
Nè mai mi disse, dalla morte guarte;
Mercè voi, che son già gli spirti sparte,
E che n' avete stanco un uom terreno

E se forza d' Amor con dritta prova
Mi concedesse d' umiltà vestita,
Ch' io la trovassi solo un'ora stando

Fora tanta giojosa la mia vita,
Che quale mi conosce, risguardando,
Vederia in me d' Amor figura nova.

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III.

La dispietata m' ha condotto al GioviDi della Cena, sì che morte attendo : Non dice del fallire i' me n' imprendo Anzi s allegra, che la morte approvi Amor, dunque , dunque, che fai, che non ti movi? che di neente li contendo

Ben sai

Che per bene ubbidir sempre l'offendo;
Fa, che pietosa oramai si ritrovi .

Per me nol dico che non mi varría
Ma per avanti trar la sua virtute,
Chi manca sol per quello ch' ha sofferto
Di me che sono a crudel vita offerto
Tanto ha sdegnato di darmi salute

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Quella, che più valer non mi porría .

Fol

IV.

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Quel, che per lo caval perdè la mescola Giammai non torna a ciò se non la trova : Cademi 'n mar ghirlanda; vo e pescola, senza rete, perdo affanno e prova. La mia persa studioso accrescola : Cade la brina non val, che su i piova: Per gran freddura l' augelletta adescola Talor la piglio, e non è cosa nova

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Grande savere senza esperienza,
E potete, Signor, non operando,
Far come quel, che al mur batte semente .
Di ciascheduna cosa la sentenza

Mi fa doler di te tanto ch' io spando
Spesso con gli occhi il dolor della mente.

√.

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Poi non mi punge più d' Amor l'ortica Che sembra dolce ogni tormento amaro Anzi ne son lontan più che dal caro Suo vil poder non prezzo una mollica. E quella sconoscente mia nemica D'ogni larghezza ha ben colmo lo staro A cui non piace lo fallir di raro ; Cotanto se e sua vita notrica .

E già nell' operar non s' affatica,
Cotanto párli dilettoso e caro

Ciò che la disonesta quella antica.
Amico, io taggio letto la rubrica ;
Provvedi al Negro, che ciascun tuo paro
A lei e ad Amor fatť ha la fica

VI.

Davanti voi, Madonna

son venuto

Per contare la mia grave doglienza,
E como mortalmente m' ha feruto
Di voi l'Amore per sua gran potenza;
Che 'l cor dal corpo si m' ha dipartuto
Sì che di morir aggio gran temenza,
Se non mi date vostro dolce ajuto
Campar non posso, nè aver sofferenza.

Dunqua per Dio non vi piaccia ch' io pera Ne sofferi pena tanto crudele

Che mi fa star a morte prossimano

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Però rapresento a voi, fresca cera

Non m' ancidiate poi son si fedele,

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Che 'l cor e 'l corpo metto in vostra mano.

Vol. II.

VII.

A fra GUITTON D' AREZZO.

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Vostro saggio parlar, ch'è manifesto
A ciaschedun che senno aver desia
E'l cortese ammonir del qual richiesto
Sono per rima di filosofia;

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M' ha fatto certo, se ben chiosa intesto
Caro mio Frate Guitton ch' io vorria
Mutuar ciò, ch ho della ragion in presto,
Ovver perseguitar sua dritta via

Di ch' io ringrazio voi ; ma ragionando
Dico ch' ho vista diventar beato
Uomo non giusto ciò considerando

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Spero trovar perdon del mio peccato,
Lo nome e 'l fatto sì ben accordando
Ch' io ne saraggio nella fin laudato..

VIII.

A M. CINO DA PISTOJA •

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Siete voi, Messer Cin se benv adocchio Sì che la verità par, che lo sparga,

Che stretta via a voi rassembra larga,
Spesso vi fate dimostrare ad occhio

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Tal frutto è buono, che di quello il nocchio A chi assapora, molto amaror larga: E ben lo manifesta vostra targa,

Che l'erba buona è tal, come il finocchio.

Più per figura non vi parlo avante

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Ma posso dire, ben me ne ricorda ?
Che a trarre un baldovin vuol lunga corda.

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